Personale

Assunzioni per il bonus ristrutturazioni, fuori dal limite del lavoro flessibile solo la quota a rimborso

Così la Corte dei conti per il Veneto che ha chiarito un dubbio che interessa moltissime amministrazioni locali

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

La spesa sostenuta dai Comuni per le assunzioni a tempo determinato effettuate per l'erogazione del bonus per le ristrutturazioni è esclusa dal limite al lavoro flessibile per la sola parte che gli enti riceveranno a rimborso dal ministero per lo Sviluppo economico. Queste le conclusioni della Corte dei conti per il Veneto, con la deliberazione n. 105/2021, nella quale, ripercorso il quadro normativo, si chiarisce un dubbio che interessa moltissime amministrazioni locali.

La legge di bilancio 2021, n. 178/2020, ai commi 69 e 70 concede ai Comuni l'opportunità di effettuare quest'anno assunzioni a tempo determinato e parziale di personale destinato a potenziare gli uffici preposti agli adempimenti connessi all'erogazione del beneficio di cui all'articolo 119 del Dl 34/2020.

Il bonus del decreto "Rilancio" è in questa fase in via di revisione, ma resta in piedi l'opportunità assunzionale correlata alla sua attuazione.

La legge 178/2020 introduce una deroga al vincolo alla spesa di personale in valore assoluto, ai sensi dei commi 557 e 562 della legge 296/2006, ma non fa menzione della possibilità di escludere quella stessa spesa anche dall'altro limite esistente, ovvero quello introdotto dall'articolo 9, comma 28, del Dl 78/2010.

Quest'ultimo fissa nel 50 per cento della spesa 2009 il tetto entro il quale contenere ciascun anno le somme destinate alle assunzioni in regime di lavoro flessibile, prevedendo poi l'esclusione dal limite per gli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale, per i quali il tetto è comunque fissato nella spesa sostenuta (cioè il 100%) per le stesse finalità in quell'anno.

I magistrati evidenziano dapprima che la finalità del comma 28 è arginare l'utilizzo di forme di lavoro flessibile, tra le quali rientrano evidentemente le assunzioni a tempo determinato. Inoltre, esattamente come vale per le disposizioni del comma 557 (e 562), esso persegue il contenimento della spesa pubblica e costituisce un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica confermato anche dalla Corte costituzionale.

Nessun dubbio quindi sulla sua cogenza. I commi 69 e 70 della legge di bilancio, peraltro, non prevedono alcuna deroga esplicita alla norma in commento, mentre ciò avviene in altri commi della stessa legge.

Deve perciò escludersi, conclude la Corte, che la deroga prevista ai commi 557 e 562 comporti ex sé la possibilità di derogare anche all'art. 9, comma 28, del Dl 78/10.

Detto questo la Sezione ricorda che lo stesso comma 28 contiene al suo interno la previsione dell'esclusione dal limite «nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea», con l'ulteriore precisazione che se la spesa è cofinanziata il vincolo non si applica con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti.

La soluzione al dubbio va perciò individuata nel testo della fonte legale: il comma 69 della legge di Bilancio prevede infatti che agli oneri derivanti dalle assunzioni i Comuni provvedono nei limiti delle risorse finanziarie disponibili «nonché di quelle assegnate a ciascun Comune mediante riparto di un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico».

Il costo del personale in questione può dunque essere coperto, almeno in parte (in funzione delle risorse assegnate), da specifici finanziamenti aggiuntivi (l'apposito fondo istituito nello stato di previsione del ministero dello Sviluppo economico).

Ciò consente, evidentemente, di derogare ai limiti di spesa previsti dall'articolo 9, comma 28, del Dl 78/2010, con riferimento alla sola quota finanziata «da altri soggetti», e cioè, nell'ipotesi considerata, dal Mise.

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