Appalti

Appalti, rischio illegittimità per le garanzie troppo pesanti

Alla Corte di giustizia l’esame della disciplina del vecchio Codice

di Daniela Nardo

L’incameramento della cauzione provvisoria, specie di ingente importo, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un semplice concorrente non aggiudicatario dell’affidamento e, dunque, indipendentemente dal danno causato alla stazione appaltante, potrebbe configurare una sanzione penale secondo l’accezione formatasi in seno alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La questione è stata posta alla Corte di Giustizia dal Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 3264/2023.

Consip aveva indetto una gara in base al Dlgs 163/2006 a cui ha preso parte un raggruppamento temporaneo di imprese, che si è classificato primo in graduatoria in un solo lotto. Consip, a seguito delle verifiche di legge, ha però escluso l’Rti ed escusso la garanzia provvisoria prestata in relazione a tutti i lotti.

Il vecchio Codice appalti prevedeva che l’offerta dovesse essere corredata da una garanzia, che poteva essere prestata anche sotto forma di cauzione. L’escussione di tale garanzia poteva avvenire secondo due forme: nei confronti dell’aggiudicatario laddove non fosse stato stipulato il contratto o anche nei confronti del concorrente non aggiudicatario sorteggiato per il controllo dei requisiti.

Al contrario, l’Rti ha affermato, tra l’altro, l’illegittimità dell’escussione della garanzia, non essendo stata effettuato il controllo dei requisiti per i lotti in relazione ai quali non era risultata aggiudicataria. Inoltre ha sostenuto la natura sanzionatoria dell’escussione dacché l’Rti non era aggiudicatario e, dunque, non aveva potuto causare alcun danno alla stazione appaltante. Di conseguenza ha invocato l’applicazione del nuovo e più favorevole codice dei contratti pubblici (Dlgs 50/2016), che limita l’incameramento della garanzia ai casi di mancata stipula del contratto.

Il Consiglio di Stato, osservato che, per previsione di legge, la disciplina più favorevole è applicabile alle gare successive alla sua entrata in vigore, ha dubitato della legittimità costituzionale di tale disciplina e ha rimesso la questione alla Corte costituzionale.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 198/2022, non ha condiviso il presupposto interpretativo della natura sanzionatoria della cauzione provvisoria.

Il Consiglio di Stato ha ciononostante affermato che l'escussione della cauzione potrebbe essere considerato un provvedimento afflittivo avente natura "penale" secondo le previsioni della Cedu.

Il Consiglio di Stato ha evidenziato che la Cedu ha elaborato criteri autonomi al fine di stabilire la natura penale di una sanzione pecuniaria, costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell'illecito nel diritto nazionale ii) dalla natura dell'illecito iii) dal grado di severità della sanzione.

Infatti, la Cedu, nella sentenza del 4 marzo 2014, causa "Grande Stevens ed altri c. Italia", ha affermato che l'elevato importo delle sanzioni pecuniarie consente di sussumere le stesse, per la severità, nella materia penale.

Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, in quel caso specifico, l'escussione, in ragione dell'automaticità e dell'entità del sacrificio patrimoniale imposto all'Rti, in alcun modo correlato all'eventuale danno cagionato alla stazione appaltante essendo lo stesso mero concorrente, potrebbe avere natura di sanzione penale e violare il principio di proporzionalità delle sanzioni.

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