Antimafia, il controllo giudiziario nei confronti dell'impresa non cancella l'interdittiva già emessa
Il Consiglio di Stato esclude la sospensione dell'informativa e la riammissione alla gara perché il controllo giudiziario non può avere effetto retroattivo
Nel caso di informativa antimafia a carattere interdittivo emanata a carico di un concorrente a una procedura di gara che abbia determinato il provvedimento di esclusione dello stesso, tale provvedimento non può essere rivisto e rimesso in discussione in conseguenza dell'ammissione del concorrente al così detto controllo giudiziario, istituto previsto dalla stessa disciplina antimafia e che comporta la nomina di organismi terzi per la gestione dell'azienda. È questo il principio affermato dal Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2022, n. 2847, che delimita in senso restrittivo gli effetti conseguenti al così detto controllo giudiziario cui sia sottoposta l'impresa sospetta di infiltrazioni mafiose, istituto previsto dalla disciplina antimafia per attutire le conseguenze dell'informativa antimafia sull'operatività del soggetto che ne risulta colpito, attuando una sorta di commissariamento giudiziale dei relativi organi decisionali.
Il fatto
Il Ministero della Difesa aveva indetto una procedura di gara per l'affidamento di lavori di urbanizzazione primaria e costruzione di alloggi. Presentava domanda di partecipazione un raggruppamento temporaneo di imprese, che all'esito della selezione risultava primo in graduatoria. Successivamente, in sede di verifica dei requisiti, la stazione appaltante riscontrava l'esistenza di un'informativa antimafia a carattere interdittivo nei confronti dell'impresa mandataria. Tale circostanza non veniva disconosciuta dal raggruppamento, che tuttavia evidenziava che il provvedimento era stato contestato dal destinatario e in ogni caso segnalava la possibilità di sostituire la mandataria con altro soggetto. Il Ministero della Difesa non accoglieva tale istanza e procedeva all'esclusione del raggruppamento in considerazione dell'informativa antimafia sussistente a carico della mandataria. Ciò anche in ragione dell'impossibilità di sostituire la mandataria per non violare il principio di immodificabilità del raggruppamento temporaneo, a tutela del più generale principio della par condicio tra i concorrenti. Successivamente la Corte di Appello di Napoli ammetteva l'impresa mandataria al controllo giudiziario disciplinato dall'articolo 34 – bis del D.lgs. 159/201 (Codice antimafia), nominando un amministratore giudiziario incaricato del controllo e della conseguente gestione dell'azienda.
Anche in virtù di tale circostanza sopravvenuta, il raggruppamento concorrente formulava istanza di riammissione alla gara, che tuttavia non riceveva alcun riscontro da parte della stazione appaltante. Il raggruppamento proponeva quindi ricorso davanti al giudice amministrativo contro il provvedimento di esclusione. A fondamento del ricorso veniva posto il motivo secondo cui, a seguito della sottoposizione dell'impresa mandataria al controllo giudiziario e in relazione agli effetti che la norma riconduce allo stesso, il provvedimento di esclusione del raggruppamento doveva ritenersi sospeso in virtù e a partire dall'istanza di ammissione a tale controllo presentata dal soggetto interessato.
La pronuncia del Tar Campania
Il Tar Campania ha respinto il ricorso. A fondamento di questa decisione viene posta la considerazione centrale secondo cui l'ammissione dell'impresa al controllo giudiziario non ha carattere retroattivo, nel senso che non può incidere su atti e provvedimenti assunti in precedenza. Di conseguenza, non può comportare l'annullamento del provvedimento di esclusione adottato nei confronti dell'operatore economico emanato antecedentemente all'ammissione al controllo giudiziario. La ratio del controllo giudiziario è infatti quella di consentire all'impresa che ne viene ammessa di partecipare alle procedure di gara indette successivamente, non certo quella di sanare situazione pregresse ammettendo alla gara ex post l'operatore che ne sia stato precedentemente e legittimamente escluso, in un momento in cui i presidi propri del controllo giudiziario non erano attivi.
Peraltro se si accogliesse la tesi contraria si arriverebbe all'inaccettabile conclusione secondo cui gli atti della procedura di gara – nel caso specifico il provvedimento di esclusione – sarebbero costantemente precari, dovendo essere rivisti in virtù di eventi intervenuti successivamente e non prevedibili. Il che introdurrebbe nella procedura un'alea inaccettabile e in palese contrasto con le esigenze di celerità e certezza che sono proprie della fase di scelta del contraente. La sentenza di primo grado è stata impugnata in appello dall'originario ricorrente. Quest'ultimo ha riproposto la tesi secondo cui la tempestiva presentazione dell'istanza per il controllo giudiziario – e quindi anche prima del formale provvedimento di accoglimento della stessa – consentirebbe la riammissione alla gara del soggetto che ne era stato escluso in quanto colpito da informativa antimafia, a condizione che il controllo giudiziario sia disposto prima della conclusione della gara medesima.
Secondo l'appellante si tratterebbe dell'unica interpretazione coerente con la ratio dell'istituto, che è quella di salvaguardare la continuità aziendale di imprese occasionalmente soggette a tentativi di infiltrazione mafiosa. Se infatti non vi fosse l'effetto sospensivo dei provvedimenti pregiudizievoli per l'impresa conseguente all'istanza di ammissione al controllo giudiziario, non si perseguirebbe il fine di preservare la posizione di mercato dell'impresa e la conseguente integrità aziendale.
La posizione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, confermando nella sostanza la sentenza di primo grado. Al fine di inquadrare la questione oggetto della controversia, il giudice d'appello offre in via preliminare una ricostruzione del complessivo quadro normativo di riferimento. In primo luogo rileva la previsione dell'articolo 80, comma 2 del D.lgs. 50/2016 che indica tra le cause di esclusione dalle gare, tra le altre, essere soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (che sono appunto alla base dell'emanazione dell'informativa antimafia a carattere interdittivo). La stessa norma espressamente prevede che resta fermo quanto previsto dall'articolo 34-bis, commi 6 e 7 del D.lgs. 159/2011 (Codice antimafia). Quest'ultima disposizione è appunto quella che disciplina il così detto controllo giudiziario. In particolare il comma 6 prevede che le imprese destinatarie di informativa antimafia possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l'applicazione del controllo giudiziario, che prevede la nomina di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario che si sostituiscono agli ordinari organi gestori dell'azienda.
Il successivo comma 7 stabilisce che il provvedimento che dispone il controllo giudiziario sospende gli effetti tipici dell'informativa antimafia, che comportano per il soggetto che ne è colpito il divieto, tra l'altro, di stipulare contratti di appalto. Secondo quanto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato l'informativa antimafia produce in capo al soggetto interessato una particolare forma di incapacità giuridica, che comporta l'impossibilità di essere titolare di rapporti giuridici con le pubbliche amministrazioni. Sulla base della ricostruzione di questo quadro normativo, il Consiglio di Stato articola le sue conclusioni in relazione alla vicenda in esame. La norma fondamentale di riferimento è quella contenuta nell'articolo 80, comma 2 del D.lgs. 50: la stessa va interpretata nel senso che se la procedura di gara è in corso, l'operatore economico nei cui confronti sia stata emanata l'informativa antimafia va escluso dalla stessa. Al contrario, se la procedura si è conclusa e si è già nella fase esecutiva dell'appalto, l'ammissione al controllo giudiziario consente che l'operatore prosegua nell'esecuzione del contratto in corso. È in questo senso infatti che va inteso il richiamo alla salvezza dei commi 6 e 7 dell'articolo 34-bis, sopra ricordato. Tale salvezza va riferita esclusivamente alla fase esecutiva del rapporto, e non a quella inerente la partecipazione alla gara.
Questa conclusione è coerente con la natura eccezionale della sospensione degli effetti dell'informativa antimafia, che peraltro deroga al principio generale secondo cui i requisiti in capo all'appaltatore devono essere presenti al momento dell'indizione della gara ma devono anche permanere per tuto lo svolgimento della stessa e anche per l'intera fase esecutiva del contratto. La deroga di natura eccezionale risponde a due esigenze fondamentali: la prima è consentire alla stazione appaltante di non dover recedere da un contratto in corso di esecuzione, a suo tempo assegnato al contraente che ha presentato la migliore offerta, evitando le diseconomie e i disservizi conseguenti a una scelta di questo tipo. La seconda di permettere all'operatore economico di attivare gli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento per ripristinare, ove ve ne siano le condizioni, la sua piena operatività aziendale. Sotto questo secondo specifico aspetto, la sospensione degli effetti dell'informativa antimafia – conseguente al controllo giudiziario - ha la finalità di salvaguardare, sia pure per un periodo limitato, la capacità economico – produttiva dell'azienda, con l'obiettivo prioritario di tutelare la forza lavoro. In questa logica, tale sospensione può ragionevolmente trovare applicazione nella fase esecutiva del contratto, mentre non sarebbe razionale estenderne gli effetti anche alla fase antecedente di scelta del contraente. In sostanza, mentre la tutela di salvaguardia della capacità produttiva dell'azienda e in particolare del personale occupato implica che l'azienda stessa possa continuare a eseguire i contratti già in essere, andrebbe oltre la ratio della norma consentire che in virtù dell'istituto di salvaguardia del controllo giudiziario essa possa continuare a concorrere a gare per ulteriori affidamenti, rispetto ai quali vanta peraltro una mera aspettativa di fatto.
A ciò si aggiunga che l'informativa antimafia è stata adottata in conseguenza del tentativo di infiltrazione mafiosa, che potrebbe essere avvenuto proprio in relazione alla partecipazione a una o più procedure di gara; per cui sarebbe contraddittorio consentire all'impresa tale partecipazione, evitando l'effetto escludente, semplicemente in virtù della presentazione dell'istanza di ammissione al controllo giudiziario o anche dell'accoglimento di tale istanza, non sussistendo le esigenze sopra rappresentate con riferimento ai contratti in corso di esecuzione. La conclusione di queste argomentazioni è netta: l'ammissione al controllo giudiziario di cui all'articolo 34 - bis del D.lgs. 159/2011 non ha effetti sui provvedimenti di esclusione già adottati in relazione all'esistenza di un'informativa antimafia, che restano fermi e inamovibili. Gli effetti valgono solo per il futuro, consentendo eventualmente all'impresa di partecipare ad altre procedure di gara bandite dopo l'ammissione al controllo giudiziario.