Urbanistica

Centri, periferie e piccole città: valori in libertà per il Catasto

Oggi le case in categoria A/3 hanno le rendite più distanti dai prezzi di mercato. In provincia i divari maggiori

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

Valori catastali contro prezzi di mercato. Chi possiede una casa in categoria A/3 oggi è avvantaggiato – mediamente – rispetto a chi ne ha una in A/2. Non è questa l'unica criticità dell'attuale sistema catastale, ma certo è una delle più rilevanti e sottovalutate. Spesso, infatti, l'attribuzione di una di queste due categorie – che insieme fanno il 73% del patrimonio abitativo e dovrebbero distinguere edifici economici e di buon livello – non riflette le reali caratteristiche del fabbricato e, di conseguenza, il prezzo. Il risultato è che in molte città italiane due vicini di casa possono trovarsi a pagare le imposte su basi fiscali diverse a parità di quotazione dell'immobile: fatto 100 il prezzo di mercato, non è difficile trovare chi paga su un valore catastale di 37 e chi di 71 nello stesso quartiere. I dati elaborati dal Sole 24 Ore del Lunedì sono ricavati dalle rendite catastali intermedie di un'abitazione-tipo in un campione di 12 grandi città e 14 centri di provincia, confrontate con i prezzi di mercato minimo e massimo rilevato da Nomisma per immobili non signorili. Ad esempio, un'abitazione in centro a Bologna può avere una quotazione di mercato da 196mila a 271mila euro, con un valore catastale da circa 90mila (categoria A/3) a 138mila euro (A/2).

Perciò, nella situazione più favorevole al proprietario oggi il prezzo è il triplo della base imponibile (271mila contro 90mila); in quella più penalizzante non lo supera neppure della metà (196mila contro 138mila). E questo solo considerando rendite riferite a classi catastali intermedie per ciascuna delle due categorie: prendendo come riferimento le prime o le ultime classi, il divario sarebbe ancora maggiore. Elaborazioni come questa dimostrano quanto sarà profondo e complesso il lavoro di revisione del catasto previsto dal disegno di legge delega per la riforma fiscale. Non solo per arrivare al «corretto classamento» degli immobili che non rispettano «la categoria catastale attribuita» (articolo 7 del Ddl). Ma anche per rimettere ordine tra le tante incoerenze stratificate nel corso degli anni.«Oggi abbiamo senz'altro una grande variabilità di rapporti tra prezzi e valori catastali, che dipende essenzialmente da accatastamenti non uniformi», osserva Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma. Che rileva un altro aspetto: «A parte qualche caso eclatante, il grosso delle differenze dipende dall'attribuzione della categoria A/2 o A/3, ma non dobbiamo dimenticare il fattore legato alla loro diffusione: abbiamo città dove le A/2 sono meno del 10% delle unità e altre in cui sono più dell'80%, e questo è un ulteriore elemento condizionante».

Le distanze tra le zone
Scorrendo i valori delle varie città (si veda la grafica a lato), la prima impressione è che non ci sia un filo conduttore. In realtà, emergono alcune chiavi di lettura. Già oggi non è impossibile trovarsi a pagare le imposte su valori fiscali superiori a quelli di mercato per gli immobili di minor quotazione. Capita per le abitazioni A/2 in periferia a Torino e a Bari. Ma anche in centro a Genova e ad Aosta, e in una località di provincia come Castrovillari (Cosenza). È vero, comunque, che nella maggior parte dei casi si verifica il contrario: il prezzo dell'immobile, cioè, è più alto di quello riconosciuto dal Fisco. Ed è un fatto che questo divario tenda a essere più marcato nelle zone centrali delle grandi città. Ma forse meno di quanto ci si sarebbe aspettato, mettendolo a confronto con le periferie e le zone di provincia.

Ad esempio, a Cagliari, Genova, Palermo e Milano chi beneficia di rendite catastali favorevoli si trova più avvantaggiato in periferia anziché in centro: le cifre sono ovviamente diverse, nel senso che l'abitazione vale meno allontanandosi dal centro, ma il suo imponibile – nei casi fortunati – è così basso da rendere il prelievo fiscale più leggero in rapporto al prezzo. Un caso per tutti: alla periferia di Cagliari la combinazione più vantaggiosa incrocia un prezzo di 137mila euro e un valore catastale poco superiore ai 36mila, con un rapporto quasi di 4 a 1 (in centro è di 3 a 1).

La mappatura nei piccoli centri
Oltre alle differenze tra un quartiere e l'altro, e tra una città e l'altra, ci sono quelle interne al quartiere e alla città. Le situazioni possibili sono molto diverse, ma dai dati emerge un trend: nelle grandi città, dove il territorio è diviso in un maggior numero di microzone, le tariffe d'estimo tendono a essere più precise e lo scarto tra le situazioni favorevoli e quelle sfavorevoli è in genere più contenuto. Mentre nei centri di provincia, dove la microzona è unica, il divario è maggiore: lo si vede ad esempio ad Alba (Cuneo) e Lumezzane (Brescia). Insomma, per riformare il Catasto serviranno informazioni accurate su tutte le località. «Si è molto parlato di Catasto, ma finora non si è parlato del "come" avverrà la revisione – commenta Luca Dondi –. Nessuno ha ancora spiegato come intende muoversi e di certo non basta passare dai vani ai metri quadrati. C'è un tema di valori: da dove li prendiamo e come li usiamo? Su questo urge una riflessione perché l'ultimo tentativo di riforma fallì proprio sulle difficoltà pratiche».

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