Appalti

Appalti, la mancata iscrizione alla white list antimafia equivale all'interdittiva

L’impresa ha il diritto a ottenere il controllo giudiziario

di Patrizia Maciocchi

Il no all'iscrizione nella white list dei prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti al rischio di infiltrazione mafiosa va considerato equivalente ad un'interdittiva antimafia. L'azienda ha dunque diritto al controllo giudiziario, per evitare di essere posta in liquidazione con il licenziamento dei dipendenti. La Cassazione (sentenza n.2156) accoglie il ricorso di una Srl, attiva nel settore dello smaltimento dei rifiuti, contro il decreto con il quale la Corte d'Appello, in linea con il Tribunale, aveva respinto la richiesta di accesso al controllo giudiziario, in assenza di un'interdittiva antimafia. Provvedimento - ad avviso dei giudici dei merito come del procuratore generale - senza il quale non poteva essere disposto il controllo giudiziario. La Suprema corte, con una sentenza costituzionalmente orientata arriva a parificare le due condizioni. I giudici di legittimità analizzano la natura cautelare e preventiva dell'interdittiva antimafia e i suoi effetti, a partire dall'inidoneità del destinatario ad essere titolare di alcune situazioni giuridiche soggettive.

Quanto alla white list la Suprema corte ricorda che questa riguarda le imprese che operano in delicati settori delle opera pubbliche, più esposti alle "mire" della mafia: dai servizi ambientali, alla ristorazione, dalla gestione rifiuti alle forniture di ferro e calcestruzzo. Ambiti nei quali le white list sono state potenziate, dopo le esperienze delle ricostruzioni post sismiche in Abbruzzo e in Emilia. Ad approdare negli elenchi "bianchi" sono le imprese considerate impermeabili alla mafia. Ad avviso della Cassazione i presupposti che legittimano il no all'iscrizione nella white list sono gli stessi che fanno scattare l'interdittiva antimafia. Circostanza che deve portare ad affermare «una sostanziale equiparazione tra i due istituti, con la differenza che il primo consegue ad un procedimento promosso dal privato, la seconda ad un procedimento attivato d'ufficio». Uguale la tutela che si vuole garantire. A fronte di questo non passano le perplessità della procura generale, che dubita della sovrapponibilità dei due "sottosistemi".

E questo perché l'informativa antimafia è uno strumento generale riferibile a qualsiasi attività economica, la cui adozione determina, in via cautelare, una incapacità ad avere rapporti contrattuali con la Pa, precludendo anche l'accesso a finanziamenti ed erogazioni. Mentre il no all'iscrizione alla white list, che riguarda solo alcuni settori imprenditoriali, preclude solo lo svolgimento di determinate attività e non di altre. Per la Cassazione però entrambi i provvedimenti si fondano sulla sussistenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa o di condotte agevolative delle cosche ed hanno gli stessi effetti lesivi per l'impresa. Va dunque assicurata una parità di trattamento ed eliminata una disparità irragionevole.

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