Progettazione

Cassazione: progettisti da pagare in presenza di vizi dell'opera di cui non sono responsabili

La Corte ricostruisce la disciplina del la tutela della prestazione d'opera intellettuale in ambito edilizio

di Ivana Consolo

Con l'ordinanza civile n. 28614, emessa lo scroso 3 ottobre, i giudici di Piazza Cavour ci consentono di ricavare utili spunti in tema di diritto al compenso professionale in materia di prestazione d'opera intellettuale nell'edilizia. E difatti, ogni volta che il committente reputa, a torto o ragione, che l'opera appaltata presenti vizi e/o difformità, si ritiene automaticamente legittimato a negare il compenso ai professionisti che, a vario titolo, sono coinvolti nell'appalto. Ma la legge porta in tutt'altra direzione, obbligando ad indagare con molta cura e attenzione l'effettiva utilità dell'apporto professionale, nonché il ruolo giocato nella causazione dei vizi.

La vicenda
La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia, vede coinvolti i committenti dell'opera di demolizione e successiva ricostruzione di un edificio, l'impresa appaltatrice, ed il progettista nonché direttore dei lavori. All'origine del contendere, vi è il rifiuto dei committenti di corrispondere all'architetto progettista e direttore dei lavori, il compenso richiesto. A dire dei committenti, l'opera finale presentava vizi e difformità tali da avere reso necessari successivi interventi alquanto costosi. Da parte sua, l'architetto riteneva (potendolo agevolmente dimostrare) che la sua prestazione d'opera intellettuale fosse stata pienamente e perfettamente resa, e che i difetti dell'opera finale non fossero in alcun modo riconducibili a sua negligenza o imperizia.Tale contrapposizione, sfociava in ben due gradi di giudizio, che vedono soccombere i committenti. E difatti, tanto il Tribunale, quanto la Corte d'appello territoriale, ritengono dotata di pregio la posizione processuale del professionista, a cui viene riconosciuto il diritto a percepire il suo compenso, seppur ridotto rispetto alla sua richiesta originaria.Ma i committenti non accettano la loro soccombenza, e decidono di rimettere il caso alla valutazione della Suprema Corte.

La decisione della Cassazione
Dalle risultanze istruttorie e di causa, era emerso che l'architetto avesse effettivamente reso, nell'interesse dei committenti, prestazioni d'opera professionale sia quale progettista, che come direttore dei lavori. Ne consegue, che la domanda proposta dal professionista, e finalizzata al pagamento del compenso corrispondentemente maturato, appare del tutto fondata.La riduzione dell'importo operata dalla Corte territoriale, trova anch'essa giustificazione; e difatti, sempre dalle risultanze di causa, era emerso che alcune attività svolte dal professionista fossero state pretermesse, o comunque rese violando gravemente l'obbligazione di diligenza, manifestandosi così prive di alcuna utilità per i committenti.

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