Appalti

Affidamento in via d'urgenza, in caso di annullamento dell'aggiudicazione la Pa paga

Il Consiglio di Stato: se c'è responsabilità precontrattuale con un comportamento negligente, l'Ente deve risarcire (parzialmente) il danno

di Roberto Mangani

Nel caso in cui l'ente appaltante proceda alla consegna anticipata dei lavori in via d'urgenza - cioè prima della stipula del relativo contratto di appalto - e successivamente l'aggiudicazione venga annullata in sede giurisdizionale, è configurabile una responsabilità precontrattuale in capo al medesimo ente appaltante. Tale responsabilità precontrattuale sussiste se vi è stato un comportamento negligente dell'ente appaltante in fase di redazione del bando o nello svolgimento delle successive operazioni di gara. Nel caso in cui tale responsabilità sia accertata, l'ente appaltante è tenuto a risarcire il danno nel limite del così detto interesse negativo – cioè le spese sostenute dall'appaltatore per la conclusione del contratto e quelle conseguenti alla perdita di ulteriori occasioni di guadagno – con esclusione del mancato utile della commessa. Quanto ai lavori nel frattempo eseguiti, viene a configurarsi una responsabilità contrattuale sempre dell'ente appaltante – nonostante formalmente il contratto non sia stato stipulato – che obbliga quest'ultimo al pagamento degli stessi, nei termini previsti dal contratto. Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. II, 14 giugno 2022, n.4857, con una pronuncia particolarmente interessante in quanto fa il punto su alcune problematiche connesse alla consegna in via d'urgenza, ancora più attuali in relazione all'utilizzo potenzialmente generalizzato dell'istituto previsto dal Decreto legge 76/2020 (Decreto semplificazioni).

Il fatto
Un ente locale aveva indetto una gara per l'affidamento di lavori di recupero e restauro conservativo. A seguito dell'aggiudicazione procedeva alla consegna dei lavori in via di urgenza, nelle more della stipula del contratto, ai sensi dell'articolo 32, comma 8 del D.lgs. 50/2016. Nel contempo un concorrente che aveva partecipato alla gara impugnava l'aggiudicazione davanti al giudice amministrativo. Il giudice di primo grado respingeva il ricorso, che veniva invece accolto dal Consiglio di Stato in sede di appello, con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione. Alla luce di questa sentenza l'ente appaltante procedeva a sua volta alla revoca dell'aggiudicazione e degli atti conseguenti, primo fra tutti il verbale di consegna dei lavori. Contro questo provvedimento l'originario aggiudicatario proponeva a sua volta ricorso davanti al giudice amministrativo. Con il ricorso, sul presupposto del comportamento negligente dell'ente appaltante, chiedeva sia il risarcimento dei danni subiti in relazione alle spese sostenute per la stipula del contratto – mai avvenuta – e ai costi strumentali all'allestimento del cantiere, sia il pagamento dei lavori nel frattempo eseguiti e del mancato utile.

Il giudice amministrativo di primo grado accoglieva il ricorso solo parzialmente. Riteneva infatti che dalla revoca ancorché legittima degli atti di gara, possa effettivamente derivare una responsabilità precontrattuale dell'ente appaltante con conseguente obbligo di risarcimento del danno, in conseguenza della lesione dell'affidamento ingenerato nell'impresa aggiudicataria. Di conseguenza condannava l'ente locale al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, limitato però al solo interesse negativo, riferito cioè alle spese inutilmente sostenute in previsione della stipula del contratto nonché alle perdite subite per non avere potuto usufruire di altre opportunità contrattuali. In pratica, tali spese – da provare documentalmente – si sostanziavano nella polizza assicurativa, nella cauzione, nel pagamento delle altre spese contrattuali, nel pagamento delle forniture per l'allestimento del cantiere. Veniva invece escluso dal risarcimento il mancato utile della commessa, mentre il Tar non si pronunciava sui lavori nel frattempo eseguiti. Sia l'originario aggiudicatario che l'ente locale impugnavano la sentenza di primo grado davanti al Consiglio di Stato.

Responsabilità precontrattuale della Pa, cosa dice la plenaria
Sul punto il Consiglio di Stato - considerata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale - ha chiamato in causa l'Adunanza Plenaria sottoponendogli due questioni: a) se in termini generali il destinatario di un provvedimento amministrativo successivamente annullato in sede giurisdizionale possa vantare un legittimo e qualificato affidamento, sulla base del quale fondare una richiesta risarcitoria nei confronti dell'amministrazione; b) in caso di risposta positiva, nel ricorso di quali condizioni l'aggiudicatario di una gara di appalto possa chiedere il risarcimento del danno per lesione di affidamento incolpevole nell'ipotesi in cui il provvedimento di aggiudicazione sia successivamente revocato a seguito di una sentenza che ne abbia accertato l'illegittimità. L'Adunanza Plenaria si è quindi pronunciata sancendo i seguenti principi.

Sotto il primo profilo ha evidenziato che l'affidamento è un principio generale dell'azione amministrativa, che fa sorgere in capo al destinatario della stessa l'aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a valle di tale azione. Di conseguenza, è configurabile un affidamento del privato al legittimo esercizio del potere amministrativo, che se contrario ai principi di correttezza e buona fede può essere fonte di responsabilità nel caso in cui il relativo provvedimento sia annullato in sede giurisdizionale. Sulla seconda questione ha affermato che nel settore delle procedure di affidamento dei contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell'ente appaltante, derivante dalla violazione dei principi generali di correttezza e buona fede, sussiste nella misura in cui il soggetto privato abbia maturato un ragionevole affidamento alla stipula del contratto, in considerazione del grado di sviluppo della procedura. In questa logica, la responsabilità precontrattuale non si configura in relazione a qualunque illegittimità della procedura di gara, che va invece valutata in concreto in relazione all'effettiva violazione dei canoni di correttezza e buona fede. Né l'eventuale esecuzione anticipata dei lavori costituisce di per sé un elemento idoneo a configurare una responsabilità precontrattuale, giacché per questa ipotesi l'ordinamento già prevede una tutela indennitaria costituita dal rimborso delle spese sostenute dall'esecutore.

Danni risarcibili in caso di consegna urgente e successivo annullamento dell'aggiudicazione.
Facendo applicazione di questi principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che nel caso di specie vi sia stata un'evidente condotta colposa da parte dell'ente appaltante. Ciò sia in sede di redazione del bando che nella fase successiva in cui il seggio di gara, a fronte di una clausola equivoca, non ha optato per l'interpretazione volta a favorire la massima partecipazione alla gara. Peraltro, rispetto a entrambi i comportamenti colposi, non è configurabile alcuna responsabilità dell'impresa aggiudicataria, che ha ragionevolmente confidato nella legittimità dell'operato dell'ente appaltante. A fronte della responsabilità precontrattuale dell'ente appaltante, i danni risarcibili sono limitati al solo interesse negativo. Di conseguenza, correttamente il giudice di primo grado ha riconosciuto i danni conseguenti alle spese affrontate dall'aggiudicatario per predisporre la documentazione necessaria ai fini della stipula del contratto, in realtà mai avvenuta, e cioè quelle relative a: costituzione del raggruppamento, prestazione della cauzione definitiva, spese contrattuali, costi per noli e forniture necessari per l'apprestamento del cantiere.

I lavori eseguiti
In termini diversi si pone la questione con riferimento ai lavori eseguiti dall'aggiudicatario a seguito della consegna in via d'urgenza. Per questi l'ente appaltante è chiamato a rispondere a titolo di responsabilità discendente dall'esecuzione del rapporto contrattuale, da ritenere sussistente sia pure in mancanza della stipula del contratto. Sul punto la giurisprudenza ha infatti affermato che le obbligazioni nascenti tra le parti a seguito della consegna anticipata dei lavori in via d'urgenza sono pienamente vincolanti e, pur in assenza di un contratto stipulato, sono inquadrabili nell'ambito della responsabilità contrattuale. Ne consegue che per i lavori eseguiti l'ente appaltante deve corrispondere all'appaltatore quanto contrattualmente pattuito, in coordinamento peraltro con la previsione contenuta all'articolo 32, comma 8 del D.lgs. 50/2016, secondo cui l'appaltatore ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori. La consegna in via d'urgenza nel Decreto semplificazioni. Come ricordato all'inizio, l'articolo 8, comma 1, lettera a) del Decreto legge 76/2020 (Decreto semplificazioni), autorizza in via generalizzata gli enti appaltanti alla consegna in via d'urgenza. Si tratta di una facoltà e non di un obbligo, anche se è evidente l'intento acceleratorio che la previsione intende perseguire. Proprio in relazione all'esercizio di tale facoltà, i principi affermati nella sentenza in commento possono fornire utili indicazioni agli enti appaltanti. La consegna in via d'urgenza sarà tanto più facilmente attuabile quanto più l'ente appaltante ritenga remote possibili contestazioni in sede giurisdizionale e, di conseguenza, difficilmente configurabili ipotesi di responsabilità precontrattuale. In ogni caso, si dovrà tenere in considerazione che la sussistenza di una responsabilità precontrattuale non è automatica, ma è collegata a comportamenti colposi dell'ente appaltante che abbiano creato una legittima aspettativa alla conclusione del contratto in capo all'aggiudicatario. E in ogni caso essa dà luogo all'obbligo di risarcire esclusivamente i danni corrispondenti all'interesse negativo (spese effettivamente sostenute ai fini della stipula del contratto, poi non avvenuta). A cui si dovrà aggiungere il riconoscimento dei costi sopportati per i lavori nel frattempo eseguiti.

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