Urbanistica

Per intervenire su un'opera di cui non sia dimostrata la «legittima preesistenza» serve il titolo edilizio

Così il Tar Lazio nel giudizio su un risanamento di una pertinenza risalente: non si può eludere la necessità che la trasformazione sia assistita da un titolo valido

di Davide Madeddu

La sistemazione di un'opera, per cui non sia dimostrata la legittima preesistenza necessita di un valido titolo edilizio. Con questa motivazione il Tar del Lazio (Seconda Sezione Bis), con la sentenza n.8128/2022 ha respinto il ricorso di due coniugi che avevano impugnato un'ordinanza di demolizione emessa da Roma Capitale. La vicenda è presto spiegata ed è tutta legata alla sostituzione di una copertura di una struttura imbullonata a terra su una piattaforma in cemento. La vicenda inizia nel 2003 quando una coppia acquista una casa su due piani. Qualche anno più tardi compra anche un'altra porzione con due rampe d'accesso e unisce le due parti. I due proprietari in sede giudiziaria sostengono che già da prima dell'acquisto «e quantomeno sin dal 2001», nella pertinenza sarebbe stata presente una piattaforma di 47 metri quadrati per «facilitare il parcheggio delle autovetture, sulla quale risultava installata una struttura in ferro facilmente amovibile (imbullonata a terra) ricoperta da una tenda, al fine di riparare l'area e i mezzi ivi parcheggiati dagli agenti atmosferici, (come emergerebbe da una foto aerea reperita negli archivi della Sara Nistri dell'ottobre 2001)».

Recentemente, «al fine di evitare che l'acqua piovana defluisse, ammalorando le fondamenta dell'immobile principale adiacente all'area di parcheggio», i proprietari hanno proceduto alla bonifica delle sterpaglie e dei rovi antistanti e installato, al posto della tenda ormai logora, una nuova tettoia per autovetture poggiata sulla preesistente struttura rimovibile (imbullonata sul terreno)». Ossia un «risanamento di quanto preesistente all'acquisto (sia del 2013 che del 2003) e «nella mera sostituzione della vecchia copertura in tenda, con pannelli di copertura ondulati per autovetture, adagiati sui preesistenti pali metallici imbullonati a terra». A febbraio 2022 il provvedimento dirigenziale per la rimozione o demolizione delle opere. Quindi il ricorso al Tar.

Per i giudici il ricorso è infondato. «Il rifacimento di un'opera - si legge nella pronuncia - , ancorché risalente, della quale non sia dimostrata la legittima preesistenza non consente di eludere la necessità che la trasformazione del suolo sia assistita da un valido titolo edilizio». Per i magistrati, in questo senso, «non è riconducibile a edilizia libera la realizzazione di un plateatico in cemento con soprastante struttura di copertura in ferro, ancorché infisso al suolo con imbullonatura, a prescindere dalla modalità di copertura (in teloni o pannelli) con uso di parcheggio coperto, perché opera funzionalmente destinata ad uso non precario, né temporaneo, ma durevole, che implica trasformazione del suolo (strutturale e funzionale) e che come tale richiede permesso di costruire».

Per i giudici l'intervento, ristrutturazione edilizia «nella misura in cui realizza impianti ed elementi nuovi» è subordinato al regime del permesso di costruire «dal momento che comporta una modifica del prospetto del fabbricato cui inerisce ed essendo le sue dimensioni (60 mq) di entità tale da non potersi ritenere assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell'accessorietà, nell'edificio principale, al quale viceversa arrecano un'apprezzabile alterazione». Ricorso rigettato, spese a carico della parte soccombente.

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