Amministratori

Consiglio di Stato, non si applicano alle circoscrizioni le norme per l'elezione del consiglio comunale

Non è possibile estendere in via interpretativa restrizioni all'accesso agli organi rappresentativi del territorio

di Amedeo Di Filippo

La norma che non assegna seggi alle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia non si applica all'elezione dei consigli circoscrizionali, salvo diversa previsione statutaria o regolamentare. Lo afferma la seconda sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4195/2022.

Il caso
Un mancato consigliere di circoscrizione ha impugnato la sentenza con cui è stato accolto il ricorso proposto da un altro candidato e corretto il verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale circoscrizionale, proclamando eletto quest'ultimo. Il Tar ha in particolare ritenuto inapplicabile l'articolo 73, comma 7, del Tuel in virtù del quale non sono ammesse all'assegnazione dei seggi per il consiglio comunale quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia. L'articolo 17, comma 3, del Tuel medesimo infatti demanda all'ente locale la potestà di regolamentare la modalità di elezione, senza alcun esplicito rinvio a puntuali norme di legge. Ha inoltre rilevato che, ai fini dell'individuazione della soglia di sbarramento, è necessario intendere per «voti validi» tutti quelli espressi per l'elezione a sindaco (e non solo quelli ottenuti delle liste) coerentemente con l'esigenza di evitare la frammentazione della rappresentanza politica all'interno dei singoli consigli, favorendone la governabilità, ma un'identica esigenza non ricorre con riguardo ai consigli circoscrizionali o di quartiere, i quali svolgono una funzione di impulso, consultiva e di supporto all'azione degli organi di governo del Comune.

La norma applicabile
Nel dichiarare infondato l'appello, la seconda sezione del Consiglio di Stato afferma che, in assenza di indicazioni ovvero di espliciti richiami al sistema elettorale previsto per i consigli comunali, non esistendo nel Tuel una regola analoga a quella un tempo contenuta nell'articolo 13 della legge 142/1990, non è possibile estendere in via interpretativa restrizioni all'accesso agli organi rappresentativi del territorio che l'autonomia organizzativa del Comune non ha inteso prevedere. Non è stato infatti riproposto l'articolo 7-bis della legge 120/1999, introdotto dalla legge 81/1993, espressamente abrogata dal Tuel, il quale diventa unica fonte primaria, che a sua volta rinvia la disciplina alla fonte sub-primaria dello statuto e secondaria del regolamento. Con due importanti postille. La prima involge la «particolare sensibilità della materia elettorale, che attinge ai più alti principi di democrazia partecipativa garantiti dalla Costituzione», che per questo non consente di favorire interpretazioni estensive di disposizioni che finiscono per limitare l'accesso alle cariche pubbliche, laddove ciò non sia espressamente previsto dal legislatore, nazionale o territoriale.

Le spese
La seconda postilla riguarda la tematica della condanna alle spese di giudizio, visto che nelle controversie concernenti l'elezione di propri organi l'amministrazione comunale è chiamata in giudizio solo in quanto destinataria del risultato delle votazioni mentre è estranea all'attività che ha determinato la controversia e neutrale rispetto alla consultazione, con la conseguenza che nel caso di accoglimento di un ricorso si può procedere alla condanna alle spese solo se l'ente si sia costituito in giudizio prendendo posizione contro il ricorrente, in quanto in tal caso la soccombenza e la conseguente condanna alle spese possano trovare ragione nel comportamento processuale.
Nei giudizi elettorali, proseguono i giudici di Palazzo Spada, il comune è ente esponenziale dell'intera collettività locale che, per tale ragione, non ha ordinariamente interesse a difendere posizioni individuali dei consiglieri eletti, le quali non possono che rimanere confinate nella dimensione privata e personale dei medesimi, senza distinzione tra appartenenti alla maggioranza o alla minoranza. La neutralità rispetto alla contesa fra liste o candidati è cioè sintomatica della prevalenza del profilo istituzionale su quello politico di maggioranza e vale a escludere latenti conflitti di interesse. Pertanto, la sola avvenuta individuazione del soggetto pubblico quale litisconsorte necessario ai fini della regolare instaurazione del giudizio è fattispecie che sfugge all'applicabilità del principio di soccombenza, salvo che il medesimo soggetto decida in corso di causa di resistere infondatamente, integrando ex post il più generale e presupposto principio di causalità.

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