Imprese

Società mista, rileva anche la partecipazione indiretta della Pa nella quota del privato

Secondo la Corte Ue deve considerarsi l'aspetto sostanziale del soggetto economico che partecipa alla gara

di Ciro D'Aries e Alberto Ventura

La controversia su cui è stata chiamata a rispondere la Corte di giustizia dell'Ue – Quarta Sezione, sentenza 1° agosto 2022, nella causa C-332/20 - ha avuto origine da una gara indetta da un Comune per la costituzione di una società a capitale misto e il contestuale affidamento alla stessa della gestione del servizio scolastico integrato. In particolare, con riferimento alla posizione del socio privato, il Comune detiene una partecipazione del 100% sulla società che controlla al 51% il soggetto privato individuato nella gara. Il fatto, rilevato in sede di gara dalla stazione appaltante (il Comune), ha portato quest'ultimo a escludere il soggetto privato dalla gara, in quanto con la costituzione della società mista, date le condizioni di partecipazione previste dalla gara, il socio pubblico avrebbe, di fatto, superato la soglia massima di capitale – pari al 70% - prevista dalla norma.
A seguito di diversi ricorsi, il Consiglio di Stato (sentenza n. 2929/2020), sospendendo il proprio procedimento, ha proceduto a sottoporre alla Corte di giustizia europea alcune questioni; tra quelle più rilevanti, quella dei criteri con cui deve essere ponderata la quota di partecipazione del socio privato nella società mista avendo riguardo, quindi, alla sola natura giuridica del socio privato o tenendo conto anche di eventuali – come nel caso di specie – partecipazioni indirette che l'Amministrazione pubblica può detenere nel soggetto in questione.

Il limite della partecipazione al capitale della società mista
Con l'articolo 107 del Tfue, viene individuato, nell'ambio della costituzione di una società mista pubblico-privata, il vincolo imponente la quota di partecipazione del socio privato che deve essere pari almeno al 30% del capitale sociale della costituenda società.
La ratio di questo limite – inserito al comma 1 dell'articolo 17 del Tusp - va ricondotta alla tutela della concorrenza sul mercato, poiché partendo dal diverso scopo dei soggetti coinvolti – quello di lucro del soggetto privato e quello pubblico della Pa – e, quindi, dalla considerazione che i servizi svolti dalla società mista sono sottoposti a condizioni di accessibilità che un soggetto di natura esclusivamente privata riterrebbe non vantaggiose, «una partecipazione pubblica che eccedesse il 70% scoraggerebbe l'ingresso di altri soci in quel settore, e soprattutto limiterebbe eccessivamente il rischio economico del socio privato connesso alla partecipazione nella società» (sempre il Consiglio di Stato nella sentenza di cui sopra). Si deve, infatti, ricordare come il privato assuma su di se i rischi operativi della gestione del servizio affidato alla società mista; la posizione del privato non si traduce, dunque, nella sola posizione di socio che fornisce esclusivamente un apporto economico, sottoscrivendo quote del patrimonio sociale, ma si sostanzia in quella di socio imprenditore, che, come la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare, deve essere dotato di significativi requisiti tecnico-finanziari e strutturali, concretantesi nell'esercizio di compiti di gestione e nell'espletamento di attività latamente amministrative.
Il privato, dunque, è chiamato a dimostrare, oltre alla capacità di divenire azionista, anzitutto la capacità tecnica di fornire i servizi oggetto dell'appalto pubblico e i vantaggi, economici e di altro tipo, dell'offerta (Acoset, C-196/08, EU:C:2009:628, punti 59 e 60).

La partecipazione del privato indirettamente controllato dalla Pa
Alla luce della necessaria dimostrazione da parte del privato di disporre della capacità economica e finanziaria necessaria sia alla costituzione della società mista sia all'esecuzione del servizio affidato, la Corte di giustizia europea, ripercorrendo i presupposti con cui il soggetto privato deve essere scelto, mette in luce i seguenti capisaldi:
• in primo luogo, un'amministrazione aggiudicatrice può ricorrere a criteri di selezione volti, in particolare, a escludere dalla procedura di aggiudicazione i candidati o gli offerenti che non presentino garanzie sufficienti quanto alla loro capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l'appalto pubblico di cui trattasi, a condizione che detti criteri siano, da un lato, adeguati per assicurare che un candidato o un offerente abbia tale capacità e, dall'altro, attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto;
• in secondo luogo, Il ricorso al modello della società mista trova la sua ratio, dal lato pubblico, con l'interesse della Pa di limitare sia il suo investimento nel capitale di tale società sia i rischi economici che ne derivano;
• in terzo luogo, per consentire il rispetto del presupposto di cui sopra, si rende evidente come alla Pa non può che essere consentito di tener conto della partecipazione, sia pure indiretta, che essa detiene nel capitale degli operatori economici che hanno manifestato il loro interesse a divenire socio della medesima. Infatti, anche quando è indiretta, una simile partecipazione espone, in linea di principio, l'amministrazione aggiudicatrice a un rischio supplementare rispetto a quello che avrebbe sopportato se non avesse detenuto, direttamente o indirettamente, alcuna quota del capitale del suo socio.
Pertanto, un'amministrazione aggiudicatrice deve poter escludere, in base alla selezione qualitativa dell'operatore economico destinato a diventare suo socio, qualsiasi candidato di cui detenga quote sociali, sia pure indirettamente, qualora tale partecipazione porti a violare, di fatto, la ripartizione del capitale della società a capitale misto tra detta amministrazione aggiudicatrice e il suo socio, quale stabilita dai documenti di gara, e a rimettere così in discussione la capacità economica e finanziaria del suo socio di sopportare, senza intervento dell'amministrazione aggiudicatrice, gli obblighi che gli derivano da un simile contratto misto.

Conclusioni
Alla luce dei rilievi della Corte di giustizia europea possono, dunque, tracciarsi importantissime novità da tener conto nella corretta allocazione dei rischi che definiscono il diverso rapporto e apporto del socio pubblico e del privato nell'ambito della società mista.
A detta della Corte non può, dunque, ritenersi sufficiente tener conto della sola veste giuridica del socio privato in quanto tale, ma, data la diversa allocazione dei rischi, deve considerarsi l'aspetto sostanziale del soggetto economico partecipatane alla gara: la direttiva europea 2014/23 deve essere interpretata nel senso che la Pa può escludere un operatore economico dalla procedura di costituzione della società mista qualora tale esclusione sia giustificata dal fatto che, a causa della partecipazione indiretta di tale amministrazione aggiudicatrice al capitale di tale operatore economico, la partecipazione massima della suddetta amministrazione aggiudicatrice al capitale di detta società, così come stabilita dai documenti di gara, sarebbe di fatto superata se questa stessa amministrazione aggiudicatrice scegliesse il suddetto operatore economico come proprio socio, a condizione che un simile superamento comporti un aumento del rischio economico a carico della stessa amministrazione aggiudicatrice. La conclusione della Corte appare logica anche perché, ragionando al contrario, si consentirebbe a un socio privato di godere ingiustamente dei vantaggi della partecipazione pubblica, dando vita a una sostanziale rendita di posizione capace di impedire l'accesso proficuo (e legittimo) di altri soggetti allo specifico segmento del mercato concernente la stessa attività economica.

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