Amministratori

Controllate, per i compensi agli amministratori vale il principio di coordinamento della finanza pubblica

Senza «decreto fasce» non è possibile assumere a riferimento le disposizioni sui limiti e sugli scaglioni

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di Anna Guiducci

La mancata approvazione del «decreto fasce», con il quale dovranno essere definiti gli indicatori quali-quantitativi per la definizione delle società a controllo pubblico, impedisce di assumere a riferimento, ai fini della determinazione dei compensi agli amministratori, le disposizioni sui limiti e sugli scaglioni di cui all'articolo 11 del Dlgs 175/2016. Con la delibera n. 160/2023, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Veneto chiarisce infatti che, stante l'attuale quadro normativo, ai fini della determinazione dei compensi agli amministratori di una società a controllo pubblico, nata dalla fusione per incorporazione di due società pubbliche comunali per la gestione di servizi pubblici locali, occorre riferirsi solo al principio di coordinamento della finanza pubblica ricavabile dal combinato disposto degli articoli 11, comma 7, del Tusp e 4, comma 4, del Dl 95/2012.

L'articolo 11 del Tusp ha prefigurato un nuovo sistema per la determinazione dei predetti compensi, demandando ad un decreto del Ministro dell'economia (da adottarsi d'intesa con la Conferenza unificata in caso di società controllate dalle Regioni o dagli enti locali) la definizione degli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi per la classificazione delle società a controllo pubblico in un numero di fasce fino a cinque (comma 6), in relazione a ciascuna delle quali dovrà essere stabilito in modo proporzionale «il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico» (Decreto fasce).

Con tale norma il Legislatore ha inteso uniformare la disciplina dei limiti retributivi degli organi di amministrazione e controllo di tutte le società pubbliche, introducendo vincoli non più ancorati a parametri storici ma a indicatori dimensionali qualitativi e quantitativi, analiticamente individuati dalla disposizione normativa, riferiti alla medesima società. Fino all'emanazione dell'apposito decreto restano invece in vigore le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 4, secondo periodo, del Dl 95/2012 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 dicembre 2013 n. 166. Secondo quanto disposto dall'articolo 4 citato, a decorrere dal 1° gennaio 2015, «il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l'80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013». Stante la sua natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, tale disposizione non può essere derogata neanche nel caso in cui alle società vengano attribuiti nuovi compiti o esse siano investite da un processo di riorganizzazione, né in considerazione dei nuovi e maggiori incarichi assunti dagli amministratori, della complessità delle funzioni svolte e della relativa assunzione di responsabilità da questi assunte.

Nel caso di specie, l'operazione di fusione per incorporazione delle due società pubbliche comunali è avvenuta nel 2014 e, di conseguenza, sono noti all'amministrazione i parametri di riferimento del 2013 relativi sia alla società incorporante che a quella incorporata, sulla base dei quali determinare i compensi degli amministratori della società incorporante. La Corte infine sottolinea l'esigenza di una sollecita approvazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 11, comma 6, del Tusp al fine di evitare «le ulteriori disfunzioni derivanti dall'ultrattività di un regime dichiaratamente transitorio, per di più incentrato unicamente sul criterio della spesa storica», nonchè per la «fondamentale necessità di contemperare, con misure adeguate, un'efficace azione amministrativa delle società a partecipazione pubblica con requisiti organizzativi che siano espressione di sana gestione finanziaria».

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