Fisco e contabilità

Il canone unico si sdoppia su gestione e affidamenti

Suolo pubblico e pubblicità continuano a rappresentare due presupposti autonomi

di Pasquale Mirto

Dal 1° gennaio entrerà in vigore il canone patrimoniale per l’occupazione di suolo pubblico e la diffusione di pubblicità. Forse.

Da più parti si è chiesto un rinvio dell’entrata in vigore del nuovo prelievo, anche considerando il momento di emergenza sanitaria. Anci ha proposto un emendamento di rinvio, proponendo anche una riduzione, per il solo 2021, dei prelievi sull’occupazione di spazi pubblici per gli operatori dei mercati e del commercio ambulante.

Ma se ci sarà proroga, lo si saprà a fine anno. Ed è per questo che gli uffici tributari sono in fibrillazione. Una proposta di regolamento deve essere pronta, perché c’è il rischio di doverla approvare negli ultimi giorni di quest’anno (da dimenticare).

Sono tanti, però, i punti non chiari, e come spesso accade nel mondo dei tributi comunali, ognuno ha la sua opinione, giustificata da una legge che non brilla per chiarezza.

Il primo dubbio da risolvere è che la normativa nulla innova nelle procedure per il rilascio delle concessioni e occupazioni. Quindi il Comune non deve fare altro che riportare nel “nuovo” regolamento le procedure già in essere. Stesso discorso per la parte del canone di diffusione dei messaggi pubblicitari. Le regole sono di norma scritte nel Piano generale degli impianti pubblicitari (obbligatorio per i Comuni superiori ai 20mila abitanti), o nel regolamento dell’imposta di pubblicità o del canone dei mezzi pubblicitari. Nemmeno queste cambiano.

Il Canone è unico solo di nome. Si basa su due autonomi presupposti (comma 819, legge n. 160/2019), uno relativo all’occupazione di suolo pubblico e l’altro sulla diffusione di messaggi pubblicitari. Che si tratti di due prelievi autonomi, anche se governati da identiche norme procedurali, lo dice il legislatore, laddove al comma 820 precisa che «l’applicazione del canone dovuto per la diffusione dei messaggi pubblicitari di cui alla lettera b) del comma 819 esclude l'applicazione del canone dovuto per le occupazioni di cui alla lettera a) del medesimo comma».

Questo implica che la modalità di gestione non deve obbligatoriamente cambiare. Se il Comune ha in gestione diretta l’ex Tosap e in concessione l’ex imposta di pubblicità, non c’è obbligo di affidare tutto all’esterno, potendo continuare a gestire internamente una parte del canone patrimoniale. Si tratta di questione gestionale di esclusiva competenza comunale. Basta ricordare le condivisibili considerazioni che hanno portato il Mef a ritenere che il Comune possa avere anche due funzionari responsabili Imu. Nella risposta prot. 34878 del 31 luglio 2019 il Mef valorizza quei principi generali, che assicurano ai Comuni la potestà regolamentare, dettati anche da norme di rango costituzionale.

Allora la modalità di gestione del canone nelle sue varie componenti, in assenza di una prescrizione normativa espressa, deve essere rimessa all’ambito della potestà organizzativa comunale.

Anche il canone mercatale non deve necessariamente scaturire in un autonomo regolamento, visto che non c’è nulla da disciplinare sulle procedure di rilascio delle autorizzazioni o concessioni. Queste non sono materie di competenza del Servizio tributi o del regolamento in questione, perché attengono alla più complessa disciplina del commercio, che soggiace anche alle varie norme regionali. Certo occorrerà stabilire le tariffe di occupazione, graduate a seconda della tipologia, durata, superficie e ogni altro parametro ritenuto rilevante dal Comune. Ma non è molto di più rispetto a quello che oggi si fa con la Tosap/Cosap per i mercati. L’unica novità e che il canone include la Tari e la tariffa corrispettiva, anche se la legge non spiega poi come questa parte di entrata deve, se lo deve, essere considerata nel Pef rifiuti.

Rimangono poi problemi di un certo rilevo, come la mancata precisazione dell’imponibilità delle aree soggette a servitù di pubblico passaggio, che però non può prescindere da un intervento autorizzatorio comunale, e l'imponibilità della diffusione di messaggi pubblicitari sonori e visibili, che non possono essere “gratuiti”. Problemi superabili per via interpretativa, ma certamente non degni di un “nuovo” prelievo.

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