Personale

Dl reclutamento, stop alla mobilità libera negli enti locali

Cancellato il requisito dei 5 anni di iscrizione all’albo. Niente mobilità libera per il personale degli enti locali. Oggi fiducia al Senato

di Gianni Trovati

Anche i professionisti più giovani e quelli dei settori non ordinistici potranno ambire agli incarichi nella Pa per il Recovery Plan. La mobilità libera, senza obbligo di autorizzazione preventiva da parte dell’amministrazione di appartenenza, escluderà gli enti locali oltre al servizio sanitario.

Sono i due correttivi principali approvati ieri al decreto sul Reclutamento nella Pa in vista del Pnrr, che ha concluso in serata l’esame alle commissioni riunite Affari e Giustizia del Senato e arriverà oggi al voto in Aula, accompagnato dalla fiducia. Una scelta, quella del governo, dettata dal calendario stretto (i termini per la conversione scadono il 9 agosto, e manca il passaggio alla Camera che si dovrà limitare alla solita ratifica) ma anche dall’esigenza di tenere il testo al riparo dalle pressioni per nuove assunzioni che avevano accompagnato anche la preparazione del decreto originario. Fra gli emendamenti approvati ieri ce ne sono altri di valore più politico: il «Piano integrato di attività e organizzazione», che sostituirà la folla dei documenti di programmazione ora obbligatori negli enti pubblici soprattutto locali, dovrà definire gli strumenti anticorruzione in linea con gli indirizzi dell’Anac, come prevede un correttivo voluto dai Cinque Stelle per contrastare i rischi di marginalizzazione dell’Autorità. Un altro emendamento pentastellato rafforza poi la trasparenza dei concorsi all’interno del Portale del Reclutamento che il ministero per la Pa lancerà a settembre per riunire tutte le selezioni dell’amministrazione.

Da questo portale passeranno anche gli incarichi di collaborazione ai professionisti che insieme ai contratti a tempo determinato per il personale «di alta specializzazione» rappresentano per il governo una delle leve principali per rinforzare in fretta la capacità amministrativa della Pa. Con il passaggio parlamentare la platea dei professionisti che potranno ambire agli incarichi si allarga in due sensi: cade il requisito che chiedeva almeno cinque anni di iscrizione all’ordine o all’albo per partecipare alle selezioni, e l’offerta si estende alle professioni non ordinistiche della legge 4/2013.

Un altro emendamento va incontro alle richieste degli enti locali, che temevano la fuga verso comparti più ricchi con l’avvio della mobilità senza obbligo di nulla osta. Il personale di Comuni, Città metropolitane e Province, quindi, dovrà continuare a chiedere il via libera all’amministrazione di appartenenza, come accade anche nella sanità (nella scuola continuano ad applicarsi le norme di settore). Negli altri comparti il permesso sarà necessario solo nei profili «infungibili», cioè per il personale che non si può sostituire, e nelle amministrazioni che abbiano una carenza di organico di almeno il 20% nella qualifica interessata. Si liberalizza invece la mobilità fra le amministrazioni per i dirigenti, fin qui vincolata a limiti percentuali.

Un altro emendamento prova a rafforzare le chance di successo del secondo concorso Sud dopo il risultato magro ottenuto dal primo (47% dei posti scoperti). Viene introdotto il requisito del titolo di studio «coerente» con i profili richiesti in alternativa a quello delle «professionalità correlate» alla capacità di gestione dei fondi Ue, nel tentativo di superare i vincoli fissati dalla legge di bilancio del governo Conte-2 che secondo il ministro per la Pa Renato Brunetta hanno azzoppato la prima selezione.

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