Fisco e contabilità

Abitazione principale e separazione di fatto

di Daniele Orlandi (*) - Rubrica a cura di Anutel

Sempre più spesso ci si trova ad affrontare del contenzioso riguardante l'applicazione delle agevolazioni fiscali riservate alle «abitazioni principali» da parte di coniugi che hanno residenze disgiunte che spesso adducono motivazioni di vario tipo. La giurisprudenza è sempre più orientata a richiedere la presenza di tutti i requisiti richiesti (per l'Ici era la dimora abituale di tutto il nucleo familiare, per l'Imu oltre alla dimora abituale è richiesta la residenza anagrafica di tutti i componenti il nucleo), ma la sentenza di Cassazione civile del 7 giugno 2019 n. 15439, se da un lato conferma tutto quanto affermato dalla Suprema Corte, dall'altro risponde a un caso che rimaneva da chiarire (come indicai nel precedente articolo presente su Tributi Bilancio n. 4/2018). Vista con la precedente, poi, la sentenza di Cassazione del 9 luglio 2019 n. 18367 offre spunti di riflessione che se non ben inquadrati a tempo debito possono portare a finali non molto felici per gli enti impositori.

I fatti della sentenza n. 15439/2019
Il Comune di Padenghe sul Garda inoltra un avviso di accertamento alla contribuente negandole il riconoscimento delle agevolazioni tributarie riservate all'abitazione principale per Ici 2007 e 2008 in quanto il marito, non legalmente separato, dimorava altrove. La contribuente ricorreva affermando di essere separata di fatto dal marito e, essendo verificata la frattura del rapporto coniugale, il fatto che il coniuge risiedesse altrove non faceva venir meno il carattere di abitazione principale all'immobile nel quale la ricorrente aveva la residenza anagrafica con il figlio e la nuora. La Commissione tributaria provinciale di Brescia, con sentenza n. 58/1/2013 rigettava il ricorso affermando che per poter usufruire del trattamento agevolato «occorreva la prova della convivenza dell'intero nucleo familiare, prova che non era stata fornita, non essendovi separazione giudiziale né divorzio ed avendo omesso anche di produrre un'autocertificazione sottoscritta da ambedue i coniugi». La contribuente propone ricorso alla Ctr insistendo, come nel primo grado, sull'avvenuta frattura del rapporto di convivenza dei coniugi, ma questa volta presentando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa sé e dal proprio marito. La Ctr Lombarda – Sezione distaccata di Brescia – con sentenza n. 7225/64/2014, in riforma della sentenza di primo grado accoglieva l'impugnazione della contribuente ritenendo provata la cessazione della convivenza tra i coniugi.

Il ricorso alla Cassazione
Avverso questa pronuncia il Comune propone ricorso per Cassazione in base a due motivi:
• con il primo si evidenzia che «contrariamente a quanto affermato dalla Ctr, non è il venir meno della convivenza tra i coniugi a consentire l'accesso al trattamento di favore, bensì la necessaria dimostrazione della frattura del rapporto coniugale, di cui la cessazione della convivenza ne rappresenta l'effetto, e non la causa.»;
• con il secondo si evidenzia che c'è una falsa applicazione, in relazione all'articolo 360, comma 1, n.3 codice procedura civile, dell'articolo 2697 codice civile (onere della pr ova ) in base al quale «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.». Secondo il Comune di Padenghe sul Garda, la contribuente non avrebbe esibito la prova della frattura del rapporto coniugale. I giudici di Cassazione, compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio motivandolo con la novità della questione trattata, ritengono non solo infondati ma soprattutto inammissibili i motivi adotti dall'ente impositore. Nel dichiarare l'infondatezza della richiesta è evidenziato che la Ctr «ha ritenuto che il mutamento di residenza del coniuge della ricorrente non è stato fittizio, ma corrispondeva a un effettivo distacco dal nucleo familiare, per effetto di una rottura del rapporto di convivenza, ciò desumendo dalle stesse dichiarazioni rese dal Comune sia in primo che in secondo grado, secondo le quali era ». Questa situazione ha fatto affermare alla Ctr che «ciò è quanto basta perché si possa affermare che, venuta meno la convivenza tra i coniugi, il nucleo familiare della P. – tuttora dimorante nell'immobile della cui tassazione si controverte – si è ridotto di consistenza, essendone uscita la persona di (il marito), senza che ne derivasse, per quanto dianzi annotato, il venir meno del diritto all'agevolazione.». L'inammissibilità del ricorso per cassazione è motivata evidenziando che il Comune, deducendo la violazione di un norma «mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.». I giudici aggiungono inoltre che anche un eventuale invocazione al punto n. 5, comma 1, dell'articolo 360 del codice di procedura civile, (peraltro non invocato) sarebbe stato inammissibile in quanto sarebbe stata una «(ri)valutazione del materiale probatorio» che però sarebbe stata «un vizio motivazionale al di fuori dei limiti consentiti dall'attuale formazione dell'articolo 360, comma 1, n. 5 codice pèrocedura coivile». Anche il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto «la censura, siccome illustrata in ricorso investe l'esistenza e la valutazione della prova della frattura di convivenza, ossia dell'effettivo distacco del marito dal nucleo familiare (questione di fatto, deducibile solo ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 360, n. 5. c.p.c.) e non già la violazione del riparto degli oneri probatori previsti dalla norma citata, che sola avrebbe potuto integrare l'ipotesi di impugnazione di cui all'articolo 360, n. 3 c.p.c. prospettata dal ricorrente». Di fatto i giudici di Cassazione evidenziano come il richiamo all'articolo 360, comma 1, n.3 non sia ammissibile in quanto i giudici di Ctr non hanno attribuito l'onere della prova a una parte diversa da quella che ne è gravata e hanno ritenuto assolti tali oneri in applicazione del principio di non contestazione.

La sentenza n. 18367/2019
Con la sentenza del 3 luglio 2014 n.1454/22/14 la Commissione tributaria regionale del Veneto, in accoglimento dell'appello del Comune di Borca di Cadore e in riforma della sentenza della CTP di Padova del 21 febbraio 2013 n. 11 , confermava l'avviso di accertamento Ici 2006 «non avendo la contribuente dimostrato di utilizzare l'abitazione sita in Borca di Cadore come abitazione principale …omissis… posto che il nucleo familiare della contribuente , costituito solo dal marito, risiedeva nel comune di Battaglia Terme e la V. non aveva provato che l'intero nucleo familiare abitualmente dimorava in Borca di Cadore.». I diudici di Cassazione rigettano il ricorso della contribuente, e la condannano al pagamento delle spese, riprendendo tutta la giurisprudenza di Cassazione n. 15444/2017, n°13062/2017, n°14389/2010) concludono affermando che «Le doglianze della ricorrente , che prospetta una separazione di fatto coniugale e rivendica il proprio diritto di fissare in autonomia la dimora abituale , valevole anche per ottenere l'agevolazione richiesta, sono formulate in termini meramente assertivi e privi di un valido supporto probatorio.». Aggiungono poi che «Le censure denotano ,pertanto, rilevanti profili di inammissibilità essendo basate su rilievi fattuali ( quale la separazione di fatto dal coniuge) che non solo non è stata adeguatamente provata ma che non è stata neanche dedotta nel precedente grado ,e che pertanto non può essere valutata, in sede di legittimità. Non è,infatti, consentita, in sede di legittimità, la proposizione di nuove questioni di diritto quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, di regola preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle particolari ipotesi di cui all'art. 372 cod. proc. civ.: l'esame va coordinato con il principio della domanda, così che non può trovare applicazione per la prima volta in cassazione con riferimento ad un fatto mai dedotto in precedenza, implicante un diverso tema di indagine e di decisione.».

Conclusioni
Le sentenze in commento pur trattando due casi molto simili, per non dire identici – e cioè una separazione di fatto, arrivano a due decisioni finali diametralmente opposte che potrebbero far pensare a dubbi interpretativi e, a prima vista, potrebbero creare incertezza su come comportarsi in situazioni del genere. Leggendo però con più attenzione entrambe le decisioni della Suprema Corte ci si accorge che le due risoluzioni sono divergenti perché erano differenti le due sentenze di Ctr e soprattutto erano diverse le posizioni, degli enti impositori e dei contribuenti, nei due casi presentati alle due commissioni regionali Vediamo quindi alcuni spunti di riflessione importanti ai quali va posta particolare attenzione in caso di ricorsi e complica abbastanza la vita agli uffici che seguono il contenzioso. In primis si evidenzia il fatto che, per la Corte di Cassazione, possono esistere due nuclei familiari distinti anche se non siamo di fronte ad un divorzio o ad una separazione giudiziale ma è sufficiente, ed è questa la differenza che ha portato a due sentenze opposte, dimostrare che siamo di fronte ad una separazione di fatto. Infetti, nel caso della sentenza n. 15439/2019 la Suprema Corte evidenzia come la CTR Lombarda abbia sentenziato di aver rilevato «un effettivo distacco dal nucleo familiare, per effetto di una rottura del rapporto di convivenza» mentre nella sentenza n. 18367/2019 gli "Ermellini" affermano che la separazione di fatto «non solo non è stata adeguatamente provata ma che non è stata neanche dedotta nel precedente grado ,e che pertanto non può essere valutata, in sede di legittimità». Come si può facilmente notare, anche se può sembrare banale, un secondo punto che va tenuto bene in evidenza è quello che bisogna fare molta attenzione ai documenti che dovessero mirare a dimostrare la «frattura della convivenza», la sentenza n. 15439/2019 infatti ci evidenzia che se il Comune non dovesse contestare la rottura del rapporto tra i coniugi ci potremmo trovare di fronte ad un giudizio come quello emesso dalla Ctr Lombardia che di fatto ci impedirebbe qualsiasi tipo di ricorso per Cassazione mentre la sentenza n. 8367/2019 ci dimostra che se non vi è adeguata dimostrazione da parte del contribuente che vi sia stata la frattura del rapporto coniugale l'agevolazione non viene permessa. Come resistere e smontare l'eventuale dichiarazione del contribuente non è sicuramente semplice in quanto ci si inoltra in un campo che solo in minima parte è gestibile dall'Ufficio Tributi. Oltretutto questi sono attività che anche per altri settori più indicati a fare indagini, come ad esempio la Polizia municipale, non sono sempre percorribili. Quello che è certo è che, soprattutto nel caso si sia certi che sono dichiarazioni non reali, bisognerà cercare di trovare le giuste motivazioni che possano evidenziarne la non fondatezza. Infine, si evidenzia che se è vero che queste sentenze riguardano l'Ici è anche vero che con l'avvento dell'Imu, in questa specifica situazione, cambia ben poco e se, con future sentenze, verrà confermato che basta una semplice dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per affermare che si è creata una frattura tra i coniugi prevedo molti ricorsi da parte dei coniugi con residenze anagrafiche disgiunte che, anziché fare separazioni consensuali fittizie, utilizzeranno questo escamotage per provare ad ottenere l'esenzione dal pagamento dell'Imu.

(*) Componente del consiglio Anutel

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