Amministratori

Illegittima l'ordinanza del Comune che chiude la sala giochi per violazione degli orari di apertura

L'ente può emettere sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei gestori

di Michele Nico

Nel caso di mancato rispetto degli orari di apertura da parte delle sale giochi, il Comune può emettere sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei gestori, ma non anche sanzioni interdittive, dacché l'ente non ha il potere di sospendere il funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro posti nella sala giochi inadempiente. Lo ha affermato la Corte di cassazione, Sezione II, con la sentenza n. 19696/2022.

Il fatto
Nel caso di specie, un Comune veneto nel 2016 aveva disposto con ordinanza ingiunzione la sospensione per sette giorni del funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro, perché il gestore della sala non aveva rispettato i limiti di orario imposti dall'ente.
Nel giudizio di primo grado il Tribunale aveva accolto l'opposizione della sala giochi, sostenendo che il Comune non aveva il potere di prevedere sanzioni interdittive in assenza di una norma di rango primario che conferisse all'ente tale potere, e disapplicò sia l'ordinanza ingiunzione, sia la delibera di giunta che prevedeva la sanzione accessoria della sospensione dell'attività commerciale.
Con una sentenza del 2018 la Corte d'appello di Venezia, attivata dal Comune, si era però pronunciata in senso contrario, sostenendo che la riserva di legge in tema di sanzioni amministrative era garantita dal coordinato disposto degli articoli 7 bis e 50 del Tuel, nonché dall'articolo 10 del Tulps, recante il potere del Comune di revocare o sospendere le autorizzazioni di polizia.
Secondo i giudici dell'appello, tale costrutto normativo doveva ritenersi idoneo a radicare la competenza del Comune a regolare gli orari di apertura degli esercizi commerciali e a prevedere, in caso di inosservanza, sanzioni non solo pecuniarie ma anche accessorie, come quella della sospensione del funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro.

La riserva di legge
Con la sentenza in esame la Cassazione ha chiarito, sul punto, che l'unico potere punitivo dell'ente locale è rinvenibile nell'articolo 16, comma 2, della legge 689/1981, che prevede, per la violazione dei regolamenti e delle ordinanze comunali e provinciali, il potere della Giunta di stabilire, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, un diverso importo del pagamento in misura ridotta.
Secondo la Sezione, il principio di legalità fissato dall'articolo 1 della legge 689/1981 esclude la possibilità di introdurre la possibilità di sanzioni amministrative mediante fonti secondarie o subordinate alla legge ordinaria. Da ciò consegue che:
a) la fonte primaria della potestà comunale in materia va individuata nell'articolo 7-bis del Tuel, secondo cui per le violazioni delle norme di tipo regolamentare si applica la sanzione amministrativa pecuniaria;
b) il potere di disciplinare l'orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi con vincite in danaro spetta al sindaco, ex articolo 50, comma 7, del Tuel, con la precisazione che tale disciplina si riferisce all'aspetto della tutela della quiete e della salute pubblica;
c) il potere di revocare o sospendere le licenze commerciali compete soltanto al questore, in qualità di soggetto responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, che attiene alla prevenzione dei reati.
Di qui la conclusione secondo cui alla Giunta Comunale non può irrogare sanzioni amministrative diverse da quelle previste dagli articoli 16, comma 2 della legge 689/81 e dell'articolo 7-bis del Tuel.

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