Personale

Magistrati, cambiano le carriere

Nella scelta dei dirigenti negli uffici peserà la programmazione del lavoro, il Csm darà le priorità

di Giovanni Negri

Criteri più rigorosi per le nomine, valutazioni di professionalità meno burocratiche, no al sorteggio per l’elezione dei componenti del Csm, ma sì a un meccanismo che eviti le distorsioni del maggioritario valorizzando i profili dei singoli, possibilità di rientro, con incompatibilità territoriali, in magistratura per le toghe che sono entrate in politica, più limiti al passaggio da pm a giudice e viceversa. Sono alcuni degli elementi che caratterizzano la proposta che questa mattina saranno illustrate dalla commissione insediata dalla ministra Marta Cartabia, presieduta dal costituzionalista Massimo Luciani, ai capigruppo della maggioranza nella commissione Giustizia della Camera.

Le proposte tecniche, secondo il metodo che ormai sta diventando consuetudine ed è stato sperimentato sia sul versante della riforma del processo civile sia su quella del processo penale, saranno poi tradotte in emendamenti che verranno presentati dal ministero al disegno di legge delega già in discussione a Montecitorio (ieri la notizia che al disegno di legge sono depositati quasi 400 emendamenti dalle diverse forze politiche).

Si va così a completare, con una maggiore chiarezza sui contenuti, la riforma della giustizia che la ministra Cartabia sta faticosamente mettendo a punto. E si completa con l’ultimo tassello di spessore, quello di impatto magari non immediato, almeno nella lettura comune, sull’efficienza dell’amministrazione, ma cruciale per un recupero di credibilità della magistratura tutta, più volte sollecitato dallo stesso capo dello Stato. A emergere, questo l’intendimento della commissione Luciani, è un modello di governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni e da logiche che non abbiano come obiettivo il buon andamento della giurisdizione.

Quanto alle carriere, le proposte che saranno illustrate stamattina vedono in linea generale ridursi i margini di discrezionalità affidati al Consiglio nell’attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi, per privilegiare soluzioni che valorizzino soprattutto la capacità del dirigente di programmare una gestione in grado di ridurre la durata dei procedimenti e di definire puntualmente gli obiettivi di rendimento dell’ufficio. Nel rispetto di criteri di priorità, stabiliti secondo specifiche linee guida definite dal Csm, tratteggiati anche dalle proposte avanzate dalla commissione Lattanzi sul processo penale.

Al dirigente il compito di monitorare il sopraggiungere di ritardi da parte di uno o più magistrati dell’ufficio, allo scopo di accertarne tempestivamente le cause e di adottare ogni iniziativa idonea ad eliminarli, attraverso la predisposizione di piani mirati di smaltimento, anche con il coinvolgimento degli organi di prossimità dell’autogoverno (il Consiglio giudiziario o, nel caso i ritardi riguardino magistrati in servizio presso la Corte di cassazione, il relativo Consiglio direttivo); l’onere per il dirigente (sia dell’ufficio che della singola sezione) di monitorare costantemente l’andamento delle pendenze, con l’obbligo di intervenire per accertare le cause di eventuali crescite anomale (superiori al 10% rispetto all’anno precedente).

Nei consigli giudiziari potrebbe poi essere potenziato il ruolo dell’avvocatura, chiamata a partecipare, ma senza diritto di voto, alle valutazioni sulle progressioni carriera dei magistrati. Dovrebbero poi essere dimezzate, passando da 4 a 2, le possibilità di passare dalla funzione di pubblico ministero a quella di giudice e viceversa.

Sul tema tradizionalmente delicato della partecipazione delle toghe alle diverse declinazioni della competizione politica, dalla commissione ministeriale dovrebbero arrivare indicazioni un po’ meno rigide di quelle previste dal disegno di legge Bonafede che a un ritorno in magistratura di chi è stato eletto a una carica politica metteva un divieto assoluto. Ora, con incompatibilità territoriali, il ritorno all’esercizio della giurisidizione sarebbe possibile.

Sul sistema elettorale per il rinnovo del Consiglio superiore della magistratura, la scelta è quella di abbandonare ogni ipotesi di sorteggio perchè ritenuta, al netto di altre valutazioni, di difficile praticabilità costituzionale. Il disegno di legge Bonafede ammette la possibilità di un’estrazione a sorte quando non si raggiunge il numero di almeno 10 candidati in ciascuno dei 19 collegi previsti.

La commissione potrebbe invece preferire un sistema diverso con trasferibilità del voto singolo, eliminando le distorsioni del maggioritario, aumentando il potere dell’elettore e favorendo la qualità dei candidati a scapito dei giochi correntizi. Ci sarebbe la possibilità per ogni elettore di ordinare le proprie preferenze tra i diversi candidati del collegio, indipendetemente dall’adesione a un gruppo associativo; una volta superata la quota necessaria per l’elezione le preferenze espresse dall’elettore per seconde, terze e così via, sarebbero recuperate da un meccanismo di conteggio idoneo a non disperderle come invece avverrebbe nel maggioritario.

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