Progettazione

Congresso/2. La qualità dell’architettura? È un bene tutelato dalla Costituzione

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di Massimo Frontera

Per difendere il valore della professione dell’architetto e dell’attività svolta dai progettisti, gli architetti ripartono dalla Costituzione. Il disegno di legge sulla qualità dell’architettura che viene posto al centro del dibattito dell’VIII congresso nazionale che apre a Roma il 5 luglio colloca il frutto della professione degli architetti tra i valori e le attività tutelate dalla nostra Carta. Anche se nella Costituzione la parola architettura non è presente, l’articolo 9 dice che la Repubblica italiana «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Ne discende - affermano gli architetti - «l'obbligo costituzionale di promozione della cultura e della ricerca, che grava su tutte le articolazioni della Repubblica (e quindi tanto sullo Stato, quanto su Regioni ed Enti Locali), legittimano l'introduzione di una normativa sulla valorizzazione dell'architettura, per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del suo interesse pubblico».

Da qui il Ddl - elaborato da un apposito gruppo di lavoro del Consiglio nazionale - strutturata in due parti: una dedicata alle definizioni e al campo di applicazione, l’altra dedicata alle politiche. Sui grandi principi costituzionali è facile ottenere un ampio consenso trasversale. Ma quando dai grandi temi si scende al livello della professionalità e delle competenze, è facile che le opinioni possano divergere. E infatti, alcuni passaggi della bozza di lavoro che è stata diffusa dagli architetti ha già suscitato la reazione degli ingegneri.

E questo perché l’articolo 4 del Ddl va al cuore di un tema molto delicato, come il confine delle competenze professionali tra architetti e ingegneri sugli immobili dichiarati di interesse storico-artistico. La norma che viene proposta mira a superare il confine di competenze che risale al regio decreto del 1925 (n.2537). Decreto che, all’articolo 52, spiegano gli estensori del Ddl , «attribuisce all'architetto la possibilità di intervenire sugli edifici di carattere storico artistico per la parte di progettazione architettonica, e a ingegneri e architetti per la parte ‘tecnica'». Gli architetti ricordano poi che la sentenza del Consiglio di Stato n.21/2014 «ha definitivamente chiarito la legittimità dell'esclusione della categoria professionale degli ingegneri dal conferimento di incarichi afferenti la direzione di lavori da eseguirsi su immobili di interesse storico-artistico, di competenza in via esclusiva degli architetti».

Ma sono le parole successive quelle che hanno creato allarme tra gli ingegneri: «Oggi - si legge infatti nel documento degli architetti - dopo quasi 100 anni dalla legge del 1925 molto è cambiato: non ci si può limitare al riconoscimento dell'edificio di carattere “storico-artistico”, perché nella maggior parte dei centri urbani è il tessuto stesso che assume carattere storico artistico. Ciò comporta che intervenire su un edificio che non ha caratteristiche storico-artistiche ma è inserito in un tessuto di questa natura, sia esso “centro storico” o “territorio storico” (definito da un piano territoriale), necessita delle stesse competenze esclusive».
Se due più due fa quattro, gli architetti sembrano lanciare una specie di specie di “Opa” professionale sul tessuto urbano consolidato delle nostre città.

La mossa non è passata inosservata. E la risposta non si è fatta attendere. Il Consiglio nazionale degli ingegneri ha pubblicato lo scorso 12 giugno una circolare dal titolo eloquente: “Richiesta urgente di intervento per la tutela della competenza degli ingegneri” . La circolare del Cni risponde alle sollecitazioni di «alcuni ordini territoriali» per «un intervento urgente per la tutela delle competenze degli ingegneri, per contrastare un presunto “Disegno di legge per la una legge per l'architettura”, riportante i loghi dell'VIII Congresso nazionale degli architetti e del relativo Consiglio nazionale».

La risposta, sottoscritta dal presidente del Cni, Armando Zambrano, rassicura gli ingegneri con il tono tranquillo di chi ha già imbracciato le armi per difendere il castello dall’assalto dei barbari. «Possiamo agevolmente assicurare - recita la circolare - sulla scorta di quanto avvenuto in passato, che ogni iniziativa legislativa tesa a limitare la legittima competenza degli ingegneri è stata sempre ben attenzionata e tempestivamente contrastata da questo Consiglio Nazionale, con successo, e ciò avverrà anche in questo caso, ove la proposta, allo stato a quanto pare di bozza di documento di principi e non di articolato, dovesse intraprendere un cammino parlamentare».

In nome dei grandi valori costituzionali si prepara dunque l’ennesima battaglia sul confine delle competenze tra ingegneri e architetti.
Chissà che pensano i nostri padri costituenti che ci guardano di lassù.

La proposta di una “Legge per l’architettura”

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