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Dal Verme: «Un piano industriale da 5 miliardi in 10 anni per il Demanio»

Il Direttore dell’agenzia del Demanio presenta i progetti dell’ente per i prossimi quattro anni. Da Torino a Milano, da Bologna fino a Napoli e Palermo la rete di accordi con i Comuni

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di Gianni Trovati

«Quello che abbiamo appena elaborato è il primo Piano strategico industriale di un ente pubblico economico. Lo abbiamo fatto per declinare in chiave operativa gli obiettivi puntuali nei prossimi quattro anni, con 2,1 miliardi di investimenti da realizzare e altri 3,4 da avviare entro il 2026 per riqualificare almeno 5 milioni di metri quadrati di patrimonio immobiliare. Un lavoro enorme che seguirà tre direttrici: sostenibilità, innovazione e centralità dell’utente. E che sarà sviluppato in un dialogo intenso con i territori grazie alla Struttura per la progettazione che è ora pienamente operativa». Alessandra dal Verme, ricca carriera in Ragioneria generale dello Stato fino alla guida dell’Ispettorato generale degli Affari economici prima dell’incarico di direttore dell’agenzia del Demanio a cui è appena stata confermata dal governo Meloni, ha seguito fin dai tempi del Mef la gestazione della Struttura centrale di progettazione varata nel 2019 dall’allora ministro dell’Economia Giovanni Tria, poi incagliata in un fitto confronto fra i ministeri e alla fine collocata al centro della governance del Demanio sotto la guida della stessa Dal Verme.

A che punto siamo con la Struttura?

Siamo riusciti finora a reclutare 180 giovani tecnici laureati che rendono cruciale questa realtà per lo sviluppo degli investimenti con i territori. Perché la nostra mission istituzionale è ovviamente la gestione del patrimonio pubblico. Ma per essere efficace questa gestione non deve essere autoreferenziale. Bisogna partire dall’analisi dei fabbisogni dei territori, e dal coordinamento con le politiche locali di rigenerazione urbana e di sostenibilità. Solo in questo modo si sviluppano progetti in grado di dare beneficio alle realtà territoriali fino a cambiare davvero i volti della città. Questo aspetto è fondamentale perché gestiamo 43mila immobili, ma ne abbiamo trasferiti circa 6mila con il federalismo demaniale. E nella valorizzazione di questi immobili un nostro compito fondamentale sarà quello di portare un’innovazione che spesso è carente.

Ci sono già degli esempi pratici di queste collaborazioni?

Molti. Il primo accordo è stato siglato con Milano per portare gli uffici centrali dei servizi pubblici nell’area dello scalo Farini, con una cittadella dei servizi che produrrà anche forti risparmi sugli affitti delle sedi attuali in giro per la città. A Bari abbiamo progettato il Parco giudiziario, di 13 ettari di cui 10 di verde, che riunirà tutti gli uffici giudiziari in 4 palazzi autonomi dal punto di vista energetico grazie ai tetti fotovoltaici e riqualificherà il quartiere Libertà. A Perugia la cittadella della giustizia trasformerà l’ex carcere, abbandonato da oltre 20 anni, in un edificio innovativo e aperto. Con Palermo stiamo per siglare un accordo per quattro grandi interventi tra cui la riqualificazione delle Cisterne di Nervi, abbandonate dal Dopoguerra. Altre intese sono in corso con Torino, Bologna e Napoli. Il tutto con un obiettivo, trasversale, di garantire il massimo livello di efficienza e qualità dei progetti.

In che modo?

Abbiamo istituito un comitato per la qualità dei progetti, con tre membri interni al Demanio e cinque esperti nei diversi settori dall’idrico al paesaggistico e ambientale fino all’energia, che non solo valuta appunto la qualità delle proposte iniziali, ma poi accompagna il progettista nello sviluppo delle attività per ridurre al minimo il rischio di contenziosi e di richieste di varianti in conferenza dei servizi. Con lo stesso obiettivo noi avviamo sempre un dialogo preventivo e costruttivo con le amministrazioni, per costruire un accordo che poi regga in tutte le tappe della procedura. Inoltre siamo stazione appaltante qualificata, e in conferenza possiamo acquisire anche la variante urbanistica tagliando di molti mesi i tempi delle procedure.

Nell’idea iniziale della Struttura per la progettazione c’era anche un supporto specifico alle Province. Come si svilupperà?

Con gli altri 100 tecnici che recluteremo contiamo di sviluppare soprattutto due filoni. La trasformazione secondo i criteri Bim, quindi con la massima qualità, dei progetti già avviati e l’efficientamento energetico, su cui spesso i progetti locali, a volte datati, sono carenti. Su questo fonte facciamo anche da trait d’union con le migliori società specializzate, che possono offrire le competenze e le soluzioni migliori.

Un altro fronte su cui siete impegnati è quello delle coste e delle spiagge, ancora al centro del dibattito politico sulle concessioni. Si era deciso di partire da un monitoraggio delle concessioni attuali, ma non esiste già?

Sul punto il Demanio ha la competenza al controllo della riscossione dei canoni, che valgono oggi circa 100 milioni all’anno. Il regolatore è il ministero delle Infrastrutture, titolare di una banca dati realizzata più di 20 anni fa e ora bisognosa di aggiornamento, non solo per i fenomeni di abusivismo, che non si possono negare, ma anche per l’erosione delle spiagge che in molti luoghi ha modificato la linea della proprietà demaniale. Per questo è importante il monitoraggio fisico dei beni, che riguarda tutto il patrimonio e su cui stiamo sperimentando progetti innovativi.

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