Appalti

Cauzione provvisoria, la stazione appaltante non può pretendere che l'impresa paghi in proprio

L'obbligo dell'appaltatore si esaurisce una volta prestata regolarmente la garanzia

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di Stefano Usai

Il tardivo esercizio «del diritto di escutere la garanzia» provvisoria, «priva la stazione appaltante del diritto di rivolgersi all'impresa aggiudicataria inadempiente per chiedere l'escussione». L'impresa, infatti, nel prestare la cauzione provvisoria, non si obbliga «in proprio a pagare l'importo della cauzione» garantendo, semplicemente, «la serietà della propria offerta». Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 513/2020, in consonanza con l'orientamento consolidato.

La vicenda
La stazione appaltante si è rivolta ai giudici del Consiglio di stato impugnando la sentenza di primo grado che ha annullato la propria richiesta, diretta all'appaltatore, per ottenere il pagamento dell'importo della cauzione provvisoria che non poteva più essere escussa per decorrenza dei termini.
Il giudice del Consiglio di Stato ha ricordato la funzione della cauzione provvisoria che è quella di assicurare la serietà dell'offerta, «senza che però l'impresa si impegni a pagare la relativa somma direttamente nei confronti della stazione appaltante (è anzi prevista dall'articolo 93, comma 4, del D lgs 50/2016 la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale)». Né è possibile sostenere che l'impegno in parola persista in caso di tardiva escussione della cauzione.
L'obbligo dell'appaltatore, infatti, si esaurisce una volta «prestata doverosamente e regolarmente la garanzia». Pertanto, questi non può mai essere ritenuto obbligato direttamente «non operando la solidarietà tra fideiussore e debitore principale di modo che questi resti comunque obbligato per un debito proprio corrispondente all'importo della cauzione (sentenza del Consiglio di Stato, n. 1695/2018)».
Il giudice ha colto l'occasione per rammentare i principi, in materia, espressi nell'ordinanza 26/2022, della IV Sezione del Consiglio di Stato, che ha ribadito, quanto all'escussione della cauzione provvisoria prevista dall'articolo 93, comma 6, del Dlgs 50/2016, che questa:
• si applica automaticamente al verificarsi di qualunque "fatto" riconducibile alla sfera giuridica dell'affidatario «che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge»;
• non ha carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all'irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale «in primis della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come interpretata dalla relativa Corte circa i caratteri del "diritto punitivo", locuzione che, come noto, in sede sovranazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale».

Il risarcimento del danno
Il giudice ha distinto tra gli obblighi discendenti dalla prestata cauzione, per cui l'offerente viene garantito nel pagamento in caso non si sia giunti, per cause imputabili all'appaltatore, alla conclusione della procedura e alla correlata stipula contrattuale dalla possibilità della stazione appaltante, che rimane impregiudicata, di chiedere il risarcimento del danno.
A questo riguardo, infatti, è stato evidenziato come non sia precluso alla stazione appaltante di «richiedere il risarcimento del danno patito per effetto della mancata risoluzione del contratto addebitabile all'impresa già aggiudicataria, ma quel che è certo», è che l'acclarata «tardività dell'escussione della medesima le impedisce di richiedere il pagamento della garanzia alla stessa aggiudicataria».
Il giudice ha respinto anche la pretesa della ricorrente di configurare la richiesta di pagamento come (semplice) nota non avente «valenza provvedimentale, trattandosi di una mera richiesta avente ad oggetto una pretesa patrimoniale» e per difetto di competenza del giudice amministrativo.
La sentenza, quindi, ha sconfessato questa impostazione stante la lesività della comunicazione con cui si richiedeva il pagamento e per la circostanza che la richiesta, anche se di natura patrimoniale, risultava adottata in violazione del giudicato amministrativo già formatosi sulla questione e dunque riconducibile «alla giurisdizione esclusiva, ai sensi dell'art. 133, comma 1, n. 5), Cpa, sugli atti violativi o elusivi del giudicato amministrativo, non» trattandosi «evidentemente, di una mera richiesta di escutere la cauzione provvisoria nei confronti del garante, ma di far valere questa pretesa nei confronti dell'originaria aggiudicataria ignorando o, comunque, prescindendo da quanto statuito» dal giudicato (Consiglio di Stato n. 3190/2020).

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