Appalti

Codice appalti, dal primo gennaio anche le novità sull'accesso agli atti

Ribadita l'applicabilità dell'accesso civico generalizzato agli appalti, definiti nel dettaglio anche i documenti «esclusi»

di Stefano Usai

Il decreto legislativo 36/2023 (nuovo codice dei contratti) contiene un micro sistema normativo in tema di accesso e riservatezza (artt. 35 e 36 del nuovo codice) prevalentemente inedito rispetto all'attuale Codice. Micro sistema normativo che, per effetto delle modifiche apportate in fase di approvazione definitiva, troveranno applicazione solo a far data dal 1° gennaio 2024. In questo senso dispone il comma 2 dell'articolo 225 del nuovo codice (articolo rubricato «Disposizioni transitorie e di coordinamento»).

Tra le novità di maggior rilievo (art. 35) si deve registrare la definitiva conferma dell'applicazione – con espresso richiamo normativo - agli atti dell'appalto e dell'esecuzione del contratto dell'accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2 del Dlgs 33/2013. L'applicabilità dell'accesso civico generalizzato agli appalti risultava confermata – dopo pronunce divergenti -, dalla giurisprudenza ed in particolare nella sentenza con la sentenza n. 10/2020, in Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. Nel nuovo codice, comma 1, art. 35, se ne statuisce, con norma, l'applicazione anche agli appalti. Pur ad applicazione differita, come detto, la giurisprudenza oggi pacificamente ne impone l'applicazione pertanto, l'eventuale richiesta di accesso agli atti di gara (anche relativi all'esecuzione) pur priva di riferimenti normativi dovrà essere, dal Rup (o dal responsabile della fase amministrativa) analizzata in primis alla luce della normativa in tema di accesso civico generalizzato.

L'accesso
La nuova disciplina dell'accesso (art. 35) subisce una minima riscrittura (rispetto a quanto stabilito nell'attuale art. 53) coinvolgendo nella prerogativa anche i «verbali e atti» della gara, anche informale. Vengono ribaditi i differimenti all'accesso, già contemplati nell'articolo 53, ovvero i casi in cui l'ostensione è differita fino al momento dell'aggiudicazione. Da ricordare che nel nuovo codice l'aggiudicazione sarà "unica" (ovvero solo quella efficace conseguente alla verifica dei requisiti).

Una delle novità riguarda l'accesso "escluso". Si ribadiscono, infatti, le esclusioni per le «informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali» e per i «pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici» nonché per «le relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto».

Ulteriore caso di esclusione (frutto delle novità telematiche) riguarda le informazioni relative «alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale». Tuttavia, per le superiori esigenze – costituzionali – di difesa in giudizio non solo sono accessibili le informazioni che l'operatore interessato intende far oscurare (in quanto implicanti segreti commerciali/industriali) ma anche le informazioni relative alle piattaforme digitali e infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante.

Le norme procedimentali
Le disposizioni più rilevanti, ed innovative, sono quelle contenute nell'articolo 36 rubricato «norme procedimentali e processuali in tema di accesso». La norma imporrà – a far data dal 1° gennaio 2024 come detto -, il c.d. accesso digitale ovvero la messa a disposizione dell'offerta dell'aggiudicatario e di ogni atto/informazione presupposto dell'affidamento «a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione». Il secondo comma risolve il problema dell'accesso imponendo la messa a disposizione – sempre tramite la piattaforma digitale utilizzata dalla stazione appaltante - dei documenti predetti e delle offerte presentate dagli ulteriori 4 graduati.

Si crea, pertanto, quella conoscenza «reciproca» (tra i primi 5 in graduatoria) che velocizza conoscenza e trasparenza semplificando i compiti della stazione appaltante. Altra novità riguarda i casi di presenza, nelle offerte, di informazioni riservate (segreti commerciali/industriali) per cui gli offerenti segnalano l'esigenza dell'oscuramento e della non divulgazione. In relazione a quanto, il terzo comma della norma, impone alla stazione appaltante di chiarirne la presenza e di specificare la propria decisione (in caso valutasse di oscurare i dati dichiarati riservati) fin dal momento della comunicazione dell'aggiudicazione.

Avverso la decisione in parola gli interessati dovranno proporre ricorso al giudice amministrativo «entro 10 giorni dalla comunicazione digitale dell'aggiudicazione».È evidente la semplificazione visto che gli obblighi della stazione appaltante, propedeutici all'accesso, si risolvono con le pubblicazioni e messa in disponibilità di informazioni contenute nelle piattaforme digitali e con, se richiesto, l'oscuramento dei dati previa istruttoria da parte del Rup.

Novità ulteriori – e semplificazioni "deflative" del contenzioso – si registrano nei commi 5 e 6 della norma. Il comma 5 prevede che nel caso in cui la stazione appaltante ritenga «insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall'offerente (…) l'ostensione delle parti dell'offerta di cui è stato richiesto l'oscuramento non è consentita prima del decorso del termine di impugnazione» di 10 giorni. Il comma 6 tende, invece, ad evitare «la pratica abbastanza diffusa tra gli operatori economici di indicare come segrete parti delle offerte senza che sussistano reali ragioni» (come si legge nella relazione) con la previsione che, «qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento», la stazione appaltante segnali la circostanza all'Anac «la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall'articolo 222, comma 9 (da 500 a 10mila euro, ndr), ridotta alla metà nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla contestazione» .

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