Amministratori

Accesso agli atti, la Pa non è tenuta all'ostensione per i dati forniti da altri enti

L'obbligo di raccolta di informazioni da altre amministrazioni non implica quello di conservazione

di Michele Nico

Se l'ente pubblico è tenuto, per esigenze di coordinamento e di programmazione, a raccogliere con periodicità dati forniti da altre amministrazioni, ciò non implica automaticamente un obbligo di conservazione dei dati stessi, per cui non sorge il correlativo obbligo di ostensione nei confronti dei soggetti che formulino istanza di accesso civico generalizzato ai sensi dell'articolo 5 del Dlgs 33/2013 o che esercitino il diritto di accesso agli atti ex articolo 22 della legge 241/1990. Questo il principio affermato dalla Sezione III del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5121/2023.

Il fatto
Una società operante nel settore dei servizi alla persona, ritenendosi ingiustamente penalizzata dalle politiche sanitarie della Regione Lombardia, ha chiesto a quest'ultima di poter accedere alle liste d'attesa per prestazioni delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) sul territorio regionale relative all'anno 2019, necessarie, secondo la società istante, per conoscere i posti letto di Rsa attribuiti al distretto sanitario della propria zona e per sottoporre a verifica la delibera regionale sugli indirizzi di programmazione per l'anno 2022.
La Regione ha comunicato alla società l'impossibilità di accogliere la richiesta per l'assenza presso l'ente di una banca dati centralizzata delle liste di attesa per ingresso in Rsa, stante un'asserita «scarsa significanza ai fini programmatori» di tali dati, non solo a causa della loro celere variazione dinamica, ma anche per la facoltà riconosciuta a ogni cittadino di presentare la domanda di ingresso in più strutture residenziali, risultando quindi presente la medesima domanda in più liste d'attesa. A fronte di tale diniego la società richiedente ha adito il Tar Lombardia, che con sentenza n. 2749/2022 ha accolto il ricorso disponendo che la Regione, in virtù del ritenuto obbligo di raccogliere e detenere i dati in questione, chiedesse le relative informazioni alle aziende lombarde del sistema socio-sanitario (Ats), consentendo in tal modo alla società interessata l'accesso agli atti richiesti.
La Regione si è attivata per eseguire la sentenza, richiedendo alle Ats la trasmissione dei dati relativi alle liste d'attesa e comunicando poi alla ricorrente il dettaglio per singola area dei dati richiesti, ma poi ha proposto appello contro la decisione del Tar, nel convincimento che l'erroneo principio statuito da quest'ultimo avrebbe potuto generare incertezza nell'ordinaria gestione amministrativa e nei rapporti con tutte le strutture private accreditate e contrattualizzate.

L'obbligo di raccolta dei dati
Palazzo Spada ha ritenuto fondato l'appello della Regione lombarda e ha escluso che l'obbligo di "raccolta" dei dati relativi alle liste di attesa per prestazioni delle Rsa sul territorio, in vista della successiva trasmissione degli stessi alle Ats, comporti anche un concomitante obbligo di conservazione dei dati stessi nel tempo, in virtù del quale la Regione medesima possa poi essere legittimamente destinataria di domande di accesso.
Tenuto conto di ciò i giudici hanno ritenuto che la Regione non possa ritenersi soggetto "detentore" dei dati ai sensi della normativa in materia di accesso civico generalizzato e di accesso agli atti. Di conseguenza, il collegio ha condiviso l'affermazione dell'ente appellante, secondo cui nel caso di specie l'istanza di accesso avrebbe dovuto essere rivolta alle Ats e non già alla Regione Lombardia.

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