Il Commento Appalti

Appalti, più formazione e conoscenza per sfruttare le potenzialità della partnership pubblico-privata

Il Ddl delega appalti e Anac rilanciano Ppp e Pf, ormai maturi per servire la Pa, evitando norme complesse

di Velia Maria Leone (*)

L'evidenza empirica conferma che il partenariato pubblico privato - Ppp - e, in particolare, la proposta a iniziativa privata garantiscono una maggiore efficienza ed efficacia nella realizzazione di opere di pubblico interesse e nella prestazione di servizi complessi, poiché consentono di sfruttare al massimo la capacità di spesa pubblica - da intendersi come fondi a disposizione e non in termini assoluti -, da un lato, e, al contempo, le competenze realizzative, prestazionali e gestionali del settore privato, combinandole per ottenere maggior funzionalità e qualità, nonché per accelerare significativamente i processi di investimento. Questa constatazione è, viepiù, rilevante nell'ottica del Pnrr (si veda anche "Recovery plan: giusto semplificare, ma per aiutare gli investimenti rafforziamo anche il Ppp"), che, tuttavia, poco dice in tema di Ppp, nonostante l'efficienza di modelli di Ppp ben congetturati consenta di creare un effetto leva sulle risorse - pur ingenti - messe sul tavolo dal settore pubblico in questo frangente e, al contempo, di superare alcuni dei nodi procedurali che causano i maggiori ritardi, in particolare riguardo alla fase di progettazione, favorendo una notevole accelerazione in fase di aggiudicazione e di esecuzione del contratto di concessione, che ne deriva. Inoltre, tale strumento consente al mercato degli operatori economici di crescere, attraverso l'interlocuzione privilegiata con le Amministrazioni per la pianificazione, la realizzazione e la gestione di opere pubbliche o di pubblica utilità, finanziariamente sostenibili. Insomma, se ben utilizzato, il Ppp è uno strumento che non solo può apportare rilevanti benefici allo stock infrastrutturale del Paese, anche in relazione ai servizi, ma può, altresì, contribuire a ritrovare un equilibrio possibile tra le esigenze dell'Amministrazione e degli operatori economici, a tutto vantaggio degli utenti finali. Un risultato non da poco per l'economia nazionale, ancora in sofferenza a causa del Covid-19.

L'importanza del Ppp e le sue potenzialità - con particolare riferimento alla finanza di progetto, che rappresenta solo una delle modalità di affidamento per questo tipo di contratti preconizzate nel Codice dei Contratti pubblici - sono state, da ultimo, reiterate nel testo del disegno di legge delega in materia di contratti pubblici, che, alla lettera n) dell'articolato, prevede la necessità di «razionalizzazione, semplificazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo alla finanza di progetto, anche al fine di - è opportuno sottolineare - rendere tali procedure effettivamente attrattive per gli investitori professionali, oltre che per gli operatori del mercato delle opere pubbliche, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti».

Questa previsione si inserisce, a pieno titolo, nel dibattito, ormai ultraventennale, sul c.d. "project finance", soprattutto ad iniziativa privata, che ha goduto di alterne fortune nell'ambito delle norme italiane in materia, rimanendo, peraltro, pressoché ignorato a livello europeo. Infatti, nonostante un iniziale interesse ed alcune perplessità manifestate in passato dalla Commissione Europea, la disciplina UE sulle concessioni - ossia la Direttiva 2014/23/UE - non compendia l'ipotesi dell'iniziativa privata, né la nozione di Ppp come modello contrattuale, se non nella misura in cui lo stesso sia qualificabile come concessione in virtù del trasferimento del rischio operativo sull'operatore economico.

Solo per rinfrescarci la memoria, la c.d. finanza di progetto è stata, per la prima volta, introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge n. 415/1998 - c.d. "Merloni-ter" -, che la collocava agli artt. 37-bis e ss. della Legge n. 109/1994 - la c.d. "Legge Merloni". Tale scelta era da ricondurre alla stagione - poi superata - dei c.d. progetti-pilota, come il Ponte sullo Stretto di Messina, la Salerno-Reggio Calabria, etc., ossia quelle mega-infrastrutture dove era necessario l'intervento della finanza privata per riuscire a realizzare le opere pubbliche. Poi, fu riconosciuto il diritto di prelazione - con la Legge n. 166/2002, c.d. "Merloni quater" -, successivamente abrogato dal D.Lgs. n. 113/2007 - a seguito della procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea - e, poi, ripristinato. Secondo l'impianto della Legge Merloni - nell'ultima sua versione vigente -, era previsto un unico procedimento ad iniziativa di parte, articolato nelle seguenti fasi: (i) pubblicazione di un avviso entro 20 giorni dall'approvazione della programmazione in cui figuravano opere realizzabili mediante capitali privati; (ii) presentazione di una o più proposte; (iii) valutazione di fattibilità delle proposte e comparazione tra le stesse, con selezione della migliore proposta; (iv) avvio della procedura di affidamento, ponendo a base di gara il progetto preliminare presentato dal promotore, nonché i valori degli elementi necessari per la determinazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, coerentemente con le previsioni del piano economico-finanziario presentato dal promotore; (v) aggiudicazione della concessione mediante una procedura negoziata da svolgere fra il promotore ed i soggetti che avevano presentato le due migliori offerte nella gara, con possibilità, per il promotore, di esercitare il diritto di prelazione.

Il D.Lgs. n. 163/2006, ossia il preesistente codice appalti, all'art. 153 ha innovato e previsto una disciplina molto più articolata del c.d. "project finance", prevedendo ben quattro diverse opzioni procedimentali, segnatamente:
1) una prima, ad iniziativa pubblica, riguardante i lavori già inseriti in programmazione che, sostanzialmente, rispecchia quella prevista dall'art. 183 del Codice attuale, mettendo a base di gara lo studio di fattibilità e chiedendo, nelle offerte, il progetto preliminare;
2) una seconda, distinta in due fasi, ossia una gara volta esclusivamente ad attribuire il diritto di prelazione, e una seconda - basata sul progetto preliminare approvato e le condizioni economiche e contrattuali offerte dal promotore -, per l'aggiudicazione della concessione, in cui il promotore può esercitare la prelazione. Questa procedura, al limite del barocchismo, non è stata, praticamente, mai utilizzata, ed a ragione;
3) una terza procedura, che consente ai soggetti in possesso dei requisiti del concessionario di presentare una proposta in caso di inerzia dell'Amministrazione, ossia laddove, in relazione a ciascun lavoro inserito nell'elenco annuale, per il quale l'Amministrazione non abbia provveduto alla pubblicazione del relativo bando entro 6 mesi dalla sua approvazione. In questa ipotesi, è previsto che l'Amministrazione pubblichi un avviso per sollecitare ulteriori proposte, contenente i criteri di valutazione comparativa delle stesse e, a seguito della individuazione della proposta d'interesse pubblico, possa, alternativamente, procedere all'indizione di (i) un dialogo competitivo, se il progetto preliminare necessita di modifiche, (ii) una procedura per l'aggiudicazione di una concessione, se il progetto non necessita di modifiche, oppure, sempre ove il progetto non necessiti di modifiche e sia approvato, (iii) una procedura di aggiudicazione, con diritto di prelazione. Anche questa alternativa è rimasta, sostanzialmente, lettera morta, per le stesse ragioni;
4) un'ultima procedura - guarda caso, la più utilizzata - per le opere non inserite in programmazione, che, sostanzialmente, coincide con quella oggi disciplinata dall'art. 183, comma 15 del Codice attuale.
A fronte di tale pregresso, il Codice attuale costituisce decisamente - seppure con alcuni limiti di coordinamento con le previsioni in materia di appalti - un passo avanti rispetto alle complesse norme preesistenti. Lo stesso, peraltro, è stato, ulteriormente, modificato ed ampliato, in modo da consentire la proposta spontanea anche in relazione ad opere già inserite in programmazione (si veda anche "Ppp, dal decreto Semplificazioni uno stimolo all'iniziativa dei privati" del 21 luglio 2020).

In questo contesto si inquadra la Deliberazione Anac n.219 del 16 marzo 2021 ("Partenariato pubblico privato – risultanze emerse nel corso dell'attività di vigilanza svolta dall'Autorità nel 2020 – analisi"), in cui la stessa Anac - tradizionalmente non particolarmente favorevole - ha ribadito l'importanza del Ppp e dell'iniziativa privata, in quanto istituto strategico per il settore pubblico, con indubbie ricadute positive sulla collettività. Tale analisi è riportata anche nella Relazione annuale al Parlamento dell'Anac, tenutasi nel mese di giugno 2021, in cui il Presidente Busia ha evidenziato il particolare interesse dei contratti di Ppp, pur sottolineandone la complessità applicativa, che si rivela già nella fase di programmazione e progettazione, permanendo, peraltro, anche nella fase di scelta del contraente e gestione del contratto.

Tali problematiche sono state, in particolare, riscontrate negli enti locali che hanno minori dimensioni, spesso non abbastanza attrezzati per la gestione di strumenti progettuali giuridici ed economici complessi, oltre che in relazione alla natura composita dei progetti stessi. Infatti, l'Anac ha rilevato alcune particolari criticità per le forme di partenariato ad iniziativa privata. Ciò detto, anche l'Anac ha suggerito che i potenziali ostacoli a un maggior ricorso al Ppp possano essere risolti attraverso una maggiore professionalizzazione (e - aggiungiamo - riduzione numerica, come attesta la tendenza alla concentrazione ribadita anche nel Pnrr) delle amministrazioni, nonché - per la procedura a iniziativa privata - mediante l'uso di avvisi per sollecitare gli operatori a presentare proposte in qualità di promotori, indirizzando gli stessi verso le specifiche esigenze dell'amministrazione, per, poi, selezionare la proposta fattibile e, in seguito, aggiudicare la gara vera e propria, ovvero fornendo alle stazioni appaltanti delle indicazioni sul punto, già formalizzate nelle predette Linee guida n. 9, oltre che una maggiore attenzione alla normativa esistente. Tali indicazioni sono, sicuramente, preziose in termini di policy, ma è auspicabile che non inducano il legislatore a reintrodurre complesse procedure che, già in passato, hanno dimostrato di non funzionare affatto e non contribuire allo sviluppo del mercato dei contratti di concessione, oggi ampiamente sdoganato dalla Direttiva 2019/23/UE, che, peraltro, non detta alcuna procedura specifica per l'affidamento di tale tipologia di contratti.

Peraltro, il rinnovato favor verso l'iniziativa privata è testimoniato dalla presa di posizione sull'applicazione delle garanzie della Legge 241/1990 al promotore: con deliberazione n.329 del 21 aprile 2021, infatti, l'Anac ha evidenziato che le amministrazioni sono tenute a concludere il procedimento di valutazione di fattibilità a seguito della presentazione di una proposta da parte di un privato, ai sensi dell'art. 183, comma 15 del Codice, sia essa positiva o negativa, con provvedimento espresso. In questa ottica di confermato interesse per l'istituto del c.d. "project finance" - o meglio si dovrebbe dire Ppp - si collocano le previsioni del Ddl sui contratti pubblici, che sono, senz'altro, da accogliere con favore, anche per la specificazione, relativa alla fase esecutiva delle concessioni, sulla necessità di «razionalizzazione della disciplina concernente le modalità di affidamento dei contratti da parte dei concessionari», con riferimento alla lettera s) dell'articolato.

Tuttavia, è necessario tener ben presente l'evoluzione dell'istituto nel tempo e le sue vicissitudini, così da non riproporre strumenti che si sono dimostrati già poco utili, causando, in un primo momento, distorsioni afferenti all'uso eccessivamente disinvolto della proposta a iniziativa privata e, poi, come sorta di contrappasso, un alone di sospetto e scarsa fiducia nello strumento in sé.

I tempi sono, ormai, maturi per liberare il c.d. "project finance" - rectius, i modelli di Ppp - da ogni pregiudizio: si tratta di uno strumento utile, che, se ben adoperato, sia dalla parte pubblica - che deve acquisire maggiore consapevolezza e dimestichezza con lo stesso -, sia dalla parte privata - che deve entrare in una logica di vera e leale partnership -, può contribuire efficacemente al conseguimento dell'interesse pubblico alle condizioni più sostenibili.

La volontà di innovare e perfezionare l'istituto del partenariato, specie a iniziativa privata, deve astenersi dal ricadere negli errori del passato e non aggravare ulteriormente il procedimento, con passaggi procedurali sterili e che non trovano base giuridica nella stessa Direttiva 2014/23/UE. Ciò in quanto, il Ppp, latamente inteso, può sicuramente costituire un volano per la ripartenza del Paese e un incentivo maggiore per la realizzazione degli investimenti - dentro e fuori il perimetro, oggettivo e temporale, del Pnrr -, mediante il coinvolgimento dei privati, che possono supportare le Amministrazioni con il loro contributo, non solo in termini di risorse economiche - che, oggi, potrebbero non rappresentare più l'obiettivo primario -, quanto, piuttosto, attraverso una maggiore competenza ed efficienza progettuale ed esecutiva. In conclusione, ci vuole una nuova visione, un nuovo lessico, ma occorre conservare la memoria degli errori passati per riuscire a sfruttare appieno i vantaggi oggettivi che il project finance/Ppp può offrire all'economia del Paese.

(*) Studio legale Leone & Associati