Appalti

Accesso civico generalizzato sempre da negare sui segreti tecnici e commerciali

Riprese le posizioni espresse dall'Adunanza Plenaria con la decisione n. 10/2020

di Stefano Usai

L'accesso civico generalizzato è inammissibile se i dati/atti richiesti costituiscono segreti commerciali/tecnici e sostanziano know-how industriale dell'impresa. In questo senso il Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 3642/2022.

La vicenda
Continua la ricostruzione/delimitazione giurisprudenziale dell'ambito applicativo dell'accesso civico generalizzato agli appalti, sia agli atti della fase pubblicistica sia degli atti della fase esecutiva. Nel caso di specie, la ricorrente, ottenuto solo l'accesso parziale rispetto alla richiesta formulata (di avere offerta tecnica di gara; progetti esecutivi; piano economico-finanziario; ammontare delle penali irrogate dalla stazione appaltante; modifiche contrattuali medio tempore intervenute; modalità di attuazione di norme tecniche) ai sensi della legge 241/90 e dell'articolo 5 del decreto legislativo 33/2013 decide di ricorrere in appello avverso la sentenza di primo grado (Tar Lazio, n. 10493/2021).
L'ostensione veniva consentita ma non anche in relazione all'offerta tecnica per la presenza, aspetto ritenuto dirimente da parte della stazione appaltante, di segreti tecnico/commerciali. Tra le altre, il riscontro solo parziale veniva impugnato dall'istante con la sottolineatura che, in caso di contrasto tra aspetti di riservatezza e trasparenza quest'ultima sarebbe destinata a prevalere.
Il giudice d'appello non è stato persuaso da questa affermazione.

La sentenza
Il Collegio rammenta le posizioni espresse con l'intervento, capitale, in Adunanza Plenaria con la decisione n. 10/2020. La sentenza, pur ammettendo l'applicabilità dell'accesso civico generalizzato alla "materia" degli appalti, sia per gli atti pubblicistici sia per gli atti della fase esecutiva ne ha però delimitato l'applicazione per evitare abusi. Più nel dettaglio, si è chiarito che «l'istituto dell'accesso civico generalizzato trova applicazione, sì, anche per le procedure di esecuzione degli appalti pubblici» ma deve essere salvaguardato l'aspetto della riservatezza e quindi "la verifica di compatibilità del suddetto accesso con le eccezioni di cui all'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013». Tra i limiti di applicazione del Foia rientrano anche «gli interessi economici e commerciali di una persona…giuridica».
In pratica, il Rup innanzi alla richiesta di ostensione, che abbia come riferimento l'accesso civico generalizzato, non può prescindere dall'effettuare un adeguato «bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza» e per quest'ultima si ravvisa l'esigenza di tutelare il segreto commerciale e industriale. Nella sentenza si fa notare il fatto che la stessa controinteressata, nell'opporsi alla richiesta di ostensione della propria offerta tecnica, ha ben evidenziato le ragioni. In particolare affermando che «l'offerta presentata» conteneva «elementi tecnici ed economici, organizzativi, di competenza ed esperienza tecnico-industriale, comprese quella commerciale e finanziaria, che costituiscono informazioni strategiche e commercialmente sensibili» relative all'attività dell'appaltatore.
Non solo, secondo un ragionamento anche ripreso dalla stazione appaltante – che consentiva un accesso limitato - l'offerta riproduceva anche dati integranti «informazioni confidenziali e riservate in ordine alle scelte strategiche operate dalla Società relativamente alla gestione dell'infrastruttura e al ritorno atteso dall'investimento connesso al progetto».
L'offerta, inoltre, prospettava una sintesi sugli «scenari futuri» del mercato in grado di disvelare la posizione strategica dell'operatore economico. Si trattava, in pratica, di una serie di informazioni, non solo tecnico/economiche che, per definizione costituiscono «segreti commerciali, la cui ostensione - riguardando dati futuri e non storici» avrebbero gravemente pregiudicato il controinteressato. La presenza di questi elementi e, soprattutto, l'adeguata motivazione al diniego opposto dalla stazione appaltante, ha rivelato quindi una valutazione istruttoria congrua al canone di proporzionalità «in base al test del danno (c.d. harm test)» per cui si è ritenuto prevalente l'interesse alla tutela «del know-how industriale e commerciale» negando l'ostensione.

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