Appalti

Costi-benefici Tav/1: più aumenta il traffico e peggio va il risultato finale. Ecco i numeri

di Alessandro Arona

(nella foto, da sinistra, Francesco Ramella e Marco Ponti, professori di economia dei trasporti membri del gruppo di lavoro Mit per l’anlisi costi-benefici sulle grandi opere)

L’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione inviata il 6 febbraio dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli al governo francese e alla Commissione europea, elaborata dal gruppo di professori guidati da Marco Ponti, conferma il metodo utilizzato per il Terzo Valico di Genova: i minori introiti per lo Stato da accise sui carburanti, derivanti dallo spostamento di merci e passeggeri dalla gomma al ferro, vengono calcolati come costi. Con la conseguenza che più aumenta il traffico sulla nuova linea ferroviaria, più cioè la nuova opera “ha successo” nel “riequilibrio modale” dal traffico su strada a quello via treno, più di conseguenza peggiorano i risultati dell’analisi costi-benefici.
Nello scenario previsionale di maggior traffico, questi costi da “mancati incassi accise” sarebbero pari a 6 miliardi di euro, su 7 miliardi di risultato totale negativo dell’analisi costi-benefici.
Nello scenario alternativo, di minore traffico, i mancati incassi sulle accise peserebbero invece solo 1,2 miliardi di euro, su uno “sbilancio” sempre di 7 miliardi di euro.

Il risultato dunque sarebbe sempre pesantemente negativo, ma con tendenza - togliendo le minore accise dai costi - ad andare verso il pareggio tanto più il trasferimento modale dalla gomma al ferro avrà successo.

Tutto questo senza considerare i “costi di uscita”, il lavoro affidato da Toninelli a giuristi e avvocati dello Stato per calcolare i costi materiali, contrattuali e da contenzioso da sostenere in caso di stop all’opera: il lavoro non è stato consegnato a Francia e Ue, è in fase di definizione, ma si stimano costi oscillanti tra 2 e 4 miliardi: da un minimo certo per sistemazione cantieri, restituzione fondi Ue e spesa francese, e messa in sicurezza minima della linea storica, a ipotesi invece di contenziosi legali con imprese, Ue e stati esteri, e realizzazione di interventi di riqualificazione della linea storica per adeguarla agli standard normativi di sicurezza (1,5/1,7 miliardi di euro), per un totale fino a 4 miliardi di euro.

Nel documento consegnato alla Francia e alla Commissione Ue, dunque, non sono evidenziati né il fattore “minori accise”, né i “costi in caso di stop”.

Già nell’Acb del Terzo Valico il tema delle accise era emerso. La struttura di missione Infrastrutture del Ministero osservò - nella sua relazione di sintesi - che il metodo utilizzato dal gruppo Ponti (minori accise come costo) era in contrasto con le linee guida della Commissione europea sull’analisi costi-benefici, e anche con il decreto Mit del giugno 2017 che le aveva recepite. Di conseguenza i dirigenti ministeriali fecero inserire una doppia tabella, una «con variazione accise» (metodo Ponti) e una senza (metodo Ue). La differenza era, per ogni scenario, di 905 milioni di euro. L’Acb sul Terzo valico così, pesantemente negativa con il metodo Ponti, andava quasi in pareggio con il metodo Ue (costi a finire, scenario intemediodio: -671 milioni), andando in territorio positivo con i costi di recesso stimati in almeno 1,2 miliardi, ma anche in uno scenario di previsione di traffico più ottimistico circa le prospettive del porto di Genova (in linea con le previsioni dell’Autorità di sistema portuale): +1.033 milioni.

Queste problematiche si accentuano nel caso della Torino-Lione. Oggi solo il 7% delle merci Italia-Francia viaggiano su ferro (linea storica Torino-Lione del 1871 e linea Genova-Ventimiglia quasi tutta a binario unico), solo 3 milioni di tonnellate di merci su 44 milioni totali (2017), rispetto invece al 70% ferro Italia/Svizzera; realizzando la nuova Torino-Lione, in ogni scenario previsionale, anche quelli del gruppo di Marco Ponti, si ipotizza un forte riequilibrio modale, cioè un trasferimento di merci dalla gomma al ferro, molto più di quanto si immagina per il Terzo Valico. Per la Torino-Lione, fra l’altro, l’Acb del gruppo Ponti calcola un effetto delle minori accise diverso a seconda della quantità di merci sottratte alla gomma. Giusto, naturalmente, anche se per il Terzo Valico curiosamente le “minori accise” valevano sempre 905 milioni.

L’altro nodo chiave sono le previsioni di traffico. L’Acb di Ponti prende a riferimento quelle dell’Acb Italia-Francia del 2011 (Quaderno 8 dell’Osservatorio), per lo scenario ottimistico, riducendole poi del 25% per le merci e del 50% per i passeggeri nello scenario pessimistico. Gli studi di traffico del 2011 prevedevano un traffico complessivo molto in crescita al 2053, fino a 110 milioni di tonnellate per le merci (i passeggeri erano comunque marginali), di cui 58 milioni su gomma e 52,5 su ferro sulla nuova Torino-Lione (pagina 60 del Quaderno 8). Per quanto riguarda la ferrovia, si stimava una crescita “a scenario invariato” sulla linea storica fino a 16,6 milioni, senza fare la nuova Tav (oggi invece la linea storica è giudicata “moribonda”, a rischio chiusura per violazione delle normative sulla sicurezza) e 35,9 mln “aggiuntivi” grazie alla nuova linea. Dunque questi 36 milioni di tn sarebbero lo shift modale, la quota sottratta alla gomma.

L’Osservatorio Torino-Lione (presidenza del Consiglio), nel 2018 ha aggiornato quelle stime (quaderno 11, pagina 45-46 e 60, consulenza prof. Roberto Zucchetti, Bocconi), abbassando le previsioni complessive al 2060 a 65 milioni di tonnellate (e non più 110), di cui il 50% ferro, 32,5 milioni, di cui a sua volta 29 dovuti alla nuova linea Torino-Lione (aggiuntivi rispetto a solo 3 rimasti sulla linea storica). Nonostante dunque dal 2011 al 2018 cambi molto la previsione complessiva sul traffico merci totale (da 110 a 65 milioni di tn), lo “shift modale”, la quota sottratta alla gomma, non cambierebbe moltissimo, da 36 milioni di tn a 29 milioni.

Il totale merci sulla nuova Torino-Lione si abbassa, però: da una previsione 2011 di 52,5 milioni di tonnellate a una attuale di 32,5. Il calo del 25% stimato dal gruppo Ponti (39 milioni) sarebbe dunque ancora più prudente di quanto stimato dall’Osservatorio. Il “costo accise” sarebbe dunque meno rilevante, solo 1,2 miliardi di euro su 7 di deficit, ma senza documento (ancora riservato) è impossibile capire come mai riducendo del solo 25% le previsioni di traffico si riduca di cinque volte l’effetto sulle accise e si crei invece un buco aggiuntivo di 5,8 miliardi nei benefici economici calcolati.

Lo scorporo delle accise, però, lo ribadiamo, così come i “costi di uscita”, non sono evidenziati e calcolati nel documento inviato a Bruxelles e alla Francia.

Le nuove stime di traffico (Quaderno 11 dell’Osservatorio)

L’analisi costi-benefici del 2011

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