Il dipendente che ha dichiarato una laurea falsa deve restituire tutti gli stipendi
Si tratta di un occultamento doloso del danno avendo lo scopo di ingannare l'amministrazione
La produzione di documentazione falsa attestante il conseguimento di un titolo di studio richiesto per l'accesso al posto messo a concorso dalla Pa determina un occultamento doloso del danno avendo lo scopo di ingannare l'amministrazione. Ne consegue il licenziamento e la restituzione degli stipendi anche se la scoperta è avvenuta dopo molti anni dall'assunzione. Nella vicenda affrontata dalla Corte dei conti Lombardia (sentenza n. 214/2022) con cui ha condannato il dipendente a restituire al Comune circa 1 milione di euro di stipendi dopo ben 23 anni di servizio) dalla documentazione in atti risultava che il dipendente al tempo si era limitato a produrre al Comune una autodichiarazione perché l'amministrazione era già in possesso della copia autenticata (falsa) del suo certificato di laurea. Secondo la Corte lombarda, la circostanza non determina alcuna condotta negligente da parte degli organi dell'ente. Infatti i controlli sulle dichiarazioni sostitutive possono essere effettuati a campione; e poi in contesti in cui la dichiarazione è stata resa da un dipendente già in servizio l'amministrazione può ragionevolmente non procedere ad alcun riscontro immediato facendo appunto affidamento su documenti già presenti nel fascicolo personale.
Secondo la Corte dei conti, in tali vicende è incontestabile il nesso causale tra la condotta fraudolenta del dipendente e il danno subito dall'ente consistito nel pagamento delle retribuzioni a fronte di una prestazione lavorativa intrinsecamente priva di utilità. Quando la prestazione lavorativa del dipendente pubblico richiede una qualificazione specifica connessa a un determinato titolo di studio – nella vicenda il diploma di laurea – la prestazione lavorativa resa in sua assenza non può essere considerata utile per l'amministrazione, essendo il possesso dei requisiti culturali e professionali la necessaria e imprescindibile premessa per il proficuo svolgimento dell'attività lavorativa. Per quanto non sia da escludere una qualche utilità dell'attività lavorativa prestata dal dipendente privo del titolo richiesto dal bando di concorso, da portare in compensazione del danno provocato, essa può essere identificata unicamente in quella ricavabile dallo svolgimento di mere mansioni generiche, non collegate al possesso di una specifica qualificazione professionale; e che normalmente non sono rinvenibili nell'operato di chi appartiene a qualifiche professionali specificamente richieste in concorsi dedicati a soggetti in possesso di diploma di laurea. In tali casi la prestazione lavorativa resa in assenza di laurea difetta delle capacità legate a preparazione professionale conseguita a seguito di un regolare percorso di studio accademico. In altre parole deve considerarsi irrimediabilmente ed integralmente mancante la prestazione richiesta. Peraltro privando il datore di lavoro pubblico della possibilità di avvalersi di altro soggetto che in possesso dei titoli richiesti avrebbe rappresentato una scelta più efficace ed efficiente.