Appalti

Avvalimento, le false dichiarazioni dell'ausiliaria non condannano l'impresa principale

Il Tar Lazio chiarisce che il concorrente che si fa prestare i requisiti non può rispondere dei comportamenti dell'altra impresa

di Roberto Mangani

Nel caso di ricorso all'avvalimento le dichiarazioni mendaci rese in sede di gara dall'impresa ausiliaria non comportano l'esclusione dell'impresa principale concorrente, che non può essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dei comportamenti dell'impresa ausiliaria.

Questa è l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tar Lazio, Sez. III quater, 26 giugno 2020, n. 7211, che si esprime in dissenso dalla giurisprudenza dominante – ma non totalitaria – sancendo un principio che in realtà appare coerente con il corretto inquadramento dei rapporti tra impresa principale e impresa ausiliaria nell'ambito dell'avvalimento.

Il fatto

Una Asl aveva svolto una procedura negoziata ai sensi dell'articolo 36 del Dlgs. 50/2016 per la concessione del servizio di gestione dell'accesso e custodia di autoveicoli a pagamento.
All'esito della gara era intervenuta l'aggiudicazione a favore di un concorrente che ai fini della qualificazione era ricorso all'avvalimento, stipulando il relativo contratto con un'impresa ausiliaria. Quest'ultima, a seguito delle verifiche sui requisiti di carattere generale, era risultata in una situazione di irregolarità contributiva.
A fronte di questa situazione la stazione appaltante in un primo momento aveva invitato il concorrente aggiudicatario a procedere alla sostituzione dell'impresa ausiliaria, cosa che era puntualmente avvenuta.

In un secondo momento tuttavia la stazione appaltante aveva ritenuto di procedere in autotutela all'annullamento dell'aggiudicazione. Ciò in coerenza con un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le dichiarazioni mendaci presentate in sede di gara dal concorrente, anche con riferimento all'impresa ausiliaria, comportano l'esclusione dello stesso dalla relativa procedura.

Ciò sulla base della considerazione secondo cui la previsione contenuta all'articolo 89, comma 3 del D.lgs. 50, che in determinati casi consente la sostituzione dell'impresa ausiliaria, non si applica nel caso di dichiarazione non veritiera da parte di quest'ultima in merito al possesso dei requisiti di idoneità morale ex articolo 80, tenuto conto della previsione di carattere generale contenuta nel precedente comma 1 in ordine alle dichiarazioni che devono essere rese anche dall'impresa ausiliaria in sede di gara.
Il provvedimento di annullamento in autotutela dell'aggiudicazione è stato impugnato dall'originario aggiudicatario davanti al giudice ammnistrativo.

Le dichiarazioni mendaci dell'impresa ausiliaria
Il motivo fondante del ricorso si sostanzia nella considerazione che la riscontrata irregolarità contributiva in capo all'impresa ausiliaria da cui discende la relativa dichiarazione mendace da parte di quest'ultima non può riflettersi automaticamente in capo all'impresa principale concorrente. In sostanza a quest'ultima non può essere imputato – sanzionandolo con l'esclusione dalla gara – un comportamento proprio ed esclusivo dell'impresa ausiliaria.

A sostegno di questa tesi il ricorrente evidenzia come l'articolo 89, comma 1 prevede che nel caso di ricorso all'avvalimento il concorrente deve allegare in sede di gara una dichiarazione dell'impresa ausiliaria attestante il possesso in capo alla stessa dei requisiti generali ex articolo 80. La norma è quindi esplicita nello specificare che la dichiarazione deve essere resa dall'impresa ausiliaria, che ne assume quindi la relativa responsabilità. Da ciò consegue che ogni tipo di omissione o falsità contenuta nella richiamata dichiarazione non può che essere imputata esclusivamente all'impresa ausiliaria, senza alcun coinvolgimento dell'impresa principale, tanto più se si pretende che dalla falsa dichiarazione dell'impresa ausiliaria si possa far derivare addirittura l'esclusione dalla gara dell'impresa principale.
Il giudice amministrativo ha condiviso questa ricostruzione, ritenendo di conseguenza fondato il ricorso.

Nella sentenza viene in primo luogo ricordato che l'articolo 80, comma 5, lettera f - bis del D.lgs. 50 prevede tra le cause di esclusione dalla gara la circostanza che il concorrente nell'ambito della procedura abbia presentato documentazione o dichiarazioni non veritiere.
Nel caso in cui il concorrente faccia ricorso all'avvalimento questa previsione va letta in coordinamento con le due specifiche disposizioni contenute all'articolo 89.
In particolare viene in rilievo in primo luogo la disposizione del comma 1, secondo cui, dopo aver previsto che in sede di gara vi sia una dichiarazione anche dell'impresa ausiliaria in merito al possesso dei requisiti generali, viene sancito che in caso di dichiarazioni mendaci il concorrente è escluso dalla gara.

L'altra disposizione è contenuta al comma 3 e prevede che in caso l'impresa ausiliaria sia carente di requisiti o incorra in un motivo di esclusione – quindi non sia in possesso dei requisiti generali ex articolo 80 - la stazione appaltante impone al concorrente di procedere all'esclusione dell'impresa ausiliaria.

Si tratta di due previsioni che vanno lette e interpretate in maniera coordinata tra loro, in quanto possono dar luogo a qualche apparente contraddizione.

Secondo la giurisprudenza prevalente la genericità della previsione del comma 1 – che sancisce l'esclusione in caso di dichiarazioni mendaci - prevale sulla previsione specifica del comma 3, che invece consente in determinati casi la sostituzione dell'impresa ausiliaria.
La prima disposizione , nel sancire l'esclusione dalla gara, fa infatti riferimento in termini generali alle dichiarazioni mendaci, da chiunque rese. Di conseguenza sembra legittimare una lettura secondo cui l'esclusione del concorrente deve operare anche se tali dichiarazioni sono proprie dell'impresa ausiliaria, cosicché il primo viene a rispondere di un comportamento riconducibile alla seconda. In sostanza in questo caso la sostituzione dell'impresa ausiliaria non sarebbe possibile, non ricorrendo i presupposti di carenza dei requisiti o di sussistenza di motivi di esclusione indicati dal comma 3.

Il giudice amministrativo si è tuttavia discostato da questa interpretazione. Ha infatti sottolineato che se la ratio della norma è da individuare nella necessità di escludere dalle gare soggetti che, avendo rilasciato dichiarazioni mendaci, devono ritenersi non affidabili, la stessa va interpretata in coerenza con tale ratio e in senso costituzionalmente orientato. Un'interpretazione che vada in questo senso esclude che l'impresa principale che concorre alla gara sia chiamata a rispondere in termini di responsabilità oggettiva per una dichiarazione mendace resa da un soggetto diverso, cioè dall'impresa ausiliaria e per circostanze – quali una ritenuta irregolarità contributiva – riconducibili esclusivamente alla sfera giuridica di quest'ultima.

A riprova della correttezza di questa conclusione depone la circostanza che in alcun modo l'impresa principale poteva avere cognizione dei fatti a base della dichiarazione mendace, giacchè gli stessi non erano riscontrabili neppure da un'attenta lettura del relativo bilancio, cosicché non potrebbe essere imputabile all'impresa principale neanche una condizione di negligenza. In sostanza l'impresa principale non soltanto non conosceva la situazione di irregolarità contributiva dell'impresa ausiliaria oggetto della dichiarazione mendace, ma non era neanche in grado di poterla conoscere non disponendo di alcun potere di accesso ai dati aziendali della medesima. Di conseguenza non poteva che affidarsi alle dichiarazioni e alla documentazione fornita dall'impresa ausiliaria, con relativa impossibilità di poter configurare in capo all'impresa principale una corresponsabilità per la dichiarazione mendace resa dalla prima.

La conclusione del giudice amministrativo – che richiama peraltro anche un precedente orientamento giurisprudenziale, ancorché minoritario - è che il principio secondo cui la stazione appaltante, a fronte di una verifica negativa sul possesso del requisito relativo alla regolarità contributiva, deve escludere il concorrente dalla gara vale solo se l'irregolarità contributiva è propria dell'impresa concorrente, ma non nella diversa ipotesi in cui tale irregolarità fa capo all'impresa ausiliaria.

Il ruolo dell'impresa ausiliaria
Le conclusioni cui giunge la sentenza in commento riportano in un contesto che appare corretto i rapporti tra impresa principale e impresa ausiliaria nell'ambito dell'avvalimento.
Tali rapporti si fondano essenzialmente sull'esistenza di un contratto con cui l'impresa ausiliaria mette a disposizione dell'impresa principale mezzi e risorse funzionali a colmare il deficit di qualificazione che grava su quest'ultima in relazione alla partecipazione alla gara.
Nell'ambito di questo rapporto contrattuale le due imprese restano distinte, mantengono la loro autonoma soggettività e assumono ruoli diversi anche in relazione alla partecipazione alla gara. Sotto quest'ultimo profilo l'unico concorrente in senso proprio resta l'impresa principale, mentre l'impresa ausiliaria resta estranea alla procedura, vincolandosi nei confronti della prima (e anche della stazione appaltante) a mettere a disposizione i propri mezzi e risorse funzionali al requisito oggetto di prestito.

In questo contesto appare ragionevole che il concorrente alla gara (ovvero l'impresa principale) non sia chiamato a rispondere dei comportamenti posti in essere e delle dichiarazioni rese da un soggetto (l'impresa ausiliaria) che a detta gara rimane formalmente estraneo. Ragionando in termini diversi si verrebbe a configurare una sorta di responsabilità oggettiva per fatto del terzo - che, si ribadisce, non è legato da alcun vincolo associativo con il concorrente – che sembra essere illogica e contraria ai principi di proporzionalità e ragionevolezza.

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