Imprese

Coronavirus - Fondi della politica di coesione dimenticati nel cassetto

di Giancarlo Terenzi

Sul balletto di questi giorni intorno ai fondi strutturali europei disponibili per l'emergenza Covid-19 un punto certo lo mette il ministero dell'economia-Igrue il 26 marzo scorso, pubblicando il monitoraggio al 31 dicembre 2019 sulle politiche di coesione, programmazione 2014-20.

I numeri
Dai dati emerge che gli impegni, a valere su Fesr e Fse, ammontano al 58,23% mentre i pagamenti sono al 30,72%. Ne deriva un'importante quota di risorse pari, rispettivamente, a 22,7 e a 37,6 miliardi di euro, potenzialmente disponibili. Se diamo uno sguardo, per quanto riguarda i Por, alla 3 macroregioni (meno sviluppate, in transizione, più sviluppate) il dato scende per le prime di più di 10 punti percentuali, in termini di impegni (47,43%) mentre per i pagamenti è al 26,81%. Per quelle in transizione siamo vicino alla media, rispettivamente, al 53,76% e al 28,68%. Decisamente, meglio il dato per le regioni più sviluppate, ma era un risultato atteso, rispettivamente, al 65,47% e 37,50%.
Sulla stessa linea i Pon con 65,95% e 31,51%. La percentuale dei pagamenti resta, sostanzialmente, la stessa (30,98%) se si confronta con il dato presente oggi su open data fondi Sie della dg Regio della Commissione europea. Infine, se prendiamo in considerazione gli ultimi dati presenti sul sito dell'Agenzia per la Coesione territoriale sulla spesa certificata al 29 febbraio 2020, relativi a Por e Pon, dove peraltro mancano le percentuali, constatiamo che non è possibile fare un raffronto con quelli dell'Igrue.

Risorse europee disponibili
Accanto a 1,752 miliardi di euro di fondi Fesr e Fse, di cui 800 milioni di prefinanziamenti non utilizzati per il 2019 restituiti da Bruxelles e 952 di prefinanziamento relativi al 2020, la Commissione europea ha proposto il 13 marzo 2019, attraverso una modifica ai regolamenti comunitari in essere, anche una riprogrammazione semplificata dei programmi fino al 4% dello stanziamento totale purché lo spostamento tra gli assi non superi l'8% della dotazione finanziaria del singolo asse e senza derogare al vincolo del 20% della concentrazione tematica sugli investimenti ambientali.
Ciò permetterà, pur in presenza di importanti paletti che forse potevano essere ancora di più limitati, di trasferire importanti risorse in favore dell'emergenza Covid-19 creando nuove azioni specifiche o meglio ancora uno specifico asse per dare così conto al contribuente sulla capacità del loro utilizzo veloce e appropriato. Certo si dovrà tener conto anche dell'avanzamento dei singoli programmi che in alcuni casi, Emilia-Romagna dove l'emergenza è più sentita, sconta risorse modeste rispetto a quelle delle regioni meno sviluppate e una capacità di spesa quasi già satura (impegni 99% e pagamenti 54%) con altre regioni, sempre della stessa macroregione, con impegni oltre il 70%. In conclusione, risorse abbondanti per le regioni non ancora in emergenza ma limitate per quelle nell'occhio del ciclone.

I fondi europei e il decreto di aprile
È di questi giorni la proposta di chiedere alle regioni di utilizzare circa il 20% della dotazione finanziaria dei programmi por 2014-20, stessa quota per quelli nazionali, per il prossimo decreto di aprile. Questo anche per superare il balletto delle cifre da utilizzare, che varia tra un minimo di 2,5 e un massimo di circa 11 miliardi di euro.
Le operazioni già selezionate giuridicamente vincolanti, che dovessero incorrere nella mannaia, saranno salvaguardate utilizzando le risorse del Fsc che, per preservare il principio dell'addizionalità, peraltro non sempre pedissequamente applicato in questi ultimi anni. Le regioni e le amministrazioni centrali saranno poi compensate della stessa quota di risorse utilizzate con la prossima programmazione 2021-27, attraverso uno stanziamento del Fsc sulla prossima legge di bilancio. Sperando che questa iniziativa non sia assorbente della riprogrammazione semplificata immaginata da Bruxelles.

Le risorse del Fsc
Tornando sempre ai dati dell'Igrue si scopre che stato di attuazione per i 47,9 miliardi del Fsc 2014-20 (Patti per lo sviluppo, piani operativi territoriali, piani stralcio, contratto istituzionale di sviluppo, piano stralcio difesa suolo aree metropolitane, decreto crescita art. 30, altri interventi Fsc) ha impegni pari al 12,52% e pagamenti pari al 3,13%!
Nulla è riportato, invece, per quanto riguarda l'utilizzo dei Fsc nei cicli 2000-06 e 2007-13 che l'allora ministro Lezzi nell'illustrare al Senato il 18 ottobre 2018 le linee programmatiche del suo ministero in commissione congiunta bilancio e politiche Ue quantificava in complessivi 29,6 miliardi. Inoltre, specificava che erano state destinati ai Poc nazionali e regionali 8,8 mld di euro, derivanti dalla riduzione del cofinanziamento nazionale per il periodo 2014-20 e ancora 8,9 milioni di euro per il Piano azione e coesione, derivanti questa volta dalla riduzione del cofinanziamento nazionale per il periodo 2007-13.
In conclusione si trattava di più di 95 miliardi di euro. Per dirimere la matassa l'articolo44 del decreto crescita (aprile 2019) aveva previsto la semplificazione e l'efficientamento dei processi di programmazione, vigilanza e attuazione degli interventi finanziati dal Fsc e l'Act avrebbe dovuto procedere a una riclassificazione degli strumenti «al fine di sottoporre all'approvazione del Cipe, su proposta del ministro per il Sud, autorità delegata per la coesione, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione, un unico Piano operativo denominato «Piano sviluppo e coesione», con modalità unitarie di gestione e monitoraggio».
Al momento di lasciare il dicastero Lezzi dichiarava «C'era ancora tanto da fare e credo che vadano riprogrammati i fondi per il Sud, serve una riorganizzazione del Fsc e un monitoraggio costante della spesa». Poiché non si era fatto nulla, con la legge di bilancio 2020 slittavano i termini e si stabiliva che entro il 30 marzo di questo anno si sarebbe dovuto presentare una relazione al Cipe sull'attuazione delle misure contenute nell'articolo 44 e entro il successivo 30 aprile un piano di sviluppo e coesione per ogni amministrazione titolare di risorse Fsc. La prova dell'inerzia è presente nel tanto sbandierato piano per il sud del 14 febbraio scorso dove è indicato un recupero della capacità di spesa sul Fsc pari a 6,5 miliardo di euro!

Amare conclusioni
Sarebbe stato necessario sottoporre strutture centrali e regionali a questo surprus di attività per trovare il giusto compromesso sul definanziamento del 20% dei programmi europei se solo si fosse data attuazione a quanto predisposto dall'articolo 44 del decreto Crescita? Certamente no e avremmo ora disponibili risorse importanti da dirottare subito sull'emergenza Covid-19 senza distruggere l'impalcato di tutti i programmi cofinanziati. Continuiamo a credere che tutto deve restare così perché altrimenti si perde una potenziale riserva di caccia, a disposizione della governance nazionale e regionale, ma a scapito del Mezzogiorno. Ma certamente un risultato anche questo anno lo raggiungeremo senza alcun rischio, centrare senza affanno l'obbiettivo dell'n+3!

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