Urbanistica

Nuova costruzione, legittimo il diniego del permesso di costruire sulle aree bianche

Il Consiglio di Stato richiama al rispetto integrale e inderogabile dell'articolo 9 del testo unico edilizia

di Massimo Frontera

Un'area bianca - inspiegabilmente incastonata in un ambito di completamento B1 (la cui attuazione è demandata a piani particolareggiati) nel territorio del comune laziale di Cassino - è stata al centro di una controversia promossa dai proprietari, ai quali è stato negato il permesso di realizzare una nuova costruzione destinata a residenze e locali commerciali. La complessa vicenda, che ha dato luogo negli anni a varie pronunce di Tar e Consiglio di Stato, ha il suo elemento centrale nella classificazione urbanistica della porzione di territorio oggetto dell'istanza di permesso di costruire. L'area risultava per due terzi "bianca", cioè senza destinazione urbanistica, e per un terzo interessata da viabilità pubblica in realtà mai realizzata.

Sulla base di queste premesse il comune ha negato il titolo edilizio. Il diniego è stato impugnato al Tar Lazio, il quale ha respinto il ricorso (sentenza n.613/2016), accogliendo tuttavia una censura relativa all'area di maggiore superficie. Relativamente a questa porzione di terreno, i giudici della sezione di Latina hanno ritenuto «fondato il rilievo dei ricorrenti secondo cui la previsione di piano che subordina l'edificazione alla preventiva approvazione di strumento attuativo non può validamente giustificare il diniego allorché risulti un adeguato livello di urbanizzazione primaria e secondaria e una pressoché completa edificazione». I giudici hanno concluso affermando che «a fronte degli apporti procedimentali il comune si sarebbe dovuto far carico della problematica relativa alla possibilità di derogare alla previsione del piano attuativo costituendo ciò una sua facoltà». Come si diceva, il Tar ha tuttavia respinto la censura - e di conseguenza il ricorso - relativamente al rimanente terzo dell'area, non condividendo la tesi dei ricorrenti secondo cui «la decadenza del vincolo di preordinazione a esproprio di una porzione del lotto avrebbe assoggettato quest'ultimo alla normativa di piano prevista per l'area circostante (cioè ai parametri urbanistici della zona B1)».

Anche in appello, il Consiglio di Stato (pronuncia n.1322/2023) ha respinto gli argomenti dei proprietari dell'area, confermando la correttezza dell'operato dell'ente locale. Palazzo Spada si concentra sulla situazione dell'area di minore dimensione, relativamente alla quale era ormai decaduto un vincolo di esproprio posto in precedenza dall'amministrazione per una strada mai realizzata. Secondo il proprietario, tale situazione avrebbe riportato l'area a una situazione di fatto antecedente all'apposizione del vincolo con «la necessaria riespansione delle ordinarie facoltà dominicali di utilizzazione del bene da parte del proprietario e del diritto al rilascio del p.d.c. secondo i generali criteri dettati dalle leggi urbanistiche, come se il vincolo non fosse mai esistito». Inoltre, «il notevole lasso di tempo comporterebbe, altresì, la cessazione del suo assoggettamento al regime delle zone bianche, con il conseguente passaggio dal regime di transitorietà alla disciplina ordinaria».

A queste tesi Palazzo Spada oppone la disciplina delle aree bianche - contenuta nell'articolo 9 del testo unico edilizia - che non consente nuove costruzioni in assenza di pianificazione, ma solo interventi di tipo conservativo. I giudici della IV Sezione del Consiglio di Stato sottolineano il carattere di inderogabilità della norma, anche alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n.84/2017, la quale ha affermato «come la disciplina recata dall'art. 9 citato rientri all'interno del novero dei principi fondamentali della materia governo del territorio, e non anche in quello delle norme di dettaglio». «Una conclusione, quest'ultima - affermano i giudici - sostenuta da unanime giurisprudenza amministrativa e che trova la propria ragion d'essere nel fatto che la tutela del suolo nazionale rientra, a sua volta, in un quadro di protezione di valori di chiaro rilievo costituzionale, al punto che disposizioni come quelle in esame vengono identificate come disposizioni volte a "salvaguardare la funzione di pianificazione urbanistica"».

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