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Relazione annuale del Garante: «Con l’emergenza deroghe alla privacy ma non per sempre»

Privacy e Covid: non poteva che essere questo il punto di partenza della relazione sull’attività annuale del Garante che il presidente Antonello Soro ha illustrato ieri al Parlamento. Perché l’emergenza sanitaria ha imposto una repentina riflessione sul bilanciamento tra diritto alla salute e alla tutela dei dati personali e sull’uso delle tecnologie. Queste ultime hanno evitato che il distanziamento fisico diventasse anche quarantena sociale, ma ha portato all’attenzione in modo ancora più forte problematiche come il rischio di invasività degli strumenti digitali. Lo smart working, la didattica online, i sistemi di contact tracing vanno governati, ha sottolineato Soro. «Le emergenze devono poter contemplare anche alcune significative deroghe ai diritti, purché non irreversibili e proporzionate». Non devono rappresentare un punto di non ritorno. Il rischio da esorcizzare « è quello scivolamento inconsapevole dal molto evocato modello coreano a quelleocinese, scambiando - ha affermato Soro - la rinuncia a ogni libertà per efficienza e la biosorveglianza totalitaria per soluzione salvifica».

Sempre in tema di tecnologie, Soro ha chiesto a Parlamento e Governo di investire in una’infrastruttura cloud pubblica, per ospitare in sicurezza i dati. Nel 2019 gli attacchi informatici sono cresciuti del 91,5% nell’online e nel cloud e gli atti di spionaggio e sabotaggio sono, in misura percentuale, triplicati. C’è poi il versante delle intercettazioni e dell’uso dei trojan, «che dovrebbe restare circoscritto». Infine, le tecnologie nella lotta all’evasione: la privacy non è un ostacolo, come spesso si vuole far credere.

Il Garante è in prorogatio da un anno: l’appello di Soro al Parlamento è di procedere quanto prima a nuove nomine.

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