Urbanistica

Immobiliare/2. Il «patrimonio statale disponibile» vale solo due miliardi. Gentiloni: «Strada giusta è valorizzare»

di Gianni Trovati

Il «patrimonio disponibile» gestito dal Demanio, cioè il mattone di Stato che si potrebbe mettere sul mercato perché non ha un utilizzo «strategico», vale due miliardi di euro, distribuiti fra 15.160 immobili da 130mila euro medi.

Arriva da questi numeri modesti, illustrati ieri dall’agenzia del Demanio nella presentazione annuale dei suoi risultati, la gelata sulle ambiziose idee elettorali che dal centro-destra (lotti da 25 miliardi) al Pd (cuscinetto fino a 70 miliardi, quattro punti di Pil) guardano agli immobili, oltre che alle azioni, per cure taglia-debito più o meno drastiche. Le cifre reali dicono che dal mattone possono arrivare poche soddisfazioni, mentre le promesse (e i risultati) maggiori vengono dalle valorizzazioni, che aiutano gli investimenti, riducono la spesa corrente ma non tagliano il debito. A Palazzo Chigi se ne dovrebbero accorgersene presto per esperienza diretta, perché sta per partire un progetto da 300mila euro per cambiare serramenti, impianti e illuminazioni con l’obiettivo di far risparmiare 50mila euro all’anno (il 15% dei costi totali) su elettricità e riscaldamento.

Ma lo stesso premier Paolo Gentiloni si mostra già convinto dell’idea: «Il Demanio non è un’agenzia immobiliare - ha spiegato dopo aver ascoltato il direttore Roberto Reggi illustrare l’attività 2017 dell’Agenzia -; singole cessioni sono possibili, ma la valorizzazione è il modo migliore per aiutare i conti pubblici in modo strutturale». Dal mattone alle pensioni, del resto, quello di Gentiloni è un attacco a tutto campo all’idea pre-elettorale che la prossima sia «una stagione dei miracoli. Deve essere invece la seconda stagione delle riforme», articolata sui due pilastri del lavoro, che «deve essere l’ossessione quotidiana di chi è chiamato a prendere decisioni», e del debito pubblico, «che va ridotto in modo progressivo e sostenibile perché è un tappo sul nostro sviluppo». Alla base dei molti progetti di alienazioni a raffica c’è invece stata secondo il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta «un’illusione ottica», che ha prodotto strategie «in contraddizione con la ricchezza civica del patrimonio pubblico».

L’effetto combinato dell’accoppiata dismissioni-valorizzazioni è nel confronto fra le due cifre chiave presentate ieri al Demanio: fra 2014 e 2017 la consistenza complessiva del mattone pubblico è sì diminuita di 3.883 immobili (ora sono 43.185), ma il suo valore è cresciuto del 4,5% (ora è a 60,45 miliardi). A farlo aumentare sono gli investimenti nella manutenzione e valorizzazione che, quasi assenti fino al 2014, hanno toccato l’anno scorso i 3,23 miliardi: 1,51 miliardi su efficientamento energetico, messa in sicurezza antisismica, edilizia pubblica e periferie, gli altri 1,72 per interventi su razionalizzazioni e «federal building», le «cittadelle della Pa» che riuniscono uffici pubblici prima sparsi in varie sedi. Quelle in via di completamento o di progettazione sono 38, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, e secondo Reggi «permetteranno di chiudere affitti con privati con un taglio di spesa già realizzato da 77 milioni, e risparmi da oltre 200 milioni all’anno dal 2022».

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