Appalti

Gare, fino all'aggiudicazione valgono i requisiti dichiarati con il Dgue: stop alle verifiche

di Roberto Mangani

Ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti generali e speciali da parte dei concorrenti in sede di domanda di partecipazione o di offerta vale unicamente quanto gli stessi hanno autodichiarato attraverso il Dgue (Documento di gara unico europeo). Di conseguenza l'ente appaltante non è legittimato ad operare alcun tipo di verifica in merito alle dichiarazioni contenute nel Dgue al fine di accertare la veridicità delle stesse.
Ne consegue che nella fase della procedura in cui i concorrenti presentano le loro candidature o le loro offerte il Dgue ha valore autocertificativo in termini assoluti, mentre la verifica in merito all'effettivo possesso dei requisiti oggetto di autodichiarazione può essere effettua solo in un momento successivo dell'iter procedurale.
Con queste affermazioni il Consiglio di Stato, Sez. V, 5 giugno 2107, n. 2675 ribadisce la funzione fondamentale del Dgue nel nuovo sistema di dimostrazione e verifica dei requisiti delineato dal D.lgs. 50/2016, che in realtà contiene ancora delle zone d'ombra non compiutamente definite.

Il caso
L'Azienda regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (Arpas) aveva bandito una gara per l'affidamento del servizio di manutenzione globale degli strumenti in dotazione dei propri laboratori e dipartimenti.
A seguito dello svolgimento della relativa procedura uno dei concorrenti contestava il possesso dei prescritti requisiti speciali in capo a un altro partecipante alla gara. In particolare, quest'ultimo – in sede di offerta – aveva dichiarato di essere in possesso del requisito speciale consistente nell'avere svolto nell'ultimo triennio servizi di manutenzione globale – come tali analoghi a quelli oggetto della procedura di affidamento - per l'importo minimo richiesto.
Questa autodichiarazione veniva contestata dal ricorrente, ritenendo che la stessa non corrispondesse al vero.
Il giudice amministrativo di primo grado ha accolto il ricorso, sulla base della considerazione che la quasi totalità dei servizi che il concorrente aveva fatto oggetto di autodichiarazione riguardavano delle semplici manutenzioni ordinarie di servizi di laboratorio e non "manutenzioni globali", nei termini indicati nel bando di gara. L'unico servizio che era stato qualificato nei termini anzidetti e che poteva quindi considerarsi analogo a quello oggetto di affidamento era tuttavia di importo inferiore alla soglia minima richiesta. Di conseguenza, il concorrente non risultava in possesso dello specifico requisito richiesto ai fini della dimostrazione della sua capacità tecnica ed andava quindi escluso dalla gara.


La posizione del Consiglio di Stato
La decisione del giudice amministrativo di primo grado è stata totalmente ribaltata dal Consiglio di Stato.

Nella pronuncia in commento viene infatti affermato – riprendendo peraltro quanto espressamente indicato nelle clausole del bando di gara - che le dichiarazioni contenute nel Dgue hanno valore autocertificativo in merito al possesso dei relativi requisiti richiesti ai concorrenti. E tale valore, con specifico riferimento ai requisiti speciali e in particolare ai così detti servizi analoghi, ha carattere assoluto sia in relazione al dato quantitativo (importo del requisito) che a quello qualitativo (carattere analogo del servizio svolto rispetto a quello oggetto di affidamento).

Questo valore autocertificativo assoluto comporta che la verifica da parte della stazione appaltante in ordine alla veridicità di quanto oggetto di autodichiarazione non può che essere rinviata a una fase successiva della procedura di gara. È solo in tale fase successiva – normalmente collocata a valle della proposta di aggiudicazione – che l'ente appaltante è titolato a richiedere al concorrente individuato come aggiudicatario tutti i documenti e i certificati necessari a dimostrare l'effettivo possesso dei requisiti autodichiarati in sede di offerta.

Secondo il Consiglio di Stato questa conclusione appare pienamente conforme a quanto previsto nell'attuale sistema normativo e in particolare alla disposizione contenuta all'articolo 85, comma 1 del D.lgs. 50. Quest'ultima stabilisce infatti che al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte le stazioni appaltanti accettano il Dgue, consistente in un'autodichiarazione che costituisce prova documentale preliminare che sostituisce i certificati rilasciati dalle pubbliche autorità in merito al possesso da parte del concorrente dei requisiti generali e speciali richiesti per la partecipazione alla gara. L'obbligo di accettazione di questo documento comporta quindi, secondo il Consiglio di Stato, che nella fase indicata è preclusa alla stazione appaltante la possibilità di richiedere documenti o certificati comprovanti i suddetti requisiti.
La prova in ordine all'effettivo possesso dei requisiti autodichiarati deve quindi essere necessariamente posticipata a un momento successivo della procedura di gara; in caso contrario, si determinerebbe una sorta di "amputazione" del procedimento, in quanto verrebbe anticipato ad un momento non adeguato un segmento dello stesso, che invece deve trovare la sua naturale collocazione in una fase successiva. Ciò anche al fine di evitare che – in caso di dubbi o contestazioni - un'eventuale provvedimento di esclusione si fondi non su un'adeguata attività di verifica documentale volta ad accertare se il concorrente è o meno effettivamente in possesso dei prescritti requisiti, bensì unicamente su quanto dichiarato dal concorrente.

Sotto quest'ultimo profilo il Consiglio di Stato conclude che un eventuale provvedimento di esclusione nella fase di presentazione delle domande di partecipazione o dell'offerta può essere adottato solo nell'ipotesi in cui l'autodichiarazione contenuta nel DGUE evidenzi di per sè – quasi in termini "confessori" – la mancanza dei requisiti (ipotesi a dire il vero difficilmente configurabile nella realtà); ma non nella diversa ipotesi in cui per accertare tale mancanza è necessaria un'adeguata attività di verifica, che l'ordinamento normativo posticipa a una fase successiva della procedura di gara.

Applicando l'insieme dei principi affermati al caso di specie, il giudice amministrativo di secondo grado conclude nel senso che relativamente al requisito relativo ai servizi analoghi occorre attenersi unicamente a quanto autodichiarato dal concorrente che attesta il possesso dello stesso, posto che le contestazioni sollevate dal ricorrente implicano una verifica di merito che, come detto, non può essere operata in questa fase del procedimento.

Il valore del Dgue
La pronuncia del Consiglio di Stato attribuisce dunque un ruolo centrale e dirimente al Dgue ai fini dell'accertamento dei requisiti di partecipazione dei concorrenti nella fase di presentazione della domanda di partecipazione alla gara o dell'offerta.
A sostegno di questa conclusione il riferimento normativo fondamentale è – come visto – quello contenuto all'articolo 85, comma 1 del D.lgs. 50/2016. Appare tuttavia necessario che tale norma sia letta in coordinamento con altre previsioni del D.lgs 50, al fine di avere un quadro sistematico esaustivo delle modalità con cui i requisiti di partecipazione alla gara vengono in rilievo durante l'intero iter procedurale.
In questa logica, occorre in primo luogo tenere in considerazione la disposizione contenuta al comma 5 del medesimo articolo 81, secondo cui la stazione appaltante richiede al soggetto indicato come aggiudicatario la documentazione comprovante il possesso dei requisiti oggetto di autodichiarazione prima di procedere all'aggiudicazione dell'appalto.

Le altre previsioni che vengono in rilievo sono quelle contenute all'articolo 32, che delinea le fasi in cui si articola il complesso iter delle procedure di affidamento. In particolare, occorre considerare le seguenti disposizioni:
-la stazione appaltante, previa approvazione dell'organo competente a deliberare secondo il proprio ordinamento interno, provvede all'aggiudicazione (comma 5),
-l'aggiudicazione non equivale ad accettazione dell'offerta, non facendo quindi sorgere alcun vincolo contrattuale tra stazione appaltante e aggiudicatario (comma 6);
-l'aggiudicazione tuttavia non è ancora efficace, divenendo tale solo dopo la verifica dei requisiti in capo all'aggiudicatario (comma 7);
-una volta divenuta efficace l'aggiudicazione, si procede alla stipula del contratto (comma 8).

L'insieme delle norme indicate sconta in realtà un difetto di coordinamento. Infatti, mentre il comma 5 dell'articolo 85 prevede che la verifica dei requisiti intervenga prima dell'aggiudicazione, il comma 7 dell'articolo 32 colloca tale verifica in un momento successivo alla stessa, giacché prevede che essa sia operata una volta intervenuta l'aggiudicazione ai fini di rendere efficace la stessa.
Questo difetto di coordinamento è ragionevolmente superabile con uno sforzo interpretativo volto a leggere la previsione del comma 5 dell'articolo 81 alla luce di quella contenuta al comma 7 dell'articolo 32, e quindi ritenendo che la verifica dei requisiti in capo all'aggiudicatario possa essere operata anche successivamente all'aggiudicazione al fine di rendere efficace la stessa.

Al di là dell'indicata criticità, ciò che emerge è la conferma che la verifica dei requisiti attiene a un momento successivo alla presentazione dell'offerta; di conseguenza, trova riscontro l'affermazione contenuta nella pronuncia in commento secondo cui in tale momento rileva unicamente, ai fini dell'accertamento dei requisiti in capo ai concorrenti, quanto dagli stessi autodichiarato attraverso la compilazione del Dgue.

Qualche riserva può invece essere sollevata in merito al carattere assoluto che la medesima pronuncia attribuisce al Dgue, con la conseguente preclusione per la stazione appaltante di operare qualunque tipo di accertamento documentale in sede di offerta (o di domanda di partecipazione). A mettere in dubbio la correttezza di questo assunto è la previsione anch'essa contenuta al comma 5 dell'articolo 81, secondo cui la stazione appaltante può comunque chiedere agli offerenti e ai candidati in qualsiasi momento della procedura di presentare la documentazione a comprova di quanto autodichiarato, qualora ciò sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura medesima. Previsione che sembra quindi attenuare la preclusione ad operare accertamenti documentali in fase di offerta o di domanda di partecipazione, cui non può quindi attribuirsi un valore assoluto, potendo tale preclusione essere superata qualora ciò sia necessario per il corretto svolgimento della procedura di gara.

La sentenza del Consiglio di Stato

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