Amministratori

Condono edilizio, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non prova la data di ultimazione lavori

L'onere di provare, oltre ogni dubbio, l'epoca in cui sono state ultimate le opere, grava su chi ha presentato l'istanza di condono

di Domenico Carola

Nell'istanza di condono edilizio, l'onere di provare la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, grava sul richiedente, trattandosi di un elemento essenziale per l'ammissibilità della stessa istanza. È quanto hanno ribadito i giudici della sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3841/2022.

La vicenda
Il proprietario di un terreno, sul quale sono state realizzate, in assenza di titolo edilizio, opere consistenti nella realizzazione di una strada, uno sbancamento e un fabbricato ha presentato ricorso contro l'ordinanza con cui il Comune gli aveva ingiunto la sospensione delle opere ritenute abusive. L'appellante aveva presentato un'istanza di condono dichiarando che le opere abusive erano state ultimate prima del 30 gennaio 2003. L'istanza è stata respinta dal Comune che ha ritenuto, sulla base dell'istruttoria procedimentale, consistente nella acquisizione di aerofotogrammetrie dei luoghi, che le opere da condonare non fossero ancora ultimate alla data del 31 marzo 2003. Avverso il provvedimento l'appellante ha proposto ricorso al Tar Sardegna che lo ha respinto e successivamente a ha proposto appello al Consiglio di Stato.

La decisione
I giudici di palazzo Spada hanno respinto il ricorso ritenendo che la questione va decisa tenendo presente che la giurisprudenza della Sezione è assolutamente consolidata nell'affermare che, in materia di condono edilizio, l'onere della prova circa l'effettiva ultimazione delle opere entro la data utile grava integralmente sulla parte privata, senza possibilità alcuna di inversione, dovendosi negare rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate (Consiglio di Stato, sezione VI, n. 3214/2021).

Il Consiglio di Stato, inoltre, ha affermato che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è applicabile nell'ambito del processo amministrativo, in quanto la stessa, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può, al più, costituire soltanto un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'Amministrazione (Consiglio di Stato Sezione VI, n. 358/2022).

Prima il Comune, e poi il Tar, hanno ritenuto che l'aerofotogrammetria scattata nell'aprile 2003 lasciasse margini a dubbi in ordine all'effettiva superficie del fabbricato a quella data, e questi dubbi sono effettivamente giustificabili. Infatti, nel confronto tra questa fotografia e quelle scattate in anni successivi emerge una differenza nell'ingombro del fabbricato, nel senso che questo ingombro è maggiore nelle aerofotogrammetrie posteriori al 2004: l'appellante ha tentato di giustificare questa differenza sostenendo che nella foto del 2003 parte del fabbricato fosse nascosta dalla vegetazione presente nei dintorni, mentre il Comune ha obiettato che la vegetazione sarebbe stata rimossa proprio per consentire l'ampliamento.

La giurisprudenza ha affermato che il richiedente il condono non può limitarsi a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferendo il suddetto onere di prova contraria in capo all'amministrazione (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 7670/2021). Ergo, è su chi richiede il condono edilizio che grava l'onere della prova, "pieno", dovendo dimostrare la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, in quanto si tratta di un elemento essenziale per l'ammissibilità dell'domanda di condono.

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