Appalti

Concessione di servizi, la stima dei ricavi rappresenta un'indicazione di massima e non vincola i concorrenti

Il Consiglio di Stato mette in rilievo in maniera eblematica il profilo del rischio imprenditoriale quale elemento centrale della concessione

di Roberto Mangani

In una concessione di servizi la stima dei ricavi che possono essere incamerati dal concessionario a fronte della gestione del servizio e che viene operata dall'ente concedente in sede di gara rappresenta solo un'indicazione di massima, che non vincola in alcun modo i concorrenti ai fini della presentazione delle relative offerte.

Di conseguenza questi ultimi possono legittimamente presentare offerte che, relativamente alla definizione del livello dei ricavi, si discostano in misura anche sensibile dal valore indicato in sede di gara. Infatti tale definizione è frutto delle libere valutazioni effettuate dal concorrente, che rientra nelle sue autonome scelte assunte nell'ambito del rischio imprenditoriale che connota tipicamente l'istituto concessorio.

Quale ulteriore conseguenza, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di esclusione dell'offerta per ritenuta anomalia che si fondi esclusivamente sulla non congruità tra il valore dei ricavi contenuto nell'offerta e quello indicato dall'ente concedente in sede di gara, che non tenga conto delle giustificazioni fornite dall'offerente.
Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 1 dicembre 2022, n. 10567, che mette in rilievo in maniera eblematica il profilo del rischio imprenditoriale quale elemento centrale della concessione.

Il fatto
Una Centrale unica di committenza aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento della concessione del servizio di gestione dei parcheggi su strade e piazze del territorio comunale.
Nel corso della procedura l'ente committente procedeva all'esclusione di tre offerte pervenute, in quanto ritenute anomale. L'elemento di anomalia veniva sostanzialmente individuato nel fatto che tutte e tre le offerte contenevano una stima dei costi superiore all'ammontare dei ricavi indicati dall'ente concedente in sede di gara, con conseguente presentazione di un'offerta in perdita, come tale per definizione non congrua.
A fronte di questa motivazione uno dei concorrenti esclusi presentava ricorso davanti al giudice amministrativo, considerando errato uno dei presupposti di base su cui si fondava il ragionamento, e ciò avere assunto come parametro di riferimento la misura dei ricavi indicati dall'ente concedente. Secondo il ricorrente, tale misura era infatti sottostimata, con la conseguenza che assumendo invece un più alto - e più realistico – livello dei ricavi (come indicato dal concorrente stesso), residuava comunque un significativo margine di utile, tale da far ritenere l'offerta pienamente congrua.

Il Tar Puglia respingeva il ricorso
Alla base della decisione l'argomento fondamentale secondo cui non era possibile tenere conto della diversa stima dei ricavi operata dal concorrente in sede di offerta, giacché la stessa si discostava in misura significativa rispetto a quella indicata in sede di gara dall'ente concedente.
In questo senso doveva considerarsi corretto l'operato dell'ente concedente che ha ritenuto anomala l'offerta, in quanto la stessa – proprio per l'eccessiva sovrastima dei ricavi – appariva economicamente insostenibile. Ciò comportava un rischio di inadempimento delle prestazioni in fase esecutiva che non poteva essere semplicemente ignorato sulla base della mera assunzione dell'esistenza del rischio imprenditoriale in capo al concessionario.
Era peraltro da considerarsi inconferente la circostanza che altri due concorrenti avessero anch'essi indicato nelle relative offerte la misura dei ricavi in termini sensibilmente superiori a quanto stimato dall'ente concedente, considerato che anche tali offerte sono state appunto ritenute anomale e quindi escluse dalla gara.

La sentenza del primo giudice è stato oggetto di appello al Consiglio di Stato. L'appello si è sostanzialmente incentrato proprio sulla natura della stima dei ricavi effettuata dall'ente concedente in sede di gara, che nella tesi dell'appellante non poteva che avere un valore puramente indicativo non essendo basata su alcun dato di esperienza, poichè il servizio in questione non era mai stato svolto nel Comune interessato.

Di conseguenza, i concorrenti avrebbero liberamente operato autonomamente una loro stima dei ricavi, basandola su dati più precisi e attendibili ricavati da esperienze pregresse relative alla gestione della tipologia di servizio messo in gara, oggetto della loro attività aziendale tipica.
Questa operazione – e ciò rappresenta l'elemento centrale della tesi prospettata – deve ritenersi del tutto legittima, posto che la determinazione da parte dell'aspirante concessionario della misura degli incassi che lo stesso si attende dalla gestione del servizio, anche in significativa revisione rispetto a quanto ipotizzato dall'ente concedente, costituisce un elemento essenziale della concessione.

La decisione del Consiglio di Stato
Il consiglio di Stato ha accolto il ricorso, aderendo pienamente alla tesi dell'appellante.
In via preliminare il giudice di appello ricostruisce i caratteri che contraddistinguono il rischio imprenditoriale nell'ambito dell'istituto concessorio.
Tale rischio si connota non solo in relazione al flusso di accesso (incerto) degli utenti del servizio e all'andamento dei costi, ma anche in considerazione dell'organizzazione che il concessionario intende apprestare ai fini di offrire il servizio agli utenti, che può essere idonea a condizionare in una certa misura il successo dell'operazione. Ne deriva che proprio tale organizzazione dei mezzi imprenditoriali può avere un ruolo determinante nella definizione degli incassi effettivi, cosicché il rischio imprenditoriale non può in alcun modo essere limitato nè tanto meno annullato da preventive valutazioni operate in sede di gara dall'ente concedente.

Da qui l'affermazione di un ulteriore principio. Da un lato è vero che nei documenti di gara deve essere indicato il volume dei ricavi stimati dall'ente concedente ai fini della determinazione del valore a base di gara, consentendo così ai concorrenti di avere un'idea della dimensione economica del servizio oggetto di affidamento. Dall'altro, è altrettanto vero che questi ultimi restano liberi di organizzare i propri mezzi ai fini della formulazione dell'offerta e della massimizzazione dei ricavi, assumendo il relativo rischio imprenditoriale.

Ne consegue che del tutto legittimamente i concorrenti che partecipano alla gara per l'affidamento di una concessione di servizi possono formulare un'offerta che preveda modalità di gestione del servizio tali da realizzare ricavi (anche significativamente) maggiori di quelli stimati dall'ente concedente e posti a base di gara.
Sulla base di questi presupposti va valutato il provvedimento di esclusione dell'offerta per anomalia adottato dall'ente concedente. A fronte delle contestazioni mosse in relazione alla presunta non congruità dell'offerta, il concorrente aveva provveduto a trasmettere chiarimenti e informazioni in relazione a ognuna delle voci di costo e agli elementi giustificativi dei ricavi indicati.

L'ente concedente respingeva tali giustificazioni, ritenendo che non vi fosse correlazione tra i contenuti dell'offerta e le indicazioni del disciplinare di gara con specifico riferimento alla misura dei ricavi. In sostanza, l'elemento centrale assunto a giustificazione del provvedimento di esclusione dell'offerta in quanto ritenuta anomala si fondava sulla non congruità del valore dei ricavi contenuto nell'offerta stessa, in quanto troppo elevato rispetto alla stima effettuata dall'ente concedente e cristallizzata negli atti di gara.
Tale motivazione è stata ritenuta dal Consiglio di Stato del tutto generica e insufficiente, specie alla luce del carattere necessariamente indicativo della stima dei ricavi operata dall'ente concedente, peraltro ai soli fini della determinazione del valore a base d'asta.

Peraltro, la genericità della motivazione è rafforzata dal fatto che l'ente concedete non ha fornito alcuna convincente replica alle giustificazioni fornite dal concorrente in merito all'entità dei costi e dei ricavi, senza che possa valere al fine di affermare l'anomalia dell'offerta il richiamo a una previsione di stima contenuta negli atti di gara che non può in alcun modo essere considerata vincolante.
A ciò si deve aggiungere che appare sintomatico che altri due concorrenti – anch'essi esperti operatori del settore – abbiano a loro volta presentato in sede di offerta una stima dei ricavi di molto superiore a quella stimata dall'ente concedente. Se infatti può accadere che un singolo concorrente, pur di aggiudicarsi la commessa, formuli un'offerta particolarmente aggressiva - tale da essere potenzialmente in perdita - è invece inverosimile che questo comportamento possa essere assunto contemporaneamente da una pluralità di offerenti.

Inoltre va considerato che l'operatore che ha presentato l'offerta esclusa per anomalia è un'impresa leader di mercato nel settore di attività interessato, con una vasta esperienza di gestione del servizio di parcheggi, e quindi in possesso di tutti i dati necessari per poter responsabilmente e con cognizione di causa fare previsioni attendibili in merito agli incassi relativi alla gestione del servizio oggetto di affidamento nel caso di specie.

In conclusione l'ente concedente, in sede di giudizio di anomalia, si è limitato a ritenere non congrua la stima dei ricavi operata dall'offerente in quanto eccessivamente superiore a quella indicata negli atti di gara, senza considerare il principio fondamentale che governa le concessioni secondo cui il concessionario, nell'ambito dell'assunzione del proprio rischio imprenditoriale, è libero di determinare autonomamente il livello dei ricavi atteso, in funzione dell'organizzazione che intenda dare alla gestione del servizio.

E nell'operare questo giudizio riduttivo lo stesso ente concedente non ha neanche ritenuto di assumere i necessari dati di approfondimento in merito alle ragioni per le quali una pluralità di operatori avevano assunto la medesima linea di condotta, proponendo anch'essi una stima dei ricavi più alta di quella indicata dall'ente concedente.
Da tutto ciò deriva l'evidente illegittimità del provvedimento di esclusione per anomalia dell'offerta posto in essere da pare dell'ente concedente.

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