Appalti

Appalti, la Pa può decidere il ritiro in autotutela della certificazione del credito rilasciata all'impresa

Il Tar Palermo ribadisce che i crediti certificati sono una «peculiare forma di ricognizione del debito» e mantengono un rapporto sostanziale con il sottostante contratto

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di Massimo Frontera

Il credito di un'impresa certificato dalla Pa non è sempre "moneta corrente" ma resta una «peculiare forma di ricognizione del debito»; e l'eventuale acquirente del credito certificato - anche nella forma pro-soluto - corre il rischio di rimanere a bocca asciutta nel caso la Pa riscontrasse illegittimità nel contratto sottostante all'emissione della certificazione del credito e decidesse pertanto di ritirarla in autotutela. Lo ha ribadito di recente il Tar Palermo con la pronuncia n.382/2023 pubblicata lo scorso 7 febbraio, nella quale conclude anche per l'inammissibilità del ricorso per l'annullamento del ritiro in autotutela presentato dalla stessa impresa contraente.

La vicenda riguarda una amministrazione che ha affidato a un operatore economico una serie di prestazioni a trattativa privata senza bando (ai sensi dell'allora codice appalti del 2006, articolo 125) e per le quali ha rilasciato all'impresa una serie di certificazioni del credito maturato. Certificazioni che l'impresa ha ceduto pro-soluto a terzi, tra cui un intermediario che ha acquistato certificazioni per circa 120mila euro. Quando però quest'ultimo ha voluto riscuotere i crediti acquistati si è visto opporre il rifiuto dalla Pa debitrice. La sentenza spiega che i nuovi vertici dell'amministrazione debitrice hanno accertato «numerose e gravi illegittimità» commesse dai precedenti amministratori relativamente al contratti stipulati e ha pertanto deciso il ritiro in autotutela delle certificazioni emesse (non prima di aver avviato il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo del creditore terzo) per scongiurare «un chiaro danno erariale».

I giudici ricordano che, secondo il codice appalti del 2006 (Dlgs 163), «l'amministrazione cui è stata notificata la cessione può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto relativo a lavori, servizi, forniture, progettazione con questo stipulato». Tale principio, sottolineano i giudici, non è mai venuto meno nel corso delle successiva produzione normativa volta a favorire l'emissione e la circolazione dei crediti certificati. «La certificazione del credito - precisano i giudici - non comporta alcuna astrazione sostanziale del rapporto sottostante, il quale continua, anzi, a mantenere la propria rilevanza anche in caso di cessione della certificazione medesima. Sarebbe, infatti, illogico ritenere che il legislatore abbia dato espressa rilevanza al rapporto sottostante in caso di cessione della certificazione medesima, senza che esso abbia rilievo anche nei confronti del destinatario della certificazione».

In questa prospettiva, «la certificazione in questione non può che essere inquadrata in termini di una peculiare forma di ricognizione di debito (art. 1988 c.c.), connotata da talune specificità sul piano procedurale, determinate dalla forte spinta alla circolazione dei crediti certificati, incentivata nel tempo dal legislatore. Specificità che, tuttavia, non sono tali da ritenere derogato uno degli aspetti caratterizzanti l'istituto, ovvero l'impossibilità di astrarre del tutto il rapporto sottostante, la cui esistenza è presunta sino a prova contraria».

Nella specifica controversia i giudici della seconda sezione del Tar Sicilia concludono dichiarando inammissibile il ricorso, in quanto la parte ricorrente - che si è rivolta al Tar per l'annullamento del ritiro in autotutela delle certificazioni emesse - è proprio l'impresa cui erano state rilasciate le certificazioni, poi cedute a terzi. In questo caso, spiegano i giudici, «il ritiro in autotutela è sopraggiunto una volta che la certificazione aveva esaurito la propria ragion d'essere: essa era stata ceduta dall'odierna ricorrente e portata ad esecuzione dall'intermediario cessionario. Ne discende che l'utilità che potrebbe avere per la società ricorrente un'eventuale pronuncia di annullamento del provvedimento di ritiro in autotutela della certificazione sarebbe, sin dal momento della proposizione del presente processo, del tutto inconsistente: una volta tornata – per ipotesi – a rivivere la certificazione già annullata in autotutela, la stessa non potrebbe essere più utilmente opposta
all'Amministrazione resistente, prescindendo dagli esiti del relativo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo».

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