Appalti

Anac: sfoltire 32mila centri di spesa, stop appalti se la Pa non è digitale

Pressing Ue: riforma abilitante Pnrr. La prima relazione individua 12.329 stazioni appaltanti. I criteri nella linee guida. Busia: cooperazione pubblico-privato, via limiti alle centrali

di Giorgio Santilli

Il pressing di Bruxelles sul governo è continuo e mette la qualificazione e la riduzione delle stazioni appaltanti fra gli obiettivi assoluti del Pnrr. È una riforma abilitante, per la commissione Ue, e anche lo spezzone più importante della riforma del codice degli appalti insieme alla digitalizzazione del sistema. Come ha ricordato ieri il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Giuseppe Busia, nella sua Relazione annuale al Parlamento, «è stata la stessa commissione europea a chiedere che Anac avesse un ruolo centrale» nel Pnrr, «soprattutto in merito alla digitalizzazione dei contratti pubblici e alla qualificazione delle stazioni appaltanti». Il protocollo firmato fra Busia e il premier Mario Draghi il 17 dicembre 2021 proprio per dare attuazione al nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti è stato espressamente richiesto da Bruxelles come condizione per dare il via libera alla rata di finanziamenti del dicembre 2021. E ancora con la missione di fine marzo a Roma e poi più recentemente la commissione ha chiesto a Palazzo Chigi rigore sul punto, facendo chiaramente capire che questa volta sulla riduzione delle stazioni appaltanti non potrà finire con un nulla di fatto, come successo negli ultimi trenta anni (dalla legge Merloni in poi).

L'Anac è già al lavoro. Lo schema di linee guida messe a punto dall'Autorità (la versione definitiva deve arrivare entro il 30 settembre) si muove su un doppio registro. Da un lato Anac individua già «criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione» su cui si centrerà la futura qualificazione, articolata su tre livelli in base all'importo contrattuale, sulla tradizionale separazione fra lavori e servizi/forniture, su due possibili ambiti di attività (progettazione di gara/affidamento ed esecuzione contrattuale). La griglia dei requisiti è già avanzata. Il punto 1.3 dispone per esempio che «le stazioni appaltanti e le centrali di committenza per essere qualificate devono necessariamente essere iscritte all'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (Ausa), essere dotate di personalità giuridca e avere la disponibilità di piattaforme telematiche nella gestione della procedura di gara». Niente gestione digitale, niente appalto.Fra i requisiti della qualificazione proposti da Anac prevale «il numero di gare svolte per i vari livelli di qualificazione nel quinquennio» (40 punti su 100), la «presenza nella struttura organizzativa di dipendenti aventi specifiche competenze» (20 punti) e un «sistema di formazione e aggiornamento del personale» (20 punti). Dall'altro lato, l'Anac tenta la strada di una cooperazione istituzionale con Regioni ed enti locali (che in passato si sono opposti al sistema di qualificazione) «con l'intento di accompagnare la riforma che sarà completata con i decreti delegati, attraverso un percorso condiviso».

Parte con la «completa e tempestiva» comunicazione di dati in una fase iniziale di monitoraggio, si spinge all'iscrizione delle amministrazioni all'anagrafe dell'Anac, punta alla partecipazione alla fase di confronto e di test del sistema ancora in costruzione, per poi affermare chiaramente l'obiettivo «di ridurre l'attuale numero di stazioni appaltanti, inducendo le amministrazioni a valutare strategie di concentrazione dell'attività di committenza all'interno di un'unica articolazione professionalmente adeguata». Sono le parole che usa la prima relazione sullo stato di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza che deve essere presentata entro il 30 giugno, integrata anche con l'elaborazione dei primi dati raccolti dalle amministrazioni. Ieri Busia ha aggiunto che il nuovo sistema consentirà di «valorizzare al meglio le forme di cooperazione fra pubblico e privato». Il punto di partenza è sintetizzato nella fotografia che la relazione ha assunto, non senza una qualche sorpresa nei numeri.

A fronte delle 39mila stazioni appaltanti e dei 100mila centri di spesa iscritti all'anagrafe dell'Anac, vengono individuate 14.407 stazioni appaltanti di cui solo 12.329 coincidenti con «amministrazioni aggiudicatrici» che saranno le sole sottoposte alla disciplina sulla qualificazione (sono amministrazioni pubbliche in senso stretto, lasciando fuori enti e altri soggetti appaltanti di diversa natura). A queste corrispondono 32.158 centri di spesa di cui oltre la metà (17.532) fanno capo ai comuni.Questi numeri saranno aggiornati, anche con le risposte e le osservazioni fornite agli schemi dell'Anac, ma sarà in questa fascia che colpirà la riforma. Come ha spiegato ieri Busia, si cercherà di farlo in prima battuta, favorendo la creazione di «una rete di centrali di committenza» cui le amministrazioni aggiudicatrici potranno aderire. Il primo punto della futura riforma legislativa il presidente dell'Anac lo ha però già esplicitato: per consentire lo sviluppo e la specializzazione delle centrali di committenza, occorre eliminare «l'anacronistico vincolo territoriale».

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