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Caccia, incostituzionale la legge regionale del Veneto che allenta i limiti all’attività venatoria

di Mauro Calabrese

Numerosi profili di incostituzionalità sono stati rilevati dalla Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio contro la nuova legge della Regione Veneto in materia di caccia, laddove la legge allenta i limiti all’esercizio dell’attività venatoria imposti dalla normativa statale, anche riguardo alla tutela delle specie protette e le specie migratorie, violando le norme statali di tutela ambientale, rispetto alle quali le Regioni possono solo aumentare i livelli stabiliti con legge nazionale.

Corte Costituzionale
Così ha ribadito la Corte Costituzionale, con la sentenza 13 luglio 2017, n. 174, dichiarando l’illegittimità, di numerose norme della legge della Regione Veneto 27 giugno 2016, n. 18, recante «Disposizioni di riordino e semplificazione normativa in materia di politiche economiche, del turismo, della cultura, del lavoro, dell’agricoltura, della pesca, della caccia e dello sport».

Criteri di salvaguardia dell’ambiente
I Giudici della Consulta, in via preliminare, hanno richiamato la propria costante giurisprudenza in materia di caccia, rilevando come questa rientri nella competenza legislativa residuale delle Regioni, nel rispetto dei principi e criteri di salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema fissati dalla Legge statale n. 157 del 1992, «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», che hanno stabilito il punto di equilibrio tra «il primario obiettivo dell’adeguata salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale» e «l’interesse all’esercizio dell’attività venatoria».

Fauna migratoria
Premesso che l’articolo 12, c. 5 della legge n. 157 del 1992 dispone che la caccia può essere praticata in via esclusiva in una delle forme previste dalla disposizione stessa, al fine di preservare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, la Corte ha dichiarato fondata la questione di legittimità contro l’articolo 65 della legge regionale che consente l’attività venatoria, anche contro la fauna migratoria, in ogni ambito territoriale di caccia, senza vincolo di territorio e senza preventiva autorizzazione, laddove la normativa statale mira proprio a circoscrivere gli ambiti, per consentire adeguato monitoraggio e una gestione delle risorse faunistiche oltre alla conoscenza di quanti soggetti effettivamente esercitano attività venatoria.

Cani da caccia
Illegittimo è risultato, inoltre, l’articolo 66 della legge impugnata, laddove prevede che le Province istituiscono zone destinate all’allenamento e all’addestramento dei cani da caccia attive per tutto l’anno, anche con l’impiego di fauna selvatica naturale o con l’abbattimento di fauna d’allevamento appartenente alle specie cacciabili, in violazione delle norme della legge 157/1992, che prevedono periodi limitati destinati al prelievo venatorio, fissando un principio di tutela ambientale, anche in attuazione dell’articolo 7 della Direttiva 2009/147/CE, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici, così da garantire «un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici», come quello dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), attraverso l’indicazione del periodo utile all’addestramento dei cani da caccia.

Caccia in barca
La Corte, inoltre, rilevando che la legge statale stabilisce che ogni atto diretto all’abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l’impiego di mezzi costituisca esercizio venatorio, ha ritenuto illegittimo l’articolo 69 della legge veneta, che consente il recupero della fauna abbattuta tramite l’utilizzo di un natante, anche con l’ausilio dei cani e del fucile, in contrasto con lo standard di tutela fissato dall’articolo 21, comma 1, lettera i), della Legge n. 157 del 1992, che stabilisce un livello uniforme di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema vietando espressamente la caccia con l’ausilio di barche o natanti.

Abbattimento dei Cormorani
Proseguendo, la sentenza rileva la fondatezza della questione di costituzionalità anche dell’articolo 71 della legge regionale 18/2016, in tema di misure per il contenimento del cormorano (Phalacrocorax carbo), laddove autorizza l’abbattimento di una specie protetta con una «legge-provvedimento» regionale, anziché con atto amministrativo come previsto dalla norma statale al fine di «garantire una uniforme e adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale» e dall’articolo 9 della Direttiva 2009/147/CE, che  prevede che le deroghe alla stessa devono menzionare «le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate», in questo modo frustrando la facoltà di annullamento degli atti amministrativi regionali riservata al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Soggetti abilitati ad attuare i piani di contenimento e abbattimento specie protette
Lo stesso articolo 71 della legge del Veneto, in ultimo, appare alla Corte illegittimo, laddove modifica e amplia l’elenco dei soggetti abilitati ad attuare i piani di contenimento e abbattimento delle specie protette, elenco invece previsto tassativamente dall’articolo 19, comma 2, della Legge n. 157 del 1992, non potendo, quindi, il legislatore regionale in alcun modo ridurre «il livello minimo e uniforme di tutela dell’ambiente» stabilito con norme statali, in reiterata violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost.

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