Danno erariale, nessun automatismo applicativo tra assoluzione ed efficacia extra-penale del giudicato
É la posizione espressa dalla terza sezione giurisdizionale centrale di appello della Corte dei conti
In presenza di un giudicato assolutorio pronunciato in seguito a dibattimento, l'osservanza dell'articolo 652 del codice di procedura penale non comporta alcun automatismo applicativo tra l'assoluzione e l'efficacia extra-penale del giudicato, ciò sul presupposto che la formula assolutoria «perché il fatto non sussiste» non necessariamente sta a significare l'insussistenza del fatto materiale, ma può semplicemente esprimere la mancanza di questo o quell'elemento che compone la fattispecie delittuosa. Questa è la posizione espressa dai giudici della terza sezione giurisdizionale centrale di appello della Corte de conti con la sentenza n. 273/2021.
Infatti, si legge nella sentenza: pur avendo a oggetto i medesimi fatti materiali, sussiste rispetto a quest'ultimi una pluriqualificazione giuridica (penale e amministrativo-contabile) che rende i giudizi (penale e contabile) reciprocamente autonomi e indipendenti. L'identità di detti fatti materiali riguarda singoli elementi delle fattispecie e non integrano autonome situazioni giuridiche sostanziali che, per legge, devono essere accertate con efficacia di giudicato da altro giudice, ma sono liberamente apprezzabili, ciascuna per la rilevanza che assume per l'ordinamento nell'ambito del relativo giudizio. Ne consegue che in presenza di un giudicato assolutorio pronunciato in seguito a dibattimento, l'applicazione dell'articolo 652 del codice di procedura penale possa prescindere dall'autonoma valutazione che il giudice contabile è chiamato a svolgere sui fatti e sulle circostanze emergenti dalla motivazione della sentenza penale con lo scopo di accertare se la dichiarazione di non sussistenza del fatto a sua volta comporti anche l'insussistenza dell'evento dannoso (condotta/danno) ai fini della pronuncia erariale.
Anche la Corte di cassazione ha più volte affermato che, in applicazione dell'articolo 652 del codice di procedura penale , il giudicato penale ha effetto preclusivo solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza del fatto o della partecipazione dell'imputato; non altrettanto nell'ipotesi in cui l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o in ordine all'attribuibilità del fatto all'imputato (Cassazione n. 3376/2011, n. 5676/2010, n. 22883/2007). La disposizione impone, pertanto, al giudice contabile di verificare quale sia l'accertamento contenuto nella sentenza penale; e la verifica non può che essere condotta, non diversamente che per qualunque altra pronuncia giudiziale, integrando il dispositivo con la motivazione della sentenza.
E inoltre secondo consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, il giudice, al fine di formare il proprio libero convincimento, può utilizzare anche le prove raccolte in un diverso giudizio, al fine non solo di trarne semplici indizi o elementi di valutazione, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva (Cassazione, Sezione III, n. 14766/2007), salvo il dovere di non negare ingresso a mezzi di prova ammissibili e pertinenti, offerti dalle parti per contrastare quelle risultanze (Cassazione, Sezione III, sentenza n. 12751/2001).
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di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel