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La legge regionale non può ridurre la superficie del parco senza coinvolgere gli enti locali interessati

La Consulta boccia la normativa della Regione Abruzzo che disciplina il Parco Sirente Velino

di Pietro Verna

Invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di « tutela del paesaggio» e di «giurisdizione e norme processuali», sancita dall'articolo 117, comma secondo, lettere s) e l), della Costituzione, la legge della Regione Abruzzo 8 giugno 2021 n. 14 ( Nuova disciplina del Parco naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini. Modifiche alla l.r. 42/2011), che modifica l'estensione del parco regionale Sirente Velino e che attribuisce la qualifica di agente di polizia giudiziaria alle guardie dell'ente parco. Lo ha stabilito la Consulta (sentenza n. 235/2022), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge regionale, nella parte in cui:
• ridetermina la perimetrazione del parco, con riduzione della sua area di circa 6.400 ettari (articolo 2, commi 1 e 2);
• prevede che sorveglianza del parco sia affidata «ad apposite guardie […] cui è attribuita la qualifica di agente di polizia giudiziaria con apposito decreto prefettizio nei limiti territoriali dell'area protetta di competenza » ( articolo 8).

Più precisamente, l'Alta Corte ha rilevato la violazione da parte del legislatore regionale dell'articolo 22, comma 1, lettera a), della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), che prevede la partecipazione degli enti locali nella definizione del perimetro dei parchi regionali «attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area protetta sul territorio». Attività che - recita la sentenza- «non risulta che siano state effettuate» dal Consiglio regionale abruzzese, con la conseguenza che quest'ultimo è venuto meno all'obbligo di garantire la «partecipazione delle autonomie alla scelta di riperimetrazione dell'area».

Decisione che conferma l'orientamento secondo cui:
• la partecipazione degli enti locali è necessaria e non è surrogabile con forme alternative di coinvolgimento diverse da quelle previste dalla legge quadro sulle aree protette (Corte costituzionale, sentenza n. 134/2020 che ha dichiarato l'incostituzionalità della legge della Regione Liguria n. 3/2019, nella parte in cui modifica i confini dei parchi naturali regionali delle Alpi Liguri, dell'Antola, dell'Aveto e del Beigua);
• il mancato coinvolgimento degli enti locali, attraverso la formazione del documento indicato dall'articolo 22 della legge 394/1991, costituisce un vizio della fase procedimentale, che si trasferisce alla legge provvedimento con cui essa è stata conclusa (Corte costituzionale, sentenza n. 221/2022).

Quanto all'attribuzione della qualifica di agente di polizia giudiziaria attribuita ai guardia-parchi dall'articolo 8 della legge regionale, la Consulta ha rilevato che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati nell'articolo 57, commi 1 e 2, del codice di proecedura penale, nonché quelli a cui le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni di cui all'articolo 55 del medesimo codice. Ciò non mancando di richiamare le precedenti pronunce in materia: dalla sentenza n.185 del 1999 secondo cui la qualifica di agente di polizia giudiziaria è «riservata a leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale» alla sentenza n. 35 del 2011 secondo cui «il vigente codice di procedura penale ha configurato la polizia giudiziaria come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale [del] pubblico ministero».

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