Appalti

Anac: la deroga generalizzata in emergenza nel soprasoglia è complessa da applicare

In ogni caso, nella legge di gara, il Rup dovrà richiamare esplicitamente le norme codicistiche

di Stefano Usai

Con la delibera del 26 ottobre scorso, l'Anac ha risposto alla richiesta di parere sulla corretta interpretazione del comma 4 dell'articolo 2 della legge 120/2020 che - in relazione a certi settori «strategici» - consente nel periodo «emergenziale» una deroga generale alle norme codicistiche, al netto di alcune eccezioni e a tutto vantaggio delle direttive comunitarie i cui vincoli rimangono momento imprescindibile per il Rup.

Il parere
L'amministrazione richiedente si è rivolta all'Anac in quanto, «in considerazione dell'importante patrimonio immobiliare dalla stessa gestito, sia a livello centrale sia periferico», ha rilevato importanti «problemi interpretativi, con particolare riferimento all'individuazione delle disposizioni comunitarie e di derivazione comunitaria che costituirebbero espressione di vincoli non inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea e che sarebbero oggetto di disapplicazione a opera delle stazioni appaltanti». Il dubbio, evidente sotto il profilo pratico è che attraverso una deroga generalizzata la stazione appaltante si potrebbe trovare davanti a «vuoti normativi» e quindi a doverli «affrontare in conseguenza della disapplicazione delle norme che non trovano diretto riscontro nella normativa dell'Unione europea».
Seconda questione è se la deroga in parola debba ritenersi (o meno) obbligatoria per la stazione appaltante con conseguente richiesta su quali disposizioni, oggettivamente, potrebbero essere disapplicate.
La norma appare composita e di non facile applicazione pratica. Nel comma 4, articolo 2, infatti è previsto, individuati una serie di settori strategici per l'economia (dall'edilizia scolastica, sanitaria, passando per il settore delle infrastrutture per ricerca, sicurezza pubblica eccetera) che «le stazioni appaltanti, per l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonchè dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, e per l'esecuzione dei relativi contratti, operano in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonche' dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/Ue e 2014/25/Ue, dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto».
Non solo, «Queste disposizioni si applicano, altresì, agli interventi per la messa a norma o in sicurezza degli edifici pubblici destinati ad attività istituzionali, al fine di sostenere le imprese e i professionisti del comparto edile, anche operanti nell'edilizia specializzata sui beni vincolati dal punto di vista culturale o paesaggistico, nonchè di recuperare e valorizzare il patrimonio esistente».

Il riscontro
Sotto l'aspetto pratico, l'Anac ha evidenziato l'effettiva complessità interpretativa della norma e, soprattutto, la difficoltà di individuare, attivando la deroga, la corretta disciplina applicabile visto che alcuni vincoli introdotti nel codice non sono rinvenibili nelle direttive comunitarie.
In dettaglio, il parere ha citato «ad esempio alcune cause di esclusione previste dall'articolo 80 del Codice, oppure al sistema di qualificazione degli operatori economici per i lavori di importi superiori a 150mila euro, oppure ancora alla delicata materia della risoluzione del contratto, alla differenza tra l'articolo 73 della direttiva 24/2014/Ue che ha dettato indicazioni generali rivolte agli Stati membri e l'articolo 108 del Dlgs 50/2016 che invece ha puntualmente articolato le ipotesi di risoluzione rappresentando una guida diretta per le stazioni appaltanti. Per queste ipotesi dovrebbe operare la disapplicazione prevista dal comma 4 dell'articolo 2 del decreto in esame, con conseguente creazione di un vuoto normativo da colmare a cura dell'interprete».
Pur vero, prosegue la delibera, che «alle difficoltà discendenti dalla immediata applicazione delle sole direttive», si sottolinea, «potrebbe ovviarsi con una attenta redazione dei documenti di gara che consenta di includere espressamene nella lex specialis il contenuto di tutte quelle disposizioni derogate che dovessero, invece, ritenersi necessarie alla migliore speditezza del procedimento di aggiudicazione e della esecuzione del contratto».
Lavoro «istruttorio» del Rup che incrementerebbe notevolmente gli oneri «per le stazioni appaltanti sin dalla fase della redazione della documentazione di gara».
Proprio per questo, si ricorda che con il documento del 3 agosto, di commento al Dl 76/2020, l'Autorità ha chiesto l'eliminazione di questa norma restando, però, inascolata.
Nel riscontro, infine, l'Anac ha precisato che la norma, e quindi la deroga generalizzata, non deve intendersi come di obbligatoria applicazione.
Nel parere l'autorità ha aggiunto il suggerimento per cui, in ogni caso, utilizzando la deroga sicuramente non può essere omessa l'applicazione della disciplina «delle cause di esclusione previste dall'articolo 80 del Codice (divieti di contrarre con la pubblica amministrazione, annotazioni nel casellario, violazione del divieto di intestazione fiduciaria, violazione delle norme sul lavoro dei disabili o in materia di salute e sicurezza sul lavoro, condanna per i reati di cui al comma 5, lettera l), situazioni di controllo tra partecipanti alla medesima gara, pantouflage), quella relativa al sistema di qualificazione degli operatori economici per i lavori di importi superiori a 150mila euro e la materia della risoluzione del contratto».
In ogni caso, nella legge di gara, il Rup dovrà richiamare esplicitamente le norme codicistiche che intende applicare al procedimento.

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