Fisco e contabilità

Diritto di rogito, incentivi tributari e pronto cassa: le massime della Corte dei conti

La rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo

immagine non disponibile

di Marco Rossi

Pubblichiamo di seguito la rassegna con la sintesi del principio delle più interessanti pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti depositate nel corso delle ultime settimane.

Diritti di rogito

Le donazioni a favore dei Comuni, esentate dalle imposte di registrazione, ipotecaria e catastale (Dlgs 347/1990), sarebbe singolare che fossero poi assoggettate ai “diritti di segreteria” richiesti dal Comune al “destinatario“ delle attività di diritto pubblico, che nel caso di specie sarebbe il donante. In disparte, dunque, la dubbia potestà rogatoria dei segretari comunali di rogare donazioni, sembrerebbe che, comunque, nessun tributo, sub specie di diritto di rogito, possa essere imposto per le donazioni. Rispetto al valore del contratto da considerare nel senso che debba comprendere anche il valore delle proroghe eventuali soccorre, in particolare, quanto stabilito dall’allegato I.4 del nuovo codice dei contratti pubblici approvato con Dlgs 36/2023, riportante la disciplina dell’imposta di bollo, disponendo espressamente che l’imposta «è determinata sulla base di scaglioni crescenti in relazione all’importo massimo previsto nel contratto, ivi comprese eventuali opzioni o rinnovi esplicitamente stabiliti». Non si tratterebbe di estensione dell’ambito di applicazione di un tributo evidentemente non consentita, sulla base del disposto dell’articolo 23 della Costituzione, ma delle modalità di determinazione del valore della stipulazione su cui applicare il tributo positivamente previsto, tenuto conto della natura di tributo sull’atto, condivisa sia dall’imposta di bollo che dai diritti di rogito.
Sezione regionale di controllo del Trentino Alto Adige – Parere n. 53/2024

Incentivi tributari

Non sono ravvisabili dubbi interpretativi in riferimento al «montante» a cui rapportare la percentuale «massima del 5%» essendo lo stesso tenore letterale della norma inequivocabile, laddove specifica che i Comuni possono, con proprio regolamento, «prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti» dell’Imu e della Tari, nell’esercizio fiscale precedente e risultante «dal conto consuntivo approvato» sia destinato al potenziamento delle risorse strumentali e al trattamento accessorio del personale. Invero, l’unico parametro di riferimento considerato dal legislatore è il maggior incasso (di competenza) di queste entrate accertate, per l’appunto, nell’esercizio di competenza, senza che alcun rilievo o valenza possa attribuirsi né agli accertamenti singolarmente considerati, ignorando del tutto il correlato dato della relativa riscossione, né al computo delle riscossioni eventualmente avvenute a residuo per le medesime tipologie di entrate, sia che siano riferite all’accertamento effettuato nell’esercizio ancora precedente (ed incassate in quello corrente), sia che siano derivate dalla riscossione coattiva di ruoli provenienti da esercizi pregressi (e quindi ancora più remoti). In altri termini, deve ritenersi che non sia sufficiente il maggior accertamento, ma anche il maggior incasso, limitatamente all’anno a cui lo stesso accertamento si riferisce.
Sezione regionale di controllo della Lombardia - Parere n. 113/2024

Pagamenti “pronta cassa”

La costituzione di specifici fondi cassa economali per il pagamento dei contributi, quindi, non solo non trova fondamento nella disciplina regolamentare dell’Ente, ma appare contrastare con la natura tipica della cassa economale, così come delineata dalla legge (articolo 153 del Tuel) e dalla costante giurisprudenza della Corte dei conti. L’esistenza della gestione di spese cosiddette “economali”, di entità limitata, che comportano urgenza di liquidazione, trova giustificazione nei principi generali in materia di contabilità pubblica unicamente in relazione all’esigenza di consentire alle amministrazioni pubbliche di far fronte, con immediatezza, a quelle spese necessarie per il funzionamento degli uffici (e, quindi, non per l’erogazione di servizi) per le quali, il ricorso all’ordinario procedimento di spesa, costituirebbe un impedimento o un ostacolo al buon andamento, in termini di efficienza, efficacia e speditezza, dell’azione amministrativa.
Sezione giurisdizionale regionale del Veneto - Sentenza n. 81/2024

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©