Urbanistica

Conformità edilizia, una trappola ai tempi dello smart working Pa

L'allarme di Anci e Ance e la proposta per velocizzare i lavori sugli edifici ante 1967

di Paola Pierotti e Giorgio Santilli

Bisogna sventare uno dei grandi rischi che incombe sul Superbonus: i tempi lunghi - anche 6-12 mesi - per avere dai comuni il titolo originario di costruzione (e le relative piante) che comprovi la conformità urbanistica ed edilizia dell'edificio su cui si interviene. Questo documento va inserito nel fascicolo che viene presentato in comune dal professionista che attesta la regolarità dell'intervento e lo stato legittimo degli edifici su cui eseguire i lavori. I tempi lunghi - che valgono soprattutto per edifici vecchi - sono prodotti da archivi comunali cartacei cui si aggiunge l'effetto dello smart working dei dipendenti pubblici che non possono reperire i documenti se non in presenza. La trappola della conformità (denunciata dal Sole 24 Ore in due inchieste del 16 ottobre e del 6 dicembre) diventa sempre più chiara a tutti, al punto che ora scende in campo l'Associazione nazionale dei Comuni (Anci), con il sostegno di alcuni assessori all'Urbanistica di grandi città come Roma e Milano.

E trova subito l'appoggio dei costruttori dell'Ance e delle professioni tecniche nel mettere a punto un emendamento da inserire nella legge di bilancio. Obiettivo della proposta - inviata al ministero delle Infrastrutture e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, padre della proposta originaria del Superbonus - è di non subordinare l'accesso al beneficio fiscale all'attestazione della regolarità urbanistica considerando valide le asseverazioni dei tecnici che riportino esclusivamente gli estremi del titolo edilizio (o la data di esecuzione dell'opera nel caso in cui si tratti di immobile costruito in un'epoca in cui non era obbligatorio il relativo titolo come nel caso di quelli realizzati prima del 1967).

Semplificazione diventa quindi in questo momento anche per l'incentivo al 110% la parola d'ordine. Con lo smart working che incombe e i bassi livelli di digitalizzazione del patrimonio archivistico (per le grandi città italiane siamo intorno all'8-10% in media e stiamo parlando di documenti scansionati, non digitabili), anche all'Anci l'unica strada possibile a breve termine sembra quella di agire sulla procedura stessa e di «tagliare alcuni aspetti burocratici che potrebbero ammazzare le opportunità del bonus del 110%».I comuni confermano lo stato dell'arte. «La documentazione attualmente necessaria – si legge nella nota Anci – prevede ricerche che, soprattutto negli archivi delle grandi città, richiedono un lasso di tempo che va dai sei ai dodici mesi per essere reperite: così si mette a rischio l'effettivo accesso agli investimenti. Non solo, questa laboriosa ricerca concentra integralmente il lavoro degli archivi dell'edilizia delle città su queste pratiche, bloccando di fatto tutta l'attività ordinaria che è altrettanto decisiva per la ripresa economica del nostro Paese».

La questione dell'accesso agli atti rimane una priorità. Ma richiede tempi non brevi e costa. Si chiede un sostegno statale (magari facendo ricorso al Recovery Plan) per le grandi città ma anche per i piccoli comuni. Nella nebbia fitta non manca qualche segno di luce, modelli e benchmark che sembrano approdare sul territorio italiano da Marte. È il caso del Comune di Bologna che ha investito una somma dell'ordine di tre milioni di euro per gli archivi. «Abbiamo digitalizzato l'intero processo edilizio dal 2015. E pertanto il 100% delle pratiche edilizie è trattato in modo digitale. Non solo la pratica, ma tutto il processo, compresa la ricerca negli archivi storici dell'edilizia (dal 1949 ad oggi) che serve ai professionisti per verificare la conformità edilizia di un immobile prima di presentare una pratica. Pertanto – spiegano dal Comune - non è solo una questione di numeri ma di completezza del processo, fino alla agibilità (atto finale).

Sono anche digitalizzati i procedimenti deposito pratica sismica e autorizzazione paesaggistica». Conversione completata in forma digitale (compresi foto, allegati, piante) di un archivio edilizio cartaceo (ormai non più movimentato) che ha una consistenza di 960mila pratiche (6,5 km lineari d'archivio) che servono quotidianamente ai professionisti per verificare la conformità. Ma come ha fatto Bologna a trovare le risorse? «Per questa massiccia digitalizzazione – spiegano i tecnici – le risorse sono derivate esclusivamente dai proventi delle sanzioni comminate per abusi edilizi e paesaggistici, frutto di un lavoro capillare di controllo sulle pratiche e sul territorio. Introitiamo annualmente dagli 1,5 a 2,5 milioni di euro da questa attività di controllo che reimpieghiamo (cosa prevista da legge regionale) anche in tecnologia ed informatica (non solo software ma anche ad esempio foto aeree sull'intero territorio comunale)».

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