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Progetti di smart city frenati da risorse scarse

Smart city in piena crisi di governance. Sono tanti i progetti e le sperimentazioni in corso, ma oltre alle dichiarazioni d’intenti e alle buone intenzioni la realtà delle amministrazioni locali si scontra con il nodo delle scarse risorse disponibili e l’assenza di una chiara visione d’insieme, di direttive e di linee guida. Certo, un Comune medio-grande su due, quelli con oltre 15mila abitanti, ha avviato almeno un progetto smart city nell’ultimo triennio e il 53% delle amministrazioni dichiara di avere in programma altre iniziative anche per quest’anno. Ma il settore non riesce ancora a dispiegare tutte le sue potenzialità, visto che il giro d’affari nel 2016 ha raggiunto i circa 230 milioni contro i 190 dell’anno precedente. Valori contenuti, se confrontati con quelli di altri ambiti dell’IoT e con le sue potenzialità. Non è molto incoraggiante il quadro che presenta il capitolo dedicato alle smart city nella sesta edizione dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, che verrà presentato il prossimo 21 aprile.
«Il tema smart city in Italia è ancora in cerca d’autore, di una cabina di regia - commenta Angela Tumino, direttore dell’Osservatorio -. Sono in corso molte sperimentazioni interessanti, ma rimangono poco integrate tra loro e in tanti casi manca una chiara strategia di sviluppo sul territorio».

Le difficoltà
Poca integrazione, ma soprattutto scarse risorse finanziarie, una barriera che frena l’adozione delle nuove piattaforme. Ad ammetterlo sono tre amministrazioni su quattro, alle prese con la ridotta capacità di spesa e i vincoli imposti dal Patto di stabilità, mentre il 61% incontra difficoltà nel reperire le necessarie competenze specialistiche. «Sono questi i principali freni allo sviluppo dei progetti di smart city - sottolinea Giulio Salvadori, ricercatore dell’Osservatorio IoT -. Anche per questi motivi la maggior parte delle iniziative si arena dopo la prima fase di sperimentazione. Si deve invece passare da una prospettiva di spesa a una di investimento».

Le sperimentazioni più diffuse
Secondo i dati dell’Osservatorio sono tre le sperimentazioni più diffuse, di fatto ormai consolidate: monitoraggio del traffico, gestione dell’illuminazione pubblica e dei parcheggi. Il problema individuato dal team di ricercatori è che i Comuni fanno fatica a uscire dalla fase di prototipazione della soluzione per poi estenderla all’intero territorio amministrato e soprattutto a integrarla con altre analoghe soluzioni nell’ambito di una visione, di un progetto di medio-lungo periodo che punta al miglioramento della città. La conferma di questa impasse arriva dai cittadini: l’86% dichiara di «non essere pienamente soddisfatto dell’offerta digitale del proprio Comune» e il 40% non ha mai sentito parlare di smart city.
Negli ultimi tempi i progetti dei Comuni si stanno orientando verso le soluzioni per la gestione dei parcheggi, monitorando lo stato di occupazione degli stalli e individuando chi non paga la sosta. «A nostro avviso sono anche da esplorare le opportunità a supporto del turismo - aggiunge Angela Tumino -. Le grandi città devono mettere a fattore comune anche i progetti sviluppati da terzi che offrono servizi alla comunità». A Milano e Torino qualche cosa si sta muovendo, ma siamo ai primi passi in questa direzione.
Per individuare le giuste scelte e guidare le decisioni dei Comuni in funzione dei tempi di rientro dell’investimento il team del Politecnico ha sviluppato alcuni modelli predittivi che stimano costi e benefici. Per una città come Milano la soluzione per la gestione dei parcheggi si ripaga in 12-24 mesi, quella per la raccolta dei rifiuti tra i 2 e i 5 anni, nel caso dell’illuminazione servono 3-5 anni e per gli smart building del settore pubblico si arriva a 6-9 anni. Per il cittadino, invece, la possibilità di essere guidato fino al parcheggio libero permette di risparmiare tre giorni di tempo in un anno.

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