Urbanistica

Bonifiche, la Pa non può imporre il ripristino definitivo al proprietario non colpevole dell'inquinamento

Il Consiglio di Stato torna sull'applicazione del principio «chi inquina paga»

di Giuseppe Cassano

L'Amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia anche l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e bonifica in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole sono limitati a quanto espressamente previsto in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare. Si opera, così, una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell'inquinamento e quella del proprietario del sito che non abbia causato, o concorso a causare, la

Con la sentenza n. 4445/2022, il Consiglio di Stato, adito per la riforma della sentenza del Tar Puglia, Lecce, sez. I, n. 1709/2015 resa in materia di inquinamento ambientale, fa applicazione (tra l'altro) del principio "chi inquina paga". Trattasi di un principio di matrice comunitaria (ripreso dalla normativa nazionale all'art. 3-ter D.Lgs. n. 152/2006 - Codice dell'Ambiente) giacché l'art. 191, par. 2, Tfue prevede espressamente che la politica dell'Unione in materia ambientale «mira a un elevato livello di tutela» e si fonda tra l'altro «sul principio "chi inquina paga"» (oltre che sui principi di precauzione, azione preventiva, correzione prioritaria dei danni alla fonte).

Alla luce di tale quadro normativo di riferimento si è affermato come i principi di correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente, e del "chi inquina paga", cristallizzano regole di imputazione, con riferimento alla produzione di danni all'ambiente, ponendo canoni di diligenza in capo agli operatori nell'esplicazione delle loro attività, configurando la responsabilità patrimoniale e personale a carico dei trasgressori in caso di violazione, e ponendo oneri di attivazione immediata in capo ai soggetti che hanno prodotto il danno (Cass. pen., sez. III, 14 febbraio 2020, n. 5912; Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2020, n. 1997).

E cioè a dire, per poter ascrivere a carico di un soggetto l'obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati è necessario che sussista - e sia provato dalla Pa attraverso l'esperimento di un'adeguata e puntuale istruttoria - un nesso di causalità fra l'azione (o l'omissione) del privato ed il fenomeno di abbandono in contestazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile, meramente in ragione di tale qualità.

Nel sistema delineato dal Codice dell'Ambiente la Pa non può dunque imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità, né diretta, né indiretta, sull'origine del contestato fenomeno di inquinamento, ma che vengano individuati solo quali proprietari o gestori o addirittura in ragione della mera collocazione geografica del bene, l'obbligo di bonifica, di rimozione e smaltimento di rifiuti e, in generale, della riduzione al pristino stato dei luoghi che è posto dal legislatore unicamente in capo al responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare.

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