I coefficienti di produttività dei rifiuti devono essere motivati
L'esercizio delle deroga concessa dalla legge ai limiti dei coefficienti di produttività dei rifiuti deve essere adeguatamente motivata. Questa è la recente conclusione a cui è giunto il Tar Lecce, con la sentenza n. 913/2020, sulla questione relativa all'obbligo di motivazione nella scelta dei coefficienti di produttività dei rifiuti delle diverse categorie di utenze non domestiche.
La vicenda
La delibera di approvazione delle tariffe della Tari di un Comune è stata impugnata da un contribuente della tassa rifiuti, contestando, tra l'altro, l'esercizio da parte del Comune della deroga che consente l'ampliamento delle soglie massime e minime dei coefficienti di produttività dei rifiuti stabilite dal Dpr 158/1999, in quanto la stessa richiede una motivazione tecnica e puntuale, proprio in virtù della sua natura derogatoria, motivazione nella fattispecie mancante.
La deroga ai coefficienti Tari
Sin dal 2014 diverse norme di legge hanno concesso ai comuni la facoltà di derogare le soglie dei coefficienti di produttività dei rifiuti Kc e Kd, stabilite dal Dpr 158/1999 per le utenze non domestiche, superando le stesse fino alla misura massima del 50%. Deroga che è stata ripetutamente prorogata nel tempo, fino alla disposizione dell'articolo 57-bis del Dl 124/2019, la quale ha stabilito che la stessa può esercitarsi fino a diversa regolamentazione dell'Arera (Autorità che, in base alla legge 208/2015, ha il compito di predisporre e aggiornare il metodo tariffario). Tuttavia la necessità di una puntuale motivazione nella deliberazione tariffaria, sia con riferimento all'esercizio della facoltà derogatoria e, più in generale, sulla stessa fissazione dei coefficienti nell'ambito dei range di legge, è sempre stata una questione ampliamente dibattuta. Questione sorta stante la natura di atto a contenuto generale della deliberazione di approvazione delle tariffe Tari, escluso dall'obbligo di motivazione. In proposito il Consiglio di Stato ha in talune circostanze affermato che nella determinazione dei parametri applicabili alle varie categorie di utenza all'interno dei limiti individuati dalla legge, l'ente locale gode di un'ampia discrezionalità. Tuttavia che i provvedimenti che istituiscono e disciplinano la tariffa per la gestione dei rifiuti, pur avendo natura di atti generali, nella parte in cui costituiscono applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel Dpr 27 aprile 1999 n. 158, hanno un contenuto composito, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale. La discrezionalità amministrativa non può sfuggire a qualsiasi forma di controllo ed in particolare all'obbligo di motivazione. Per tale ragione l'ente deve esplicitare le ragioni per cui, ad esempio, solo per talune categorie di utenza vengono fissati i coefficienti nella misura massima e non per altre (CdS, sentenza n. 539/2012, ma anche nn. 3781/2015, 5792/2019, 1162/2019). In altre occasioni invece lo stesso Consiglio di Stato è stato più benevolo circa l'obbligo di motivazione nella scelta dei coefficienti, ritenendo sufficiente anche solo la mancanza di "irragionevolezza" che una determinata categoria di utenza possa produrre rifiuti in quantità superiore rispetto ad altre (CdS sentenza 6208/2012).
Il Tar Lecce si allinea sulla posizione prevalente del Consiglio di Stato, ritenendo ancor di più necessario l'adempimento motivazionale in presenza dell'esercizio della deroga di legge sui limiti dei coefficienti.
Quanto sopra deve richiamare l'attenzione degli enti, nella predisposizione delle delibere tariffarie della Tari 2020 (in scadenza il prossimo 30 settembre), al fine di motivare la scelta dei coefficienti delle diverse categorie di utenze non domestiche, specialmente nel caso in cui ci si discosti dalle proporzioni già contenute nelle decreto del 1998, fissando coefficienti variamente differenziati per le categorie di utenze non domestiche. A maggior ragione se ci si avvale solo per talune categorie delle deroghe normative ai limiti del Dpr. Motivazione che non può che basarsi su valutazioni tecniche, connesse alla differente potenzialità di produzione dei rifiuti da parte delle diverse categorie riscontrabile a livello locale. E quindi richiedenti il necessario supporto del soggetto addetto alla gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti.
Un cenno merita anche la conclusione della sentenza qui in esame sulla necessità che il piano finanziario rispetti il contenuto richiesto dall'articolo 8 del Dpr 158/1999 e non si riduca ad una mera elencazione di cifre. Ancora una volta il Tar conclude per l'illegittimità della delibera e, quindi, dell'impianto tariffario, non rappresentando un esimente il fatto che il Comune partecipi a un modello di gestione dei rifiuti accentrata esime l'ente civico dal dare conto delle ragioni in virtù delle quali si determinano le tariffe Tari, posto che, diversamente opinando, non si spiegherebbe su quali basi viene esercitato il potere del Comune di determinare le tariffe.
La sentenza di riferisce evidentemente ai piani finanziari ante deliberazione Arera 443/2019, considerando che da quest'anno il piano (da approvarsi entro settembre ovvero, per gli enti che si sono avvalsi della facoltà derogatoria di conferma delle tariffe 2019, entro dicembre) deve necessariamente rispettare tutti i requisiti sostanziali e formali previsti dalla predetta deliberazione, non potendo altrimenti superare il vaglio della validazione da parte dell'Egato ed ottenere la successiva approvazione da parte dell'ArerA.
(*) Vice Presidente Anutel