Appalti

Ecco come cambiano le regole degli appalti: salgono a 31 i criteri per il nuovo codice

Dopo il sì della Camera il testo ormai definitivo della legge delega va al Senato per una rapida ratifica. Dal Parlamento una fitta griglia di paletti per la stesura dei decreti legislativi

di Giorgio Santilli

La Camera ha approvato ieri la legge delega per la riforma degli appalti. È il testo definitivo. Il provvedimento - che deve tornare al Senato per una ratifica rapida e senza ulteriori correzioni - definisce una griglia di 31 criteri di delega che il governo dovrà rispettare nella stesura del nuovo codice. Da questa mappa è già possibile intravvedere il quadro legislativo che regolerà il settore delle forniture, dei servizi e dei lavori della pubblica amministrazione. Fra i paletti più significativi che il Senato prima e la Camera poi hanno voluto piantare sulla riforma c'è anzitutto quello delle maggiori tutele delle micro, piccole e medie imprese ai fini della partecipazione al sistema degli appalti. È un baco del sistema italiano, la scarsa partecipazione delle Pmi e qui si cerca di risolverlo obbligando le Pa a fare una fisiologica suddivisione in lotti, con un obbligo di motivazione in caso di accorpamenti non fisiologici. Inoltre, si prevede la possibilità di inserire nei bandi criteri premiali per favorire aggregazioni tra Pmi. Difficile dire se basterà.

Un secondo aspetto molto rilevante è il ritorno della revisione prezzi, cancellata dal sistema italiano degli appalti con la prima legge Merloni del 1994. La spinta è venuta certamente dalla contingenza drammatica dei rialzi dei prezzi delle materie prime, ma la norma del codice varrà invece per le situazioni ordinarie del dopo-emergenza. La clausola di revisione prezzi dovrà essere inserita obbligatoriamente nei bandi, è la regola che suggerisce il Parlamento al governo.Il terzo aspetto – probabilmente il più rilevante dell'intera legge – è l'espressione di una chiara e determinata volontà politica perché si avvii ciò che viene rinviato da almeno due decenni: la riduzione del numero delle stazioni appaltanti e il rafforzamento della qualificazione che già era previsto dal codice del 2016 e non è mai decollato. Contemporaneamente si rafforza il ruolo delle centrali di committenza. Maliziosamente si potrebbe interpretare l'inserimento nel diciassettesimo e ultimo emendamento approvato dalla commissione Ambiente della Camera - che prevede il parere della Conferenza unificata allo schema di decreto legislativo del governo - come un freno a soluzioni non gradite alle amministrazioni regionali e locali.

Ma stavolta il processo non sembra destinato a fermarsi.Un quarto nodo che sembra avviato a essere sciolto, con una pacificazione che segue una guerra durata almeno tre anni, riguarda il ruolo dell'Autorità nazionale anticorruzione. L'emendamento Pd che cerca un nuovo equilibrio per l'Anac, dopo il ridimensionamento della soft law e delle linee guida, prevede una «revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti». Quinto segnale politico forte – ma qui bisognerà capire se il codice lo recepirà e in che misura – è il freno all'appalto integrato che consente alla stazione appaltante di affidare allo stesso appaltatore la stesura del progetto e la realizzazione dei lavori. Al Parlamento non è mai piaciuto. La norma approvata vorrebbe segnare la fine dell'ondata che ha imperversato nelle opere infrastrutturali del Pnrr. Ma lì l'urgenza era effettiva.

Il nuovo equilibrio fra spinta e freno andrà trovata nel testo del codice.La Camera - come ha ricordato la relatrice Pd Chiara Braga - ha voluto soprattutto rafforzare la clausola sociale per tutelare l'occupazione in caso di trasferimento di appalti o concessioni da un soggetto a un altro.In generale la direzione della nuova legislazione degli appalti è la semplificazione, la riduzione dei livelli di progettazione, il superamento del gold plating, con un maggiore allineamento alle direttive Ue. Soprattutto è il tempo dettato dal Pnrr che potrebbe innescare il definitivo ciclo virtuoso: 30 giugno 2022 l'approvazione della legge delega, 31 marzo 2023 l'approvazione del codice, 30 giugno 2023 approvazione del regolamento e degli altri provvedimenti attuativi. Questa nettezza dei tempi può essere la chiave, se è vero che il codice del 2016 è stato bloccato e distrutto soprattutto dalle centinaia di modifiche apportate in corso d'opera e dai ritardi gravissimi nell'attuazione. Ha fatto discutere e farà discutere la decisione del governo – nella legge è solo un'opzione – di affidare la stesura dello schema del nuovo codice appalti al Consiglio di Stato. Non vengono meno certamente i poteri del governo che è l'unico legittimato a esercitare la delega. Ma il percorso, in questo campo, è inedito.


Il testo definitivo
Legge delega con 29 paletti - Nuovo codice entro marzo 2023
L'approvazione della legge delega alla Camera blinda il testo del provvedimento, che ora attende solo l'ultima ratifica, formale e veloce, del Senato. Questo consentirà di rispettare i tempi previsti dal Pnrr per l'approvazione della legge delega: 30 giugno 2022. Il Pnrr detta altre due scadenze sulla riforma degli appalti, che viene considerato dalla Ue una riforma abilitante. La prima scadenza è quella per l'approvazione del nuovo codice degli appalti, quindi in sostanza l'attuazione della delega. Il termine è fissato al 31 marzo 2023. Ultimo target del Piano nazionale di ripresa e resilienza è quello del 30 giugno 2023, scadenza entro la quale dovranno essere approvati tutti i provvedimenti di livello secondario, a partire dal regolamento generale.

Il nuovo codice
Consiglio di Stato già al lavoro - L'ultima parola al governo
Una delle grandi novità, annunciata dal governo ma non prevista come via obbligata dal testo della legge delega, è l'incarico al Consiglio di Stato di scrivere il testo del nuovo codice degli appalti. Ovviamente la redazione del testo a Palazzo Spada non espropria in alcun modo il governo del potere di esercizio della delega approvata dal Parlamento. Inoltre, il Consiglio di Stato dovrà avvalersi, al fine della stesura dell'articolato, «di magistrati dei Tar, di esperti esterni, di rappresentanti del libero foro e dell'Avvocatura generale dello Stato». Sullo schema di decreto legislativo dovrà essere acquisito il parere della Conferenza unificata. Entro due anni dall'approvazione del codice, il governo può apportare le modifiche considerate necessarie.

Il punto chiave
Riduzione e qualificazione delle stazioni appaltanti
Fra i criteri di delega spicca quello che impone la ridefinizione e il rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti «al fine di conseguire la loro riduzione numerica, nonché l'accorpamento e la riorganizzazione delle stesse, anche mediante l'introduzione di incentivi all'utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti ausiliarie per l'espletamento delle gare pubbliche». Inoltre, andrà svolto un monitoraggio dell'accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti. Previsto il «potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione».

Anticorruzione
L'Anac resta in campo, finisce la fase della riduzione dei poteri
Il nuovo codice degli appalti dovrà effettuare una «revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti». Questo emendamento presentato dal Pd (primo firmatario Pellicani) e approvato alla Camera conclude una lunga fase, che durava ormai da tre anni, di ridimensionamento dei poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione. Il nuovo codice cancellerà la soft law in capo all'Anac e le linee guida come strumento attuativo del codice, come per altro già disposto da vari provvedimenti di modifica del codice del 2016, ma punterà a un nuovo ruolo ed equilibrio per l'Autorità ora guidata da Giuseppe Busia, rafforzando i poteri di vigilanza e supporto alle stazioni appaltanti.

Le imprese
Il tentativo di coinvolgere le Pmi con lotti piccoli e aggregazioni
La Camera ha rafforzato l'intervento per «favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese» al sistema degli appalti pubblici e alle singole gare. Oltre all'obbligo di «suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi» e al «divieto di accorpamento artificioso dei lotti, in coerenza con i princìpi dello Small Business Act europeo» - già previsti dal disegno di legge approvato al Senato - a Montecitorio sono stati introdotti «l'obbligo di motivare la decisione di non procedere a detta suddivisione» dei lotti e la possibilità per le stazione appaltanti di inserire nei bandi di gara «criteri premiali per l'aggregazione di impresa», purché «nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici».

Obbligatoria nei bandi
Il ritorno della revisione prezzi oltre l'emergenza del momento
La legge segna il ritorno della revisione prezzi in condizioni ordinarie e quindi oltre la fase di emergenza attuale che il governo ha affrontato con vari decreti legge. Il codice dovrà prevedere «l'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell'offerta, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante». La revisione - ha aggiunto la Camera - si dovrà applicare anche all'aumento del costo del lavoro in seguiti ai rinnovi contrattuali.

La correzione
Appalti integrati progetti-lavori frenata dopo la stagione del Pnrr
Sarà il nuovo codice a individuare «le ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori». Con questo criterio di delega, il Senato aveva già fermato l'ondata di appalti integrati che sta caratterizzando il Pnrr. È tornata la diffidenza che il Parlamento ha verso un contratto che consente allo stesso appaltatore di fare il progetto e poi realizzare i lavori. La Camera ha aggiunto un altro paletto: la stazione appaltante dovrà indicare nei bandi o negli inviti «la necessaria qualificazione per la redazione dei progetti» e «le modalità per la corresponsione diretta da parte della stazione appaltante al progettista o della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta».

Sperimentazioni Pa
Più spazio ai privati sulla carta ma procedure tutte da provare
Si prova a ridare spazio ai sistemi di appalto che favoriscono la partecipazione dei privati in varie forme, dal Partenariato pubblico-privato, alle procedure che favoriscono la partecipazione delle imprese già nella fase della preparazione della gara oppure nell'esito della gara stessa, per esempio favorendo procedure multiaggiudicatario. Sistemi più flessibili, quindi. Fra i criteri di delega, quello che impone un «forte incentivo al ricorso a procedure flessibili, quali il dialogo competitivo, il partenariato per l'innovazione, le procedure per l'affidamento di accordi quadro e le procedure competitive con negoziazione, per la stipula di contratti pubblici complessi e di lunga durata, garantendo il rispetto dei princìpi di trasparenza e di concorrenzialità»

Lavoro
La Camera rafforza la clausola sociale per i passaggi di gestione
È stato il punto su cui maggiormente si è impegnata la Camera che sul punto ha visto una sostanziale unanimità fra le forze politiche. Parliamo del rafforzamento della clausola sociale che consente la salvaguardia dell'occupazione nel caso di passaggio di un contratto di appalto o di una concessione da un'impresa a un'altra. In particolare per gli appalti « di servizio ad alta intensità di manodopera» è previsto che «i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti devono contenere l'obbligatoria previsione di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato».In materia di lavoro anche la norma che impone la revisione prezzi per il costo del lavoro in caso di aumenti retributivi conseguenti alla firma di rinnovi contrattuali

Concorrenza sleale
Barriera ai prodotti che arrivano dai paesi extra Ue
Uno dei due criteri di delega aggiunti dalla Camera dei deputati al testo del Senato riguarda le barriere per frenare la partecipazione alle gare di imprese extra Ue o se si preferisce - secondo la motivazione ufficiale - per scoraggiare forme di concorrenza sleale e di dumping svolto dalle imprese dei paesi extracomunitari. Il criterio di delega prevede, in effetti, che «nel caso di forniture provenienti da Paesi extra UE, di misure atte a garantire il rispetto di criteri ambientali minimi e dei diritti dei lavoratori, anche al fine di assicurare una leale concorrenza nei confronti degli operatori economici europei».

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