Urbanistica

Costruzioni, Cresme: l'edilizia con +17,6% spinge il Pil al 6,7% e nel 2022 altro +6,6%

Spinta dal comparto residenziale (+25,2%) incentivato dal Superbonus

di Giorgio Santilli

Gli investimenti in edilizia cresceranno del 17,6% nel 2021 in valori costanti e del 6,6% nel 2022, contro una caduta del 2020 limitata al 5,3%. La spinta principale arriva quest'anno dai lavori di rinnovo nel comparto residenziale (+25,2%), incentivati dal Superbonus e dagli altri bonus fiscali, e dalle nuove opere pubbliche (+15,4%), che confermano l'inversione di rotta avvenuta ben prima dell'avvio della spesa del Pnrr. Sono le previsioni congiunturali sul settore delle costruzioni che il Cresme presenterà giovedì a Verona insieme al proprio Rapporto congiunturale e previsionale «Il mercato delle costruzioni 2022». Il settore è - per il Cresme - ben oltre i livelli con cui ha chiuso il 2019 e la Pandemia ha fermato solo per un breve periodo uno slancio che già nel 2019 si era manifestato con un +4,3%. Tutto bene, dunque? Non proprio.

La consueta fotografia annuale dell'istituto di ricerca guarderà anche più avanti della stretta congiuntura, cercando di capire cosa succederà dal 2023 in avanti e, più in generale, che tipo di impatto di medio-lungo periodo c'è da aspettarsi dal Pnrr sul comparto delle costruzioni. In altri termini, se il settore sarà in grado di sostenere questa domanda, con un fattore manodopera già critico, e se saprà avvantaggiarsi di una spinta tanto forte. Non poche le criticità da affrontare, a partire dalla capacità di produzione in termini quantitativi e qualitativi, dalla capacità progettuale, dalla capacità di innovazione e digitalizzazione senza cui lo sviluppo non sarà duraturo. Poi, c'è la politica economica. Già sulla previsione 2023 grava, secondo il Cresme, l'incognita della legge di bilancio che governo e Parlamento porteranno a termine: per esempio sui bonus edilizi o ancora sulle opere pubbliche o ancora sulla capacità di far davvero decollare la rigenerazione urbana. Una questione di risorse, ma anche di regole e di condizioni al contorno per favorire un rapporto finalmente positivo fra pubblico e privato.

I numeri per il 2023 già delineano un bivio. Una legge di bilancio «restrittiva» oggi porterebbe a una flessione 2023 dello 0,9% degli investimenti totali con una brusca frenata proprio in quei segmenti che oggi tirano, a partire dal rinnovo residenziale (si rischia un -8%). Non basterebbe neanche la stagione comunque espansiva delle opere pubbliche (+9,9%), per effetto del Pnrr, a portare l'intero settore in crescita.Viceversa, una manovra di fine anno anche solo «conservativa» confermerebbe lo scenario espansivo per il settore con un impatto sugli investimenti totali positivo per il 3,2%, dove anche il «rinnovo residenziale» darebbe ancora una spinta positiva (+2,5%). Ma un tema che in questo momento - anche di fronte alle scelte di policy - non può essere trascurato è l'impatto della fase espansiva del settore delle costruzioni sul Pil del Paese. Quanto pesa l'edilizia nei dati che già oggi (Istat) fissano al 6,1% la crescita acquisita per il 2021? Anzitutto, va detto che il Cresme - nel dibattito attuale fra previsori sul Pil 2021 - si colloca nella fascia medio-alta delle previsioni, stimando una crescita del prodotto interno lordo per quest'anno del 6,7%.

Previsione rafforzata dalla stima Istat per il terzo quadrimestre. Interessante è, però, soprattutto la stima che fa il Cresme delle componenti del Pil, con un occhio al peso delle costruzioni, ma non solo. L'edilizia partecipa a questi 6,7 punti con 1,6 punti, esattamente come gli investimenti privati in macchinari e mezzi di trasporto, che pure pesano per 1,6 punti. Senza la componente degli investimenti, quindi, la crescita italiana sarebbe quasi dimezzata, al 3,5%. Riflessione che il decisore politico non può non tenere in considerazione nel momento in cui decide di modificare le condizioni (soprattutto fiscali) per chi investe.Per quanto riguarda il contributo alla crescita delle altre componenti di reddito, il Cresme stima 3,2 punti dai consumi privati e 3,9 punti dall'export compensato però da un -3,9 delle importazioni (la componente del «contributo estero» viene quindi stimata a zero). La variazione delle scorte (-0,1%) completa il quadro.

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