Urbanistica

Toscana, bocciata la legge sul trasferimento di volumi in favore delle attività agrituristiche

La Corte Costituzionale accoglie il ricorso del governo paventava la proliferazione di costruzioni in zone agricole

di Pietro Verna

Viola la potestà legislativa concorrente dello Stato in materia di governo del territorio (art. 117, comma 3, Cost) la normativa della Regione Toscana che consente di realizzare interventi edilizi in zone agricole per finalità agrituristiche mediante utilizzo di volumetrie trasferite da altri lotti. Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza n. 68 del 2023 che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 7, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 15 del 2022 secondo cui «possono essere utilizzati per l'attività agrituristica […] trasferimenti di volumetrie all'interno del medesimo territorio comunale o all'interno della proprietà aziendale la cui superficie sia senza soluzione di continuità e ricada parzialmente in territori di comuni confinanti...».

La pronuncia della Consulta
Nel ricorso proposto alla Corte Costituzionale la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva denunciato il contrasto della norma regionale con l'art. 3, comma 1, della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell'agriturismo) che consente l'esercizio dell'agriturismo soltanto negli «edifici già esistenti sul fondo» e con l'art. 7 (Limiti di densità edilizia) del Dm n.1444 del 1968, evidenziando che i trasferimenti di cubatura avrebbero determinato «l'aggravio del carico urbanistico e la proliferazione di volumetrie in zone agricole». Tesi che ha colto nel segno.

La Consulta ha affermato che l' art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006 «garantisce un ragionevole equilibrio tra l'attività turistica e ricettiva e l'indispensabile mantenimento della vocazione agricola del territorio e dell'ambiente», mentre i trasferimenti di volumetrie consentiti dalla norma regionale « si risolvono nell'estensione delle possibilità edificatorie per finalità agrituristiche e, quindi, in interventi di trasformazione del territorio agricolo che esorbitano dalle finalità di recupero del preesistente patrimonio immobiliare».

Motivo per il quale l'Alta Corte ha confermato l'orientamento secondo il quale:
- l'attività agrituristica, pur rientrando nelle materie «agricoltura e turismo», di competenza regionale residuale, «interferisce con altre materie attribuite alla competenza, o esclusiva o concorrente, dello Stato», sicché le Regioni «devono uniformarsi ai princìpi contenuti nella legge n. 96 del 2006, i quali siano espressione della potestà legislativa esclusiva o concorrente dello Stato» (Corte Cost., sentenza n. 339 del 2007);

- il requisito della «preesistenza dell'edificio nel fondo» previsto dall'art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006 «risponde all'esigenza di prevenire il sorgere ed il moltiplicarsi di attività puramente turistiche, che finiscano con il prevalere su quelle agricole, [...] con l'effetto pratico di uno snaturamento del territorio, usufruendo peraltro delle agevolazioni fiscali previste per le vere e proprie attività ricettive connesse al prevalente esercizio dell'impresa agricola» (Corte Cost., sentenza n. 96 del 2012);

- i limiti massimi di densità edilizia fissati dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 hanno efficacia vincolante anche verso il legislatore regionale, costituendo essi principi fondamentali della materia «governo del territorio» ( Corte Cost., sentenza n. 217 del 2020; in senso conforme, Cons. di Stato, Sez. IV, sentenza 5 novembre 2018, n. 6250).

Ciò non mancando di evidenziare che la norma regionale «anziché rispondere all'esigenza di recupero del patrimonio immobiliare esistente amplia l'attività agrituristica, in contrasto con il principio fondamentale posto dall'art. 3, comma 1, della legge n. 96 del 2006».

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