Appalti

Codice appalti, rischio corto circuito sulle clausole sociali

Previsioni in confilitto: via al subappalto illimitato,stretta anti-dumping

di Flavia Landolfi

Non solo gare. Non solo affidamenti, soglie comunitarie, processi di digitalizzazione. C’è un altro fronte che il nuovo Codice degli appalti apre saldando i 229 articoli alle clausole sociali, ai livelli occupazionali, all’inclusione nel mondo del lavoro di giovani e donne sulla falsariga del Pnrr e del suo “bollino rosa”. L’aspirazione è di chiudere un cerchio intorno alle tutele, facendo un passo in avanti rispetto al passato, quando alcuni temi erano solo accennati. Ma non tutto fila liscio nella pachidermica produzione di norme. E capita quindi che una mano metta e l’altra tolga. Soprattutto quando le mani sul Codice le hanno messe in molti . Il risultato è una stratificazione di norme ciascuna portatrice di una filosofia diversa di come debba funzionare il mondo degli appalti.

È il caso per esempio dell’articolo 57 del nuovo Codice. Recita così: «Per gli affidamenti dei contratti di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale e per i contratti di concessione i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti devono contenere specifiche clausole sociali con le quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l'altro a garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore». Sulla promozione dell’occupazione femminile il Codice ripristina all’articolo 108, dopo averli cancellati, i criteri premiali per le aziende che anche attraverso un’autocertificazione promuovono la parità di genere (“bollino rosa”).

Ora il problema è la convivenza di due principi in contrasto l’uno con l’altro: se si conservano i livelli occupazionali è evidente che non si può rinnovare in chiave di pari opportunità. «È così - conferma Stefano Vinti, ordinario di diritto amministrativo all’università La Sapienza di Roma -. I due obiettivi sono in palese conflitto: non se ne può rispettare uno senza violarne l’altro e viceversa, perché è evidente che non è possibile riequilibrare il genere della forza lavoro o svecchiarla assumendo giovani se nello stesso tempo è necessario tenere in piedi il vecchio assetto occupazionale anche perché il settore dell’edilizia è a prevalente composizione maschile». Per il docente «si tratta di norme “politiche” che hanno il solo effetto di rendere difficile la vita alle imprese e alle stazioni appaltanti, incrementando il contenzioso e le incertezze operative». La femminilizzazione dell’edilizia è però questione cruciale, soprattutto alla luce del Pnrr e della massa di opere che piovono e pioveranno ancora sul nostro Paese.

«È davvero positivo che nel testo si richiami il codice delle pari opportunità in riferimento alla premialita per le imprese impegnate nelle pari opportunità di genere. Ma altrettanto positivo è che non si parli nel codice di “bollino rosa”, termine riduttivo che fotografa una situazione statica», spiega Daniela Carlà, cofondatrice di Noi Rete Donne.

«C’è però un’altra questione che il Codice dimentica - dice Dario Capotorto, avvocato amministrativista esperto di appalti pubblici - che è quello del reinserimento nel tessuto occupazionale degli over55, uomini e donne. È un tema importantissimo ma spesso dimenticato. Ed è cruciale anche per i conti pubblici: il reinserimento nel mondo del lavoro genererebbe parecchi risparmi sul reddito di cittadinanza».

L’elefante nella stanza è però la liberalizzazione del subappalto, concesso senza limiti. Il Codice lo deregolamenta e però nello stesso tempo detta alcuni paletti stabilendo l’obbligo di sottostare allo stesso contratto di lavoro tra appaltatore e affidatario e la trasmissione della documentazione di legge alla stazione appaltante prima dell’inizio dei lavori. Tra questi documenti, ovviamente, anche il piano per la sicurezza. I sindacati dal canto loro fibrillano e Fillea Cgil con Feneal Uil sono già scesi in piazza a protestare. «Se permetti il subappalto del subappalto, senza fine, sarà molto difficile verificare l’applicazione dei contratti e delle norme su sicurezza e salute», tuona il segretario di Fillea Cgil Allessandro Genovesi in un’intervista a Repubblica all’indomani del varo del nuovo Codice.

Il bersaglio sono le pratiche concorrenziali scorrette ma l’effetto potrebbe essere l’opposto. È l’articolo 108, comma 9 dove si stabilice che «nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale».

Sulla carta, un argine a certi fenomeni poco puliti di competizione, con abbattimento del costo del lavoro o di altri risparmi poco in sintonia con le norme di sicurezza. Ma non tutti sono dell’avviso che si tratti di una norma che va in questa direzione. «L’obiettivo è certamente condivisibile - spiega Capotorto - però questa norma pone problemi a quelle realtà - penso alle cooperative sociali - che hanno sgravi contributivi e legittime riduzioni dei costi della manodopera, per esempio, con la conseguenza di una sterilizzazione dei vantaggi che queste imprese devono poter vantare». Ma non solo. Si porrebbe anche un tema più ampio che fa rima con la competitività. «Perché - conclude Capotorto - si scoraggiano l’innovazione e l’incremento della produttività».

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