Amministratori

Pnrr, per il Servizio sanitario nazionale focus su territorio e digitale

Si punta su oltre 1.400 Case di comunità e su un maggiore utilizzo della telemedicina. In futuro nuove collaborazioni pubblico-privato

di Chiara Bussi

Il monito è arrivato forte e chiaro direttamente dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Occorre operare - ha detto nel discorso di fine anno - affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive».

Nato 45 anni fa, oggi il Ssn è al centro di una nuova e profonda trasformazione sulla spinta del Pnrr. Se la dote da 20,2 miliardi di euro da utilizzare entro il 2026 per «l’ammodernamento in chiave inclusiva e sostenibile» verrà correttamente investita, la sanità di un futuro non troppo lontano porterà con sé con un nuovo modello di collaborazione pubblico-privato, una dimensione più territoriale e la svolta digitale. Una boccata d’ossigeno per un Paese che secondo l’ultimo “Health at a glance” dell’Ocse è solo al 13esimo posto per la spesa pubblica destinata alla sanità con meno di 3mila euro pro capite all’anno contro i 4.800 della Germania e i 3.159 in media nella Ue. E una serie di nodi da sciogliere (dalle liste d’attesa alle disparità territoriali) che la pandemia ha messo in luce. «Ruoli e modelli della sanità italiana – sottolinea Guido Borsani, Government & Public Services Industry Leader di Deloitte Italia - sono rimasti sostanzialmente inalterati per decenni. Oggi stanno emergendo rapidamente nuovi attori con un’offerta che colma alcuni spazi o ne crea di nuovi. Il futuro sarà quindi un mosaico pubblico-privato ancora in definizione, con una pluralità di provider e attori con i quali il Ssn sarà chiamato a collaborare, tendendo a una complementarità che sarà sempre più importante per dare concreta realizzazione ai principi cardine sui quali è stato fondato».

Il fulcro del nuovo modello di assistenza territoriale extraospedaliera tratteggiato dal Dm 77/2022 prevede la nascita di 1.430 Case di comunità. Qui i cittadini potranno trovare le prime cure gratuite evitando di affollare pronto soccorso e ospedali. Sono previste due tipologie: le Case di comunità hub, (una ogni 40-50mila abitanti) dove si potrà trovare un’assistenza medica 24 ore su 24 ogni giorno della settimana con un’équipe multidisciplinare e quelle “spoke” (studi dei medici di famiglia collegati in rete e aperti 12 ore al giorno sette giorni su sette). Un ruolo cruciale sarà assegnato agli infermieri (da 7 a 11 per ogni struttura). Ne serviranno almeno 30mila in più per evitare che queste iniziative diventino delle scatole vuote. Entro il 2026 si punta anche a potenziare l’assistenza domiciliare per raggiungere il 10% degli over 65.

Un ruolo di primo piano verrà inoltre affidato al digitale. Secondo l’ultimo Outlook Salute Italia, che Deloitte diffonde con cadenza biennale, un italiano su due dichiara di aver ricevuto nell’ultimo anno un referto medico via email o portali, prenotato una prestazione online e comunicato con il proprio medico tramite app o chat. Il 18%, inoltre, utilizza la telemedicina contro l’8% del periodo pre-Covid. «La grande spinta al digitale imposta dalla pandemia - spiega Borsani - ci ha lasciato in eredità la remotizzazione e la personalizzazione dei servizi sanitari. Attraverso la digitalizzazione sempre più sofisticata e pervasiva di questi servizi, l’assistenza, e progressivamente anche la diagnosi e la cura, arriveranno verso di noi e non viceversa. I dati consentiranno un’offerta sempre più personalizzata».

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