Personale

Caccia a 94mila posti da docente - Il 50% può restare scoperto

La caduta del Governo non cambia lo scenario: libere 63.781 cattedre comuni e 30.349 di sostegno, ma al Nord le graduatorie sono vuote

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

La caduta del governo Draghi non cambia il palinsesto estivo della scuola italiana. E - in attesa di capire chi, dopo il voto, siederà a viale Trastevere - sta per andare in onda un grande classico degli ultimi anni: la caccia a 94mila cattedre scoperte. A variare, rispetto al passato, è solo il numero di docenti a tempo indeterminato da assumere. Identici invece i protagonisti: il ministero dell’Istruzione che, una volta conteggiati i pensionamenti e terminate le operazioni di mobilità, quantifica le necessità e avvia la ricerca dei candidati; l’Economia che fissa l’asticella dei posti autorizzabili in base ai vincoli di bilancio e dà l’ok all’operazione; le decine di migliaia di aspiranti professori che aspettano a programmare (o interrompere a seconda dei casi) le ferie per rispondere all’agognata chiamata. E anche il finale atteso non dovrebbe discostarsi molto dai precedenti, nonostante le sette procedure di reclutamento a disposizione che abbiamo raccontato nei mesi scorsi. Con al massimo il 50% delle immissioni in ruolo destinate ad andare a buon fine. E, dunque, con quasi metà “buchi” in organico a settembre da riempire con altrettanti supplenti. Più o meno come nel 2021, quando su 112mila slot ne sono stati occupati meno di 60mila.

Trattandosi di una procedura amministrativa la macchina delle nomine non dovrebbe subire contraccolpi dalla crisi di governo. Gran parte delle 94.130 assunzioni autorizzate per settembre - che tengono conto dei 14.420 posti delle procedure straordinarie previste dal decreto Sostegni bis del 2021 - sono cattedre comuni, pari a 63.781 (metà delle quali alle superiori, 31.944). I rimanenti 30.349 posti sono di sostegno, e qui ci saranno le maggiori “scoperture”: alla primaria, fa notare la Cisl Scuola, in Lombardia su 3.396 posti da coprire ci sono nella graduatoria di concorso appena 481 aspiranti. In Piemonte la situazione è anche peggio: su 1.307 cattedre su cui assumere la graduatoria concorsuale si ferma a 46 aspiranti. E ci sono regioni, come le Marche, che dovranno subito attingere alle Gps (le graduatorie provinciali per le supplenze) non avendo vincitori di concorso.

Rispetto al passato non è cambiata la regola generale per immettere i prof in ruolo: il numero di posti su cui possono essere disposte le assunzioni a tempo indeterminato è assegnato infatti ancora per il 50% alle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami attualmente vigenti e, per il 50%, alle graduatorie ad esaurimento. Ma per ridurre il più possibile le mancate assunzioni, la scorsa estate, si è scelto di moltiplicare i canali d’ingresso, e così oggi ci troviamo di fronte a sette procedure diverse, non tutte peraltro chiuse: Gae, due concorsi Stem, concorso ordinario infanzia-primaria, concorso ordinario secondaria, concorso straordinario, call veloce. Con il diktat di chiudere le operazioni entro il 10 agosto.

Il punto è che nonostante questo “sforzo”, normativo e organizzativo, i posti che si riusciranno a coprire saranno al massimo il 50% delle disponibilità. O giù di lì. A causa dei nodi storici del reclutamento scolastico italiano: mancanza di programmazione del fabbisogno; cattedre scoperte al Nord mentre la gran parte degli aspiranti prof di ruolo risiedono al Sud, graduatorie esaurite da tempo, e non solo nelle materie tecnico-scientifiche, da Firenze in su. A complicare il quadro si è aggiunto l’elevato tasso di bocciatura registrato nei concorsi ordinari.

Per correggere questo “trend” il Dl 76 ha inserito un paio di novità: ha imposto all’Istruzione di comunicare il fabbisogno di docenti e quindi dei posti per le abilitazioni e ha previsto concorsi annuali solo su cattedre vuote. Resta da capire se quando entreranno in vigore (2023) queste novità basteranno e se l’esecutivo entrante confermerà la via battuta da quello uscente.

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